Il Seminario Romano nasce il 1° febbraio 1565 facendo seguito alle indicazioni fornite dal Concilio di Trento sull’istituzione dei seminari per la formazione sacerdotale. Questa nuova istituzione fu affidata da subito alla Compagnia di Gesù. La prima sede del Seminario fu Palazzo Pallavicini, anche se nei secoli successivi gli alunni traslocheranno più volte, fino al 1913 quando venne inaugurato il nuovo edificio accanto alla basilica di S. Giovanni in Laterano. In occasione del Giubileo dei seminaristi, siamo andati nel Seminario del Papa per incontrare un giovane romano che si sta formando come sacerdote: Francesco Apponi.
Francesco, in una società come la nostra nella quale non si riesce a fare silenzio, ma siamo continuamente sollecitati a intervenire sui social su qualsiasi argomento, come fa oggi un ragazzo a fermarsi ad ascoltare la chiamata del Signore? Lui che parla con una voce di silenzio sottile (1 Re 19,12-13)?
Il momento in cui viviamo è pieno di input e distrazioni, è un mondo molto rumoroso e per sentire la voce di Dio dobbiamo fare silenzio; lo possiamo fare attraverso alcune esperienze che possono essere proposte anche dalla parrocchia, tramite un percorso come quello dei 10 comandamenti o dei 7 segni. C’è bisogno di questo silenzio perché la chiamata di Dio alla fine è molto più normale di quello che ci si potrebbe immaginare. Nel mio caso, per esempio, non ci sono stati eventi straordinari ma una brezza di vento leggera, è stata una cosa molto naturale che si è formata nel tempo. Anche nei casi in cui la chiamata è legata ad eventi rumorosi, comunque va sempre verificata nella quotidianità.
Se un giovane vuole sentire la chiamata di Dio, intanto deve guardare la propria storia e cercare degli spazi di silenzio con sé stessi e con Dio, che per uno che si approccia in parrocchia significa curare i momenti di preghiera all’interno dei ritiri o dei campi.
Approfondiamo la tua storia di vocazione, come hanno reagito i tuoi genitori e amici?Sono cresciuto in parrocchia, pur cambiandone diverse, dai Martiri Portuensi a San Paolo della Croce, e la mia vocazione è maturata nel tempo, la mia storia mi ha portato a fare questa scelta.
La mia risposta, passo dopo passo, si è costruita più solidamente. Molte persone che conosco se lo aspettavano, gli amici soprattutto, in famiglia invece c’è stato un piccolo sconcerto ma solo all’inizio, ora sono sostenuto da tutti.
Come è scandita in seminario la giornata di uno studente?
Abbiamo la Messa la mattina alle 7, poi colazione e Università con biennio filosofico e triennio teologico; io dopo la laurea in Giurisprudenza avevo già iniziato per passione questi studi e quindi mi sono ritrovato a iniziare subito con la magistrale in teologia. Dopo le lezioni abbiamo l’ora media, il pranzo, il riposo e lo studio personale. Un appuntamento fisso del nostro Seminario è l’adorazione eucaristica. Il lunedì la condivisione sulla Parola della domenica precedente, il martedì la formazione sui vari livelli dell’uomo: spirito, anima e corpo; il mercoledì la Messa serale; il giovedì abbiamo il ritiro settimanale con una serata dedicata alla preghiera che consiste nei vespri cantati insieme, la lectio sul Vangelo della domenica successiva, adorazione e silenzio che si scioglie il venerdì mattina. Il primo giovedì del mese abbiamo l’adorazione notturna per le vocazioni. Il venerdì ognuno di noi è destinato ad una parrocchia di Roma per il tirocinio pastorale.
Quanto è importante questo servizio e il contatto con il popolo di Dio per un seminarista?
Ciò che impariamo in Seminario serve e ne verifica anche l’effettiva utilità come noi lo spendiamo in parrocchia.
Stare con la gente è importantissimo, intanto per verificare se effettivamente c’è una vocazione alla vita presbiterale diocesana oppure alla vita monastica, oppure anche a una vocazione matrimoniale; durante questo discernimento tutto può accadere.
Il fine del discernimento è la verità, ovunque porti. Il contatto con la gente è fondamentale perché la gente ha – come ripeteva spesso Papa Francesco e come è affermato dalla Chiesa – il sensus fidei: il popolo di Dio riconosce anche le vocazioni, può dare loro concretezza rispetto a una semplice proiezione personale. C’è anche la possibilità per il seminarista di mettersi al servizio degli altri, vedere realtà diverse, ognuna con esigenze proprie. Sono stato a Corviale, poi a Tor Bella Monaca e adesso a Serpentara. Questo permette anche di sperimentarsi nei vari carismi e mettersi alla prova, cercando quanto più possibile di maturare anche nella vicinanza perché ci sono modi e modi di stare vicino alle persone. Fare servizio in parrocchia ti permette anche di entrare in contatto con le diverse fasce di età: bambini, adulti, anziani, permettendoti di calibrare la tua vicinanza con il popolo di Dio. È importante soprattutto per un prete diocesano perché senza relazione non ci può essere evangelizzazione.La storia di Gesù è una storia di periferie, di piccoli, di scartati agli occhi della società, quanto un punto di vista come quello di Corviale, Tor Bella Monaca, Serpentara, aiuta a comprendere meglio prospettive e percorso di crescita di un giovane che si prepara a diventare sacerdote?Tantissimo, in generale mi aiuta a vedere la ricchezza di questa diocesi, delle parrocchie e a vedere le problematiche più urgenti;
le periferie danno un punto di vista privilegiato, aiutano a vedere i problemi reali delle persone che siano gli strascichi di una crisi economica, la povertà diffusa, la povertà umana; ci sono molti casi di famiglie disgregate, un fenomeno purtroppo in crescita, che si ripercuote anche a livello di fede perché sempre meno si trasmette la fede in famiglia.
Questo è anche un grande esercizio di misericordia, di carità nella verità, cercare di aiutare le persone a uscire da determinate dinamiche con la pazienza e il rispetto, con la carità che gli è dovuta in quanto figli di Dio. E poi, diciamolo, nelle periferie c’è l’umanità vera, ho fatto esperienze che mi hanno arricchito e che non cambierei.Stiamo vivendo un Giubileo reso ancora di più storico per la morte del Papa che l’ha indetto e l’elezione del nuovo Pontefice che da poco ha iniziato a guidare la Chiesa; da Francesco a Leone XIV, come questo periodo di grazia e speranza segna la vita di un giovane studente del seminario?Siamo stati chiamati in tutti questi grandi snodi della storia, da Francesco a Leone XIV, a essere coprotagonisti avendo fatto parte del servizio liturgico nelle celebrazioni.
Sentirsi parte è una grande grazia perché ci si sente parte della storia, non solo universale ma della nostra diocesi in quanto il Papa è il nostro vescovo e questo è il Seminario del Papa; sentiamo la vicinanza del Santo Padre e il suo affetto e speriamo che presto Papa Leone venga a trovarci.
Abbiamo vissuto questi grandi momenti in un clima di preghiera con la speranza e la certezza che il Signore avrebbe operato in chiunque sarebbe stato eletto Papa.
Oggi il mondo è percorso e percosso da guerre, ingiustizie e stravolgimenti climatici, quanto è importante che i cristiani si facciano testimoni di speranza? La speranza cristiana può rappresentare un programma di vita?
Sicuramente sì, perché la speranza cristiana non è l’ottimismo ma la certezza che il Signore opera nella vita personale e universale. Avere fede, credere in questa speranza che è Cristo, è fondamentale ed è quello per cui noi ci giochiamo la vita; un seminarista, un cristiano che non ha speranza deve controllare lo stato di salute della sua fede. La speranza dunque può e deve essere il nostro programma di vita, è importante riscoprirla; alle persone che incontriamo, sfiduciate e senza speranza, è fondamentale metterli in contatto con Dio, questo è il compito del prete e del cristiano in generale:
testimoniare la speranza e cercare di far arrivare più gente a Cristo.