Fatti
Per una Repubblica fondata sul tasso di disoccupazione, il recente fatto di non trovare personale da assumere – situazione che ormai interessa ogni settore e quasi qualsiasi qualifica – sta trasformandosi in qualcosa di strutturale. D’altronde, se la demografia farà nascere sempre meno italiani, i buchi occupazionali diventeranno inevitabili e cronici.
Negli anni scorsi si è sopperito con manovalanza straniera. L’immigrazione straniera in Italia – in Europa – sappiamo essere un punto socialmente e politicamente dolente. Ma guardando la situazione dal lato economico (e dintorni: produttività, sviluppo, tasse pagate, contributi pensionistici…), l’Italia è da tempo in una situazione che gli anglosassoni definirebbero “lose-lose”: svantaggiosa per tutti.
Il fatto è che l’ondata migratoria c’è e proseguirà nei prossimi anni, salvo prosciugare il Mediterraneo e blindare le frontiere. Così come – l’abbiamo detto – proseguirà la fame di personale, soprattutto quello specializzato. Ma chi arriva in Italia, quasi sempre in modo rocambolesco, non sa la lingua, non ha quasi mai una qualifica, non sa nemmeno dove andare. E così non può far altro che diventare manovalanza a basso prezzo, finire nelle mani dei “caporali” o della malavita. Insomma nel migliore dei casi diventano lavoratori con stipendi da fame, ingrossando le fila dei poveri. E la richiesta di personale (che non siano lavapiatti o vendemmiatori) rimane inevasa.
È evidente che questa situazione non va bene veramente a nessuno. Serve dunque organizzarsi, che in Italia deve necessariamente diventare compito del sistema economico, del Terzo settore e non dello Stato, sennò campacavallo. Lo Stato dovrebbe organizzare rappresentanze nei Paesi d’emigrazione per dare informazioni, stabilire ponti e creare collegamenti (tra l’altro, si toglie l’acqua sotto gli scafisti). Poi le grandi aziende, i distretti industriali, le Regioni, le filiere produttive dovrebbero organizzare scuole e corsi di formazione specifici, mentre al Terzo settore spetterebbe il compito di inserire e accompagnare chi arriva qui: dai corsi di lingua all’accoglienza.
Il discorso è ben più vasto. Ma qui preme sottolineare che se una cosa produce solo danni per tutti, occorre cambiarla rapidamente. L’attuale sistema non regge e genera solo sofferenza in chi arriva e intolleranza in chi vede arrivare. L’economia potrebbe essere l’attrice del cambiamento. Oggi e domani.