Mosaico
La coscienza, questa sconosciuta: eppure oggi, e lo ieri del romanzo di cui stiamo parlando, la forma stessa del mondo, l’unica capace di superare gli acuminati scogli dei conflitti per aspirare alla verità.
Accade al protagonista di “La forma del Cinghiale” (Ancora, 2025, 315 pagine, 27 euro) del sacerdote Luigi Francesco Conti, quando deve scegliere tra “dovere”, vale a dire l’uccisione del nemico, e coscienza profonda. L’andare oltre le umane inimicizie, anche quelle scaturite dalla Riforma di Lutero, significa anche, nel caso di questo libro, riconoscere gli elementi storici e economici che portarono nel 1517 alla dolorosa separazione all’interno del mondo cristiano.
Conti, da profondo conoscitore della liturgia e della teologia (ha insegnato Storia delle liturgie riformate alla Pontificia Università di Sant’Anselmo), affronta la narrazione degli eventi dal punto di vista profondamente umano. L’elemento fondante del racconto è infatti la coscienza, quella di Corrado-Cordo, che, partendo da origini umili, per una serie di eventi che lasciamo alla vostra lettura, giunge nei palazzi dove si decidono, in gran segreto, le svolte della storia.
È lui l’incaricato di far fuori quel Cinghiale che non è altri che il Riformatore, recandosi sotto mentite spoglie a studiare presso l’ateneo di Wittenberg, in una caccia che non è solo di natura religiosa, ma anche politica ed economica.
Merito di questo racconto è di spiegare narrativamente, in una sorta di ripresa del romanzo storico che conobbe la sua rinascita negli anni Ottanta del Novecento, la complessità di un periodo in cui alleanze, imperi economici come quelli dei Fugger, in rapida affermazione, creano sistemi di alleanze e di poteri che si alleano per poi combattersi implacabilmente.
Memorabile la pagina in cui Fugger in persona spiega chiaramente che l’economia sta diventando il nuovo potere assoluto, in grado di dominare il mondo a prescindere dai vincitori militari e politici.
Ma, come nel romanzo storico di manzoniana memoria, la storia altrettanto reale di un amore vero e resistente agli agguati del denaro e degli interessi puramente materiali è il vero centro del racconto. La storia personale di un giovane che dovrebbe essere il gran risolutore della faccenda luterana, e di una fanciulla delle terre di Lutero, conserva ancora oggi questa fedeltà alla tradizione narrativa ottocentesca.
Essa va oltre le differenze di classe e di nazione, oltre anche quei nuovi confini che stavano per essere tracciati a livello dogmatico (e politico), disegnando un arcobaleno di riconciliazione di cui ancora oggi abbiamo nostalgia e necessità.
Questo amore nasce sopra le rovine delle vecchie e nuove separazioni, sopra le differenze di ceto, sopra i soldi e sopra una politica che vorrebbe risolvere le questioni con il sangue e la violenza. E per questo “La forma del Cinghiale”, come tutti i veri romanzi che prendono spunto dalla storia, è di grande, drammatica ma anche aperta alla speranza, attualità.