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Rubriche | La vita interroga, la teologia risponde

martedì 25 Giugno 2024

Perché la Chiesa fatica a dare responsabilità ai laici? La risposta

Bella domanda, anche se un po’ fuorviante.

Redazione
Redazione

Si mette, infatti, la Chiesa dalla parte della gerarchia, del papa, dei vescovi e dei preti, come se i laici fossero una sorta di dirimpettai o, peggio ancora, dei subordinati ai quali si può o meno concedere qualcosa. E in verità per secoli è stato così, tanto che ci siamo dimenticati che Chiesa sono tutti i battezzati, i quali dal momento in cui vengono generati alla fede diventano corresponsabili a pieno titolo della missione. Nessun cristiano è responsabile di tutto, e in questo senso non esistono supercristiani, ma ognuno per parte sua, sulla base dei doni ricevuti dallo Spirito (che in alcuni casi diventano ministeri, ordinati o meno) e delle competenze umane acquisite, è chiamato a vivere la fede e ad annunciarla. Il Concilio Vaticano II non ha dubbi in proposito: «A ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di diffondere, per parte sua, la fede» (Lumen gentium 17), perché «c’è nella Chiesa diversità di ministero ma unità di missione» (Apostolicam actuositatem 2). Se le cose stanno così, perché allora tanta fatica a riconoscere, non in teoria – cosa già avvenuta da tempo – ma nella pratica una soggettualità attiva ai cristiani laici? Perché la Chiesa che conosciamo e stiamo cercando di far crescere nello stile sinodale è ancora in gran parte clericocentrata, abbarbicata e avvitata alla figura del prete inteso come una sorta di factotum della fede, un plenipotenziario ecclesiastico che monopolizza ruoli e funzioni, anche quelle che potrebbe delegare e condividere: nella corresponsabilità, però! Per fare un esempio, se la sinodalità consiste nel camminare insieme del popolo cristiano nelle sue diverse componenti, il “camminare-con” non può che sfociare poi nel decidere insieme. Questo oggi avviene, ma a quanto pare ancora in modo insoddisfacente, negli organismi di partecipazione, per cui ci si augura che il processo sinodale in atto provveda a ripensarne e riformularne il funzionamento. Insomma, se vogliamo che i laici facciano un passo avanti, è necessario che qualcuno faccia un passo indietro e che ognuno impari a pensarsi nella prospettiva della complementarità e ancor più nella reciprocità.

Ugo SartorioDocente di Teologia Sistematica – Facoltà Teologica del Triveneto

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