Idee
Se la rivoluzione industriale certificò che il mondo si divideva tra tanti proletari e pochissimi ricchi, la seconda metà dell’Ottocento e soprattutto lo sviluppo del terziario nel Novecento fecero nascere la cosiddetta classe media: nerbo delle democrazie, motore di sviluppo sociale, piano intermedio tra la (dignitosa) povertà e il benessere.
Un’espansione continua, alimentata da tutte quelle persone che, qui come molte parti del mondo, salivano sull’ascensore sociale. Che ora appare quantomeno in panne. Troppe situazioni, troppe statistiche, troppe fonti certificano che l’ampio fronte della classe media si sta sgretolando nella sua parte bassa, con uno scivolamento costante e pure consistente verso la povertà.
La Caritas lo ha denunciato recentemente, sottolineando con forza che le schiere di chi fa fatica a far quadrare i conti si stanno ingrossando di anno in anno. Dal Covid in poi, i numeri peggiorano e basta. L’altro estremo, la fondazione Altagamma che raggruppa le principali imprese italiane del lusso, in uno studio a largo raggio ha certificato che la classe media ha sempre meno mezzi per accedere a quei beni di consumo “aspirazionali” che i redditi attuali rendono appunto solo aspirazionali.
Altri indizi? Lo studio semestrale che fotografa i cambiamenti in atto nel carrello della spesa degli italiani, ha messo in luce un inequivocabile fenomeno: quanto a volume di vendite, sono in calo i prodotti Doc, Docg, Igp, Igt insomma quelli che giustamente riteniamo avere un valore aggiunto e normalmente costano un pochino di più. Il calo più consistente lo hanno registrato i prodotti made in Italy, segno che poco interessa la provenienza, rispetto al prezzo.
Si potrebbe aggiungere il crollo del mercato automobilistico del nuovo, dato che i modelli meno costosi partono da 17-18mila euro; la contrazione della spesa per vacanze o tempo libero, che caratterizzava la classe media; la fuga all’estero degli studenti più qualificati, ormai una vera emorragia.
Più drammatico il fenomeno dei tantissimi lavoratori che non ce la fanno a mantenere un regime di vita appena accettabile, e si rivolgono agli enti di carità per un sostegno per affitti, bollette, anche beni alimentari e di uso personale. Nelle città medio-grandi soprattutto.
Ma tutto ciò racconta una mezza verità. Il rapporto annuale dell’Inps fa luce su un fatto: non sta male il ceto medio tutto intero, ma gli individui fuori da una rete familiare. Quelli con stipendi risicati e nessun aiuto “interno”.
Le famiglie con più componenti invece se la stanno cavando molto meglio. Siamo quasi in piena occupazione, molti non occupati hanno trovato un lavoro, i redditi familiari hanno tenuto e spesso sono cresciuti. Questo in particolare nel Mezzogiorno, area con un tenore di vita quasi dimezzato rispetto a Lombardia e Trentino Alto Adige. Fenomeno questo asseverato pure dalla Banca d’Italia.
Numeri che certificano che il valore della famiglia è anche economico.