Epoche e contesti diversi, ma stessa acuta e affilata critica alla società statunitense, occidentale, attraversata da rampantismo, ossequiosa riverenza al dio-denaro e lotta di classe. Legame tematico che accomuna due apprezzate e seguitissime serie hollywoodiane giunte alla terza stagione nel 2025, entrambe targate Hbo e in programmazione su Sky e la piattaforma Now. La prima è “The Gilded Age”, racconto dell’epoca dorata della New York di fine ‘800 abitata da una conflittualità sottotraccia tra la vecchia aristocrazia di matrice britannica e i nuovi arricchiti dal mondo dell’industria, che puntano a titoli e status sociale a colpi di quattrini. A firmarla la penna raffinata di sir Julian Fellowes, Premio Oscar per “Gosford Park” (2001) e creatore della serie cult “Downton Abbey” (2010-15). Protagoniste le ottime Carrie Coon, Christine Baranski e Cynthia Nixon. La seconda è la rivelazione creativa di Mike White, “The White Lotus”, che attraverso la formula del dramedy con lampi di grottesco e crime racconta le vacanze (extra)lusso di turisti nordamericani in luoghi da sogno: dopo le suggestive location a Maui e Taormina, la terza stagione vede protagoniste le bianche spiagge della Thailandia. Un “paradiso” vacanziero per un’umanità gretta e sola.
“The Gilded Age” – Stagione 3 (Sky-Now, dal 23 giugno)
Non un’impresa facile. Dopo il successo planetario di “Downton Abbey” (6 stagioni dal 2010 al 2015 e 3 film al cinema), la più popolare e apprezzata serie britannica degli ultimi due decenni insieme a “The Crown” (Netflix), Julian Fellows è riuscito in un altro progetto sofisticato: raccontare il Nuovo Mondo, la New York dell’epoca d’oro tra il 1880 e l’inizio del ‘900, abitata da vecchia aristocrazia e nuovo rampantismo economico. “The Gilded Age” è stata lanciata nel 2022 e la risposta è stata subito positiva. Seguita da una seconda stagione nel 2023, la terza è in onda dal 23 giugno 2025 su Sky e la piattaforma Now.
La serie ha saputo trovare una sua chiave originale, simile ma anche profondamente diversa da “Downton Abbey”, sposando lo scontro di classe tra due mondi, due società, in competizione.
E questa nuova stagione dimostra, rispetto alle precedenti, maggior carattere e sostanza, mettendo rapidamente a fuoco temi e conflitti. Protagonisti Carrie Coon, Christine Baranski, Cynthia Nixon, Morgan Spector, Louisa Jacobson, Denée Benton, Taissa Farmiga e Harry Richardson. Fellowes ne mantiene il solido controllo tra scrittura e produzione, che porta il marchio di fabbrica d’eccellenza Hbo.
La storia. New York fine ‘800, Berta Russell sta dimostrando alle famiglie aristocratiche del tempo che i soldi possono tutto. Finalmente è riuscita a farsi accettare in società e ora pianifica le nozze della figlia Gladys con un duca inglese per guadagnare finalmente un titolo nobiliare. Suo marito George la supporta, con qualche resistenza, concentrato soprattutto negli affari ferroviari; un nuovo, ambizioso, progetto rischia però di mandarlo in bancarotta. Dall’altro lato della strada vivono le sorelle vedove Ada e Agnes Brook, esponenti della prima New York, anche loro alle prese con cambiamenti economici, sociali e la speranza di un matrimonio felice per la nipote Marian. Accanto a loro il mondo di domestici che popolano i due edifici, alle prese con responsabilità, sogni di riscatto e sentimenti sottaciuti…
Un period drama sempre di stringente attualità, sul modello “Downton Abbey” ma non solo. “The Gilded Age” è una serie che funziona e migliora stagione dopo stagione, mettendo in scena un’umanità che cerca di mettere in moto l’ascensore sociale e sentimentale in un mondo acceso dalla modernità. Al di là delle meravigliose case, dei costumi sontuosi (alcuni firmati dall’italiana Tirelli, laboratorio omaggiato nel film “Diamanti” di Ferzan Ozpetek) e ambientazioni raffinate,
nella serie emerge un profilo antropologico capace di grandi gesti di umanità e solidarietà ma anche preda di ambizioni sfrenate, che anestetizzano buonsenso e gentilezza.
