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Verso le presidenziali. La violenza ribolle in Corsica
Scontri in piazza. Sono tornati i vessilli con le teste di moro e si grida all’indipendenza. E sullo sfondo, le presidenziali francesi del 10 aprile
FattiScontri in piazza. Sono tornati i vessilli con le teste di moro e si grida all’indipendenza. E sullo sfondo, le presidenziali francesi del 10 aprile
Indipendenza. Parola che in Europa rimbalza dalla Catalogna all’Irlanda del Nord, dai Paesi Baschi alla Scozia. Fino alla Corsica: da settimane è divampata la rivolta popolare con scontri in piazza. La miccia nella polveriera La miccia si è accesa il 2 marzo nel carcere di Arles, in Provenza. Un islamista camerunense ha preso di mira con violenza Yvan Colonna, poi morto il 22 marzo, attivista e militante indipendentista che sconta l’ergastolo per l’omicidio del prefetto Claude Érignac (vittima di un agguato il 6 febbraio 1998 a colpi di arma da fuoco alla schiena). Alla Francia viene rimproverato di non aver concesso il diritto alla detenzione in Corsica e, soprattutto, la mancanza di protezione. Così nel nome di Colonna, le piazze dell’isola si sono di nuovo infuocate. Torna in primo piano la testa di moro con la bandana bianca sulla fronte, vessillo scelto dal generale Pasquale di Paoli nell’estate 1755. Si risente l’eco del Fronte di liberazione nazionale corso, che aveva debuttato nel 1975 nel convento di Sant’Antonio a Casabianca (luogo simbolo dell’indipendenza) e cessato la lotta armata il 19 dicembre 2014. E fibrilla la Corsica senza futuro: oltre 25 mila disoccupati con il 25 per cento dei residenti sotto la soglia di povertà.
L’indice è sempre puntato su Parigi, che “discrimina” l’isola. Ma si manifesta anche la delusione per l’inerzia dei nazionalisti al governo. Nel 2015, la coalizione politica “Pè a Corsica” (Per la Corsica) aveva trionfato nelle urne. L’alleanza elettorale si era trasformata nella storica presidenza di Ghjuvan Guido Talamoni, figura dell’indipendentismo corso. Ma il centralismo della Quinta Repubblica, di fatto, non si è mai lasciato scalfire. La “svolta” e le Presidenziali Il ministro degli interni Gérald Darmanin, nell’intervista a Corse Matin, ha scandito la parola magica: «Siamo pronti ad andare fino all’autonomia, ma non ci può essere dialogo nella violenza, il ritorno alla calma è una condizione sine qua non». L’ipotesi sarebbe uno “statuto polinesiano” per la Corsica che governerebbe la politica economica, sociale, sanitaria e ambientale, mentre Parigi manterrebbe sicurezza, ordine pubblico, giustizia, politica estera, difesa. Il presidente nazionalista della Collettività corsa (nata dalla fusione della Regione con i due Dipartimenti), Gilles Simeoni ha replicato: «Non è ancora una vittoria». Tuttavia, è pronto al dialogo. Di ben altro avviso gli indipendentisti, mentre il Flnc agita lo spettro di una nuova lotta armata. Tutto congelato in attesa del primo turno delle Presidenziali in programma il 10 aprile. Con Emmanuel Macron impegnato nel ruolo di presidente di turno dell’Unione europea nel pieno della guerra in Ucraina.
I sondaggi lo danno in testa con il 30 per cento, inseguito da Marine Le Pen con il 14 per cento. Sono 12 i candidati all’Eliseo, la metà già in lizza nel 2017. Mine vaganti i “sovranisti”: l’ex giