MosaicoIl punto Secondo Cia Padova, l’autunno per il settore agricolo si presenta con molte ombre, con l’aumento dei costi di produzione che non sarà controbilanciato da adeguato guadagno
La campagna di raccolta di frutta, verdura, cereali, oltre che la vendemmia (in queste settimane in pieno svolgimento), consegnano un quadro dai risvolti critici per il settore agroalimentare padovano. Ad affermarlo è Cia Padova, che registra come, rispetto alle rilevazioni dello stesso periodo dello scorso anno, i prezzi agricoli – ovvero ciò che viene riconosciuto all’agricoltore al momento del conferimento del prodotto – siano calati in media del 10 per cento. «I numeri sono molto chiari – precisa il direttore di Cia Padova, Maurizio Antonini – e indicano che gli agricoltori sono tenuti a far fronte a un aumento dei costi di produzione che non viene controbilanciato da un adeguato guadagno». Il problema, spiega, sta alla base: «La richiesta dei consumatori è in netta diminuzione a motivo di un’inflazione galoppante, e i prezzi agricoli ne risentono a cascata. A luglio l’inflazione è salita dell’1,3 per cento, causando un generale aumento dei prezzi. ma paradossalmente ai produttori resta in tasca sempre meno. Questo rischia di mandare a gambe all’aria l’intero comparto». Un caso eclatante? I cetrioli, che all’agricoltore vengono pagati 0,45 euro al chilo, quasi il 37 per cento in meno rispetto al 2023. Una percentuale di poco superiore a quella dei meloni e delle zucchine. La principale coltivazione della provincia, il mais, che vanta oltre 30 mila ettari per lo più nella Bassa, a fine agosto era pagata 22,9 euro al quintale, circa il 10 per cento in meno come il frumento tenero, 18 mila ettari che valgono 20,9 euro al quintale, e la soia, 26 mila ettari totali, 40 euro al quintale. E il vino? Nel 2023 un litro di Serprino veniva pagato 1,20-1,40 euro al litro, ci si aspetta un calo come per tutti gli altri vini Doc dei colli Euganei. «I produttori – continua Antonini – rilevano un evidente calo dei consumi per una questione di potere d’acquisto. Il vino, in ultima istanza, non rappresenta un bene primario e nelle cantine vi sono ancora diverse giacenze». Non scendono, però, i prezzi nei supermercati e lungo la filiera si verificano rincari difficili da intercettare, che scoraggiano ulteriormente i consumi. «L’anello debole della catena – conclude Antonini – resta l’agricoltore, che fatica a condurre l’azienda in maniera sostenibile. Alle istituzioni chiediamo di riconoscere il reale valore dei nostri prodotti, super garantiti e d’eccellenza, applicando la legge sulle pratiche sleali: i prezzi agli agricoltori non devono scendere sotto i costi di produzione».
