Settembre segna la ripresa per giovani e giovanissimi non solo della vita scolastica, ma anche della pratica sportiva. Dopo la pausa estiva, infatti, è tempo di ricominciare ad allenarsi e a frequentare palestre e centri specializzati.
Lo sport nell’infanzia e nell’adolescenza è fondamentale per la salute fisica, il benessere mentale e la costruzione di relazioni sociali. L’antico motto “Mens sana in corpore sano” è sempre attuale, soprattutto in un’epoca in cui appare piuttosto marcata la tentazione di rintanarsi all’interno delle mura domestiche e magari accoccolarsi sul divano a guardare serie tv a oltranza, o a scrollare in loop lo schermo dello smartphone al termine di giornate frenetiche e stressanti.
Negli ultimi anni, in diverse occasioni, l’Organizzazione Mondiale della Salute (WHO) e altri organismi hanno sollecitato azioni urgenti per promuovere una maggiore attività fisica in generale tra la popolazione. L’allarme interessa in maniera particolare i giovani e giovanissimi, il cui impegno nello sport – soprattutto dopo gli anni del picco pandemico – è in decremento. Secondo le stime, il periodo in cui la maggior parte dei ragazzi inizia a “disertare” la pratica sportiva si attesta tra la fine delle scuole medie e il primo biennio delle superiori. Sempre nello stesso periodo le abitudini alimentari dei giovani registrano un forte peggioramento e, in alcuni casi, si verifica un avvicinamento al fumo, all’alcol e al consumo di droghe. L’utilizzo eccessivo dello smartphone e di altri dispositivi, inoltre, non aiutano certamente i minori a scegliere stili di vita “sani” e dinamici.
Sempre più preoccupanti risultano, quindi, il fenomeno del drop-out – l’abbandono dell’attività sportiva in adolescenza – e le profonde trasformazioni nel modo in cui i ragazzi praticano sport (più commercializzazione, specializzazione precoce, costi crescenti).
Proprio nei giorni scorsi sono stati diffusi i risultati di uno studio esplorativo condotto dal Servizio di Medicina dello Sport e dell’esercizio fisico dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige in collaborazione con la Provincia di Bolzano. I dati raccolti hanno evidenziato che il 20,4% delle ragazze e dei ragazzi non pratica sport e che la quota di praticanti continuativi cala progressivamente con l’età, passando dal 70% tra i quindicenni a meno del 60% tra i diciassettenni. Il fenomeno colpisce in misura maggiore le ragazze: il 90% di chi non pratica sport è di sesso femminile.
L’assenza, o la scarsa presenza, dello sport nella vita quotidiana degli adolescenti amplifica la loro solitudine di fronte ai nodi della crescita.
Ma quali sono le ragioni del drop-out da parte degli adolescenti?
Raramente accade per l’insorgere di una nuova passione o per motivi di studio, come spesso viene dichiarato. Molto incide la fatica a sostenere la disciplina che lo sport inevitabilmente richiede, quindi la scarsa attitudine al sacrificio e all’applicazione. A volte, però, a non essere sostenuta è anche l’esasperata competizione a cui alcuni si sentono spinti da parte di allenatori, compagni di squadra o anche famiglie. Ci sono poi i problemi con il corpo e l’insorgere delle insicurezze tipiche dell’età giovanile a impedire di vivere con spensieratezza e intraprendenza le proprie prestazioni sportive. Non ultime, in questo periodo storico, le barriere “economiche” e l’impossibilità di alcune famiglie di sostenere costi e impegni richiesti da alcune discipline.
Altro tema legato al drop-out è l’incapacità di gestire la frustrazione della sconfitta e del fallimento.
C’è poi il discorso della “motivazione”. Che cosa spinge un ragazzo a intraprendere uno sport? Se la motivazione è “esterna”, ovvero non riconducibile alle attitudini e alle passioni del futuro atleta, allora sarà difficile che il percorso venga completato. E qui il discorso potrebbe essere lungo e articolato, soprattutto per quanto concerne quegli sport che si prestano a fare da “specchietto” per allodole in cerca di un illusorio riscatto sociale, o a divenire un riverbero di mancate realizzazioni paterne o materne.
La riflessione da fare, dunque, è ampia, lo sport rimane una risorsa fondamentale per gli adolescenti ma il contesto è mutato. Per contrastare il drop-out servono politiche e pratiche integrate: formazione degli allenatori, sostegno economico alle famiglie meno abbienti, programmi scolastici che mantengano lo sport come attività inclusiva e priorità al divertimento e allo sviluppo globale del ragazzo, non solo alla performance.