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Rari, ma non più soli. La famiglia di Michele Toniato e Stefania Dantone e un figlio con la mutazione Scn2a
Stefania ricorda ancora quando le dissero che suo figlio, 18 mesi appena, non sarebbe mai stato come gli altri bambini.
StorieStefania ricorda ancora quando le dissero che suo figlio, 18 mesi appena, non sarebbe mai stato come gli altri bambini.
«Un trauma, con mio marito e io congedati in fretta e senza molta empatia – racconta oggi dopo dieci anni – Rispetto ai primi due figli mi ero accorta quasi subito che qualcosa non andava: Davide non stava rispettando le normali tappe dello sviluppo psicomotorio. Iniziava a sorridermi, ma due giorni dopo smetteva, e la stessa cosa avveniva per lalallazione: era come se perdesse le capacità che aveva appena acquisito». Così era iniziata la trafila tra specialisti eospedali, sotto le occhiate di chi magari la considerava solo una madre ansiosa. Poi però erano arrivate le conferme: il problema era grave e lo sviluppo psicofisico appariva compromesso, solo che quella malattia non aveva ancora un nome né tanto meno una cura. «Ho passato notti davanti a un computer cercando una risposta: nel 70 per cento dei cosiddetti Disturbi generalizzati dello sviluppo (Dgs) non si riesce ad arrivare a una diagnosi», continua Stefania Dantone, guida turistica originaria di Canazei (Trento) ma residente a Padova da anni assieme al marito Michele Toniato e ad altri due figli più grandi. La coppia però non si arrende e così nel 2015 porta Davide a Bergamo per l’analisi dell’intero esoma, un complesso test genetico che alla fine partorisce il responso: il bambino presenta una mutazione del gene Scn2a, che codifica la proteina che permette il passaggio attraverso la membrana cellulare dello ione sodio, essenziale nella comunicazione tra i neuroni. «Ogni mutazione è unica e un discorso a sé, ma le manifestazioni più diffuse comprendono l’epilessia, che può essere lieve ma anche molto grave, e l’autismo, come nel caso di nostro figlio – spiega ancora Stefania – In Davide è stata trovata una mutazione de novo, che non gli è stata cioè passata da noi genitori: un’informazione importantissima anche perché adesso sappiamo che i suoi fratelli non dovrebbero trasmettere la malattia ai loro figli». Un pensiero in meno che però non risolve la situazione di una famiglia che, come tante, si trova lasciata sostanzialmente sola di fronte alla disabilità grave. Oggi Davide ha 11 anni e ha avuto – grazie soprattutto all’impegno dei genitori – un buon recupero motorio: cammina, corre, fa le scale, «magari non le capriole, gli manca la motricità fine, ma riesce comunque a muoversi nello spazio. La difficoltà maggiore è la comunicazione: non parla e conseguentemente ha sviluppato una disabilità intellettiva». I problemi di tutti i giorni sono quelli noti, dal carico fisico e psicologico alla burocrazia, con in più le difficoltà proprie di una malattia rara, in cui non è nemmeno facile trovare persone con cui confrontarsi e condividere la propria esperienza: la stessa legge sulla privacy impedisce infatti a ospedali e Ulss di mettere in contatto fra loro le famiglie. Rispetto a un tempo però oggi c’è un fattore fondamentale in più: internet. «Quando, appena tornata a casa dopo aver ricevuto il referto dalla genetista, ho digitato Scn2a su Google, è uscito il sito di una fondazione americana che era nata da meno di un anno. Subito abbiamo preso contatto, poi tramite Facebook ho iniziato a cercare sia altri genitori nella stessa situazione sia ricercatori che si occupassero di questo gene». Sempre con il supporto della popolare piattaforma social nel 2018 vengono organizzate a Padova una conferenza e una prima riunione tra le 7-8 famiglie che riescono a venire da tutta Italia. La svolta però arriva paradossalmente durante il lockdown, che mentre costringe a chiudersi in casa obbliga tutti a usare i nuovi mezzi tecnologici per comunicare: così, dopo mesi di confronti su chat e riunioni online, nasce ufficialmente il 3 giugno 2021 “Scn2a Italia Famiglie in rete”, che oggi riunisce oltre venti nuclei con il duplice scopo del mutuo appoggio e del sostegno della ricerca. L’associazione è formata soprattutto da familiari ma che, sull’esempio di quanto accade Oltreoceano, mira a coinvolgere anche gli scienziati. «Da anni negli Stati Uniti sorgono realtà simili, che riuniscono pazienti, famiglie e ricercatori – conferma Maria Giuseppina Miano, biologa molecolare del Cnr di Napoli e membro del comitato scientifico dell’associazione padovana – Una collaborazione fondamentale per scambiare informazioni, in particolare sulle malattie rare: purtroppo però su questo in Italia siamo ancora in ritardo». Secondo la genetista «per il gene Scn2a bisogna parlare di più malattie a seconda della mutazione. L’encefalopatia epilettica ad esempio è rara e riguarda all’incirca un caso ogni 10 mila nati, anche se probabilmente con uno screening più ampio della popolazione pediatrica la stima sarebbe da ritoccare al rialzo. Per quanto invece riguarda l’autismo bisogna tener conto che ha una frequenza piuttosto alta, che in Italia riguarda un bambino su 87; in quest’ambito la mutazione del gene Scn2a è una di quelle più presenti: un caso ogni 340 bambini con diagnosi di autismo, secondo uno dei più recenti studi americani. Il problema è che alla maggioranza di loro in Italia non vengono fatte analisi genetiche, quindi i numeri sono ancora sottostimati». Il primo problema è dunque estendere sempre più le procedure di screening, in secondo luogo continuare a studiare la malattia: «Per il momento non esistono ancora cure validate, ma in America stanno partendo i primi trial clinici su farmaci sperimentali, al momento sui casi di epilessia». Intanto però, secondo la dottoressa Miano, si potrebbe già migliorare sensibilmente la qualità della vita di pazienti e famiglie mettendo a sistema le risorse che ci sono già, ad esempio creando ambulatori integrati in cui ogni bambino con una malattia rara possa avere un punto di riferimento per tutti i servizi e gli specialisti di cui ha bisogno. Per tutto questo Stefania e Michele da anni continuano incessantemente ad adoperarsi per sensibilizzare sul tema delle malattie rare, e ultimamente anche per raccogliere fondi per la ricerca. Grazie anche alla rete che si sta espandendo con associazioni analoghe che stanno sorgendo in Germania, Francia e Georgia, nel dicembre 2022 è stato vinto un finanziamento dello European joint programme on rare diseases per organizzare una conferenza scientifica, che si terrà il 26 e il 27 maggio in Danimarca e farà il punto sullo stato della ricerca e delle terapie. Un altro piccolo, ma significativo passo avanti per chi è riuscito a trasformare smarrimento e dolore in una missione per la vita: perché i malati siano rari, ma non più soli.
Il 5 marzo dell’anno scorso, giornata delle malattie rare, Stefania ha organizzato grazie alla disponibilità di alcune colleghe “itine-rari speciali”, tour “rari” nel centro di Padova il cui ricavato è stato destinato all’associazione. Per informazioni sull’associazione e donazioni: www.scn2a-italia.it