In occasione della Giornata Mondiale della salute mentale (10 ottobre scorso), in molte realtà sanitarie territoriali del nostro Paese si è tornato a parlare del boom degli “hikikomori”. In Italia i cosiddetti “lupi solitari”, giovani cioè che stanno iniziando a perdere la socialità al di fuori della scuola, pare siano triplicati in tre anni, passando dal 15 al 39,4%. Sarebbero quasi raddoppiati, invece, i cosiddetti ‘ritirati sociali’, ovvero coloro che hanno scelto il completo isolamento. Ne parliamo con Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta, nonché ricercatore dell’Istituto di Psichiatria e Psicologia nella Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Professor Tonioni, chi sono gli hikikomori?
Il fenomeno degli hikikomori nasce in Giappone e corrisponde a quello che nel nostro Paese viene denominato “ritiro sociale”, ovvero un ritiro spontaneo dalle relazioni e dall’uso del corpo che scatta di solito nel passaggio dalla preadolescenza all’adolescenza (12-14 anni), ma manifesta i suoi prodromi anche in età infantile, colpendo soprattutto i maschi. Il “ritirato sociale”, o hikikomori, media le sue relazioni attraverso il web, che non deve però essere confuso con la causa di questa malattia: la rete, in realtà, diviene uno strumento che consente al ritirato di mantenere le uniche relazioni possibili.
Si tratta di un fenomeno in crescita. I casi reali sono difficili da censire con esattezza, ma in Italia le stime più recenti parlano di un numero che oscilla tra 100.000 e 200.000 ragazzi…
Il fenomeno rispecchia l’aumento del malessere e del disagio psicologico tra i giovani. Dal momento, poi, che non esiste più una linea netta di demarcazione tra la vita online e offline – e questo aspetto non riguarda solo gli adolescenti, ma anche noi adulti -, qualsiasi sintomo psicopatologico incontra la mediazione del web, soprattutto nelle società del cosiddetto “benessere”. Laddove le condizioni socio-economiche del contesto sono differenti, i giovani tendono a non “interiorizzare” la rabbia, ma a esplicitarla e spesso sono più esposti a cadere in situazioni di dipendenza da sostanze, o gioco d’azzardo.
Come si arriva al ritiro sociale?
Le ragioni per cui si arriva al ritiro sociale sono profonde e complesse. Il problema dei ritirati sociali consiste soprattutto nell’impossibilità di vivere le emozioni, per questo motivo per loro lo screen digitale si trasforma in uno strumento di protezione verso stimoli emotivi che non riescono a sostenere. Le radici di questo disagio affondano nell’età infantile. Immaginiamo un bambino che inizia a gattonare e che vive questa novità con grande eccitazione. I genitori, in questa circostanza, dovrebbero favorire la sua sperimentazione e condividere il suo entusiasmo, non trattenere il bambino dall’esperienza stessa, magari per il timore che possa farsi male. A volte il nostro inconscio inibisce la spontaneità delle azioni e alimenta fobie nei nostri figli, che però non possono essere i nostri ansiolitici! Spesso i bambini “iperprotetti” sviluppano una tendenza ad ammalarsi in occasione di feste, gite scolastiche, momenti di socialità con i coetanei. Questi episodi possono essere considerati prodromici a un futuro ritiro sociale.
Come può una famiglia aiutare un figlio in una situazione di ritiro sociale?
Si deve iniziare un percorso con il sostegno di psicoterapeuti qualificati. Soprattutto non bisogna cedere alla tentazione delle cure farmacologiche, che hanno molti limiti e non sono risolutive. Le radici di questo tipo di disturbi sono sempre di natura affettiva e non hanno nulla a che fare con la chimica. Anche le punizioni non funzionano: vietare a un giovane l’accesso alle piattaforme di gaming, può generare in lui crisi di rabbia. Il gioco, anche i cosiddetti “sparatutto”, non è un generatore di rabbia, bensì uno strumento che consente di detonare la negatività dei sentimenti. Occorre capire che il ritiro sociale e l’anoressia, rispettivamente nei maschi e nelle femmine, sono due modi di fermare il proprio sviluppo e soprattutto l’evoluzione della propria mente e del proprio corpo.
Il ritiro sociale è un fenomeno reversibile?
Qualsiasi psicopatologia sviluppata in adolescenza può essere reversibile, perché la mente adolescenziale è in continuo divenire, come la creta fusa. Le cure con i ragazzi che si ritirano sono lunghe e difficili, devono coinvolgere la famiglia, ma hanno ampie possibilità di riuscita. Affidarsi a terapie di gruppo può essere una scelta efficace. Per prevenire il fenomeno di ritiro sociale, invece, è importante essere cauti e non farsi prendere dal “furore diagnostico”. Molto spesso i ritirati hanno manifestato in età infantile un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA), senza che nessuno però abbia preso in considerazione il fatto che i bambini DSA hanno semplicemente un profilo cognitivo diverso, dove il linguaggio delle immagini prevale su quello verbale. Essi sperimentano in maniera differente il tempo e lo spazio. Occorre avere chiaro che ci troviamo a un cambiamento evolutivo che riguarda tutti i nostri giovani, si tratta di una nuova realtà che per alcuni suoi aspetti può sorprendere e destabilizzare.