Chiesa
Parla di occasione per vivere il “patto di misericordia”, rivolge l’attenzione ai fedeli che hanno difficoltà a vivere il Giubileo nella sua pienezza. Mons. Stefano Russo, vescovo delle diocesi di Velletri-Segni e Frascati, riflette sulla missione del vescovo in prossimità del Giubileo dei Vescovi, che si terrà il 25 giugno.
Eccellenza, per un vescovo, cos’è il Giubileo?
È un’occasione straordinaria perché possa vivere assieme al popolo che gli è stato affidato un tempo di misericordia, una sorta di grande patto di misericordia. È importante prima di tutto esserci all’interno della comunità cristiana, sapersi guardare con quegli occhi nuovi che il Signore ci dona. Non dobbiamo mai darli per scontati solo per il fatto di appartenervi.
Penso che questo sia anche il fondamento per far sì che poi possiamo essere Chiesa, capace di esprimere con la propria vita, con la propria testimonianza, l’incontro con Cristo.
Con lo sguardo all’interno della comunità riconosciamo che siamo di Cristo, apparteniamo a Cristo. Proprio nell’incontro con Cristo scopriamo di essere peccatori e, quindi, di necessitare di una conversione costante affinché possiamo riconciliarci con Lui e fra di noi. Quindi occorre mettere le basi per far sì che possiamo essere veramente espressione di quella comunione piena a cui il Signore ci chiama, che è frutto soltanto di questo rapporto diretto con Lui, non delle nostre capacità o incapacità.
📌 Chi è mons. Stefano Russo
Vescovo delle diocesi suburbicarie di Velletri-Segni e Frascati. Architetto di formazione, sacerdote dal 1991, il suo percorso ecclesiale è segnato da una profonda attenzione ai beni culturali della Chiesa, di cui ha guidato l’ufficio Cei, e da un forte impegno nella promozione del cammino sinodale. Ne ha sostenuto l’avvio. È stato segretario generale della Cei dal 2018 al 2022.
Un vescovo come vive il Giubileo?
Un vescovo lo vive cercando di corrispondere a quella grazia che il Giubileo in qualche modo ci concede. E quindi cercando, prima di tutto, di essere testimone di questa conversione, e anche di vivere in pienezza le occasioni che il Giubileo offre. Poi condividendo con le persone che gli sono affidate le occasioni per ‘approfittare’ di questo tempo di grazia straordinario, favorendo la loro partecipazione in modo attivo. Particolare attenzione va a chi magari si trova in difficoltà a muoversi da casa, alle persone anziane. Così come è importante anche, credo, far sì che questo tempo giubilare diventi un’occasione per attivare delle situazioni che, in modo anche visibile, inneschino dinamiche di comunione.
Sono vescovo di due diocesi, c’è un cammino che abbiamo iniziato da un po’, un cammino che spesso vede assieme entrambe le diocesi.
Il Giubileo diventa in questo caso un’occasione per far sì che ci siano dei momenti in cui questo stare insieme non è tanto la somma di due realtà, ma il fondersi in una attraverso Gesù Cristo: quindi, attivare occasioni di comunione straordinarie che facciano comprendere che nel partecipare di diverse comunità ecclesiali siamo chiamati a essere un’unica realtà, una unità, una comunione.
Il tema della speranza caratterizza questo Giubileo…
Pellegrini di speranza significa essere portatori del Signore Risorto nel mondo. Quindi da un lato è andare verso le occasioni che il Giubileo ci offre carichi di speranza, con quella speranza che questo tempo di grazia possa essere per noi un tempo di rinnovamento. Ma è una speranza che in realtà deve già vivere e battere nel nostro cuore, perché il Signore Risorto è già presente nella nostra storia.
Allora attraversare quella porta che il Giubileo ci mette davanti, la porta santa, è in realtà vivere un passaggio che già in qualche modo deve essere avvenuto nel nostro intimo, affinché sia l’espressione dell’aver incontrato Gesù Cristo.
Aver capito che Lui è presente in ogni tempo della nostra vita e ci permette quel rinnovamento integrale che è segno appunto dell’appartenenza alla famiglia dei figli di Dio. Che ci chiama insieme a costruire la comunità.
Come vive ogni giorno il suo ministero di vescovo? Che cosa lo caratterizza?
Riprendo alcune parole che ha pronunciato Papa Leone incontrando i moderatori delle aggregazioni ecclesiali. Alla fine di questo incontro metteva in evidenza due dimensioni fondamentali, cioè l’unità e la missione, che sono due elementi cardini della vita della Chiesa. Credo che il vescovo, e quindi anche io, è chiamato a essere punto di riferimento per l’unità non soltanto per il fatto che a Lui convergono tutte le realtà che partecipano alla vita della Chiesa, dove Lui opera, ma anche perché Lui stesso è il primo promotore di questa comunione attiva e quindi anche testimone. E la cosa non è semplice, non è per niente scontata.
Perché?
Richiede ogni volta un morire a se stessi, un partecipare alla Pasqua che significa veramente attivare un cammino di conversione. C’è sempre la tentazione di saltare alcuni passaggi, ma è molto importante cercare di capire ogni giorno dove lo Spirito vuole condurci affinché possiamo costruire quella comunione possibile solo in Cristo. Allo stesso tempo, ritengo che questo elemento sia fondamentale anche per la missione:
la missione e l’unità sono strettamente legate.
Puoi essere veramente espressione della missione perché ciò che porti non è qualcosa di tuo, ma è qualcosa che ti è donato e che sei chiamato a ridonare con la tua vita affinché la comunità diventi sempre più capace di essere espressione di questo dono e testimone del dono che è Cristo.