Tra i personaggi chiave resta Bertha Russell, cesellata con grande controllo da Carrie Coon, cui il lavoro del marito le schiude le porte dell’alta società newyorkese. Su di lei, però, pesa il “marchio” dell’arricchita, e nonostante si adoperi per essere inappuntabile o la sua casa raggiunga livelli di sfarzo oltremisura, non riesce mai a sdoganarsi. Determinata e calcolatrice, Bertha arriva a forzare le nozze della figlia Gladys con un duca per guadagnare un titolo; lei che si è sposata per amore impone alla figlia un matrimonio di interesse (e di infelicità) pur di mantenere lo status di benessere e accedere a nuovi traguardi nella sua inarrestabile scalata sociale.
La serie, nel complesso, esalta le figure femminili e la loro forza di temperamento trascinante e mette in racconto – con riferimenti letterari del tempo, da Jane Austen a Louisa May Alcott – anche giovani donne che si battono per indipendenza, libero pensiero, posizione sociale e soprattutto un matrimonio d’amore e non di convenienza. È il caso di Marian Brook e della scrittrice afroamericana Peggy Scott.
“The Gilded Age”, con la sua terza stagione,
si conferma una serie riuscita per solidità di racconto e temi acuti, oltre che per una forma elegante,
punto di seduzione per i nostalgici di “Downton” e gli amanti dei period drama. Ottime le musiche dei fratelli Rupert e Harry Gregson-Williams (Rupert ha firmato anche quelle di “The Crown”). Consigliabile, problematica, per dibattiti.
“The White Lotus” – Stagione 3 (Sky-Now)
Ha appena ricevuto 23 candidature agli Emmy Awards, gli Oscar della televisione statunitense. È la terza stagione di “The White Lotus”, miniserie ideata, scritta e diretta da Mike White, anche questa una produzione targata Hbo e nella library Sky.
Nuova location vacanziera, nuovi problemi per gli avventori e i dipendenti del resort (extra) lusso che dà in nome alla serie.
La Thailandia (set a Phuket, Bangkok e Koh Samui) è la nuova meta di ricchi e arricchiti, che sognano spiagge bianche, frutta esotica, massaggi rilassanti e una deresponsabilizzante fuga dalla realtà, che però li tallona e non li lascia in pace. Tra i protagonisti Leslie Bibb, Carrie Coon, Walton Goggins, Michelle Monaghan, Jason Isaacs, Aimee Lou Wood e Parker Posey.
La storia. Thailandia oggi, resort White Lotus. Tra i nuovi ospiti c’è la famiglia di Timothy e Victoria, con i tre figli adulti Saxon, Piper e Lochlan. Timothy nasconde a tutti i problemi finanziari, per un’inchiesta in corso che rischia di mandarlo sul lastrico; la moglie vive costantemente sotto psicofarmaci per governare stati depressivi e ansiosi, mentre i figli sono in cerca di una propria traiettoria esistenziale. Ancora, Kate, Jaclyn e Laurie sono tre amiche dai tempi della scuola che si ritrovano dopo molto tempo, ma dietro abbracci e sorrisi zuccherosi volano invidie, ripicche e gelosie. Tra gli ospiti c’è anche Greg, ereditiere di Tanya McQuoid, uccisa nel resort di Taormina…
Una narrazione cortocircuito. È questa la cifra di “The White Lotus”: raccontare luoghi incantevoli che diventano teatro di atteggiamenti umani tragicomici, meschini e disastrosi, sospinti da infelicità sottopelle e deragliamento valoriale. Un affresco di una parte della società statunitense, occidentale, impantanata in ambizioni economiche, miserie morali e rampantismo sfrenato. Un teatro grottesco dove il bello, il sublime della natura, si schianta contro l’efferatezza di un’umanità che ha scelto ed eletto il denaro a proprio dio.
Una “parabola evangelica” capovolta, un’istantanea tagliente e irriverente dove si fatica a trovare speranza. Un sontuoso valzer di un’umanità sgraziata, condannata all’infelicità nel paese dei balocchi.
Acuta e cinica è la riflessione di Mike White, che orchestra con sapiente composizione e dialoghi incisivi una fiera delle infelicità, addobbata a festa in luoghi e panorami mozzafiato. Complessa, problematica, per dibattiti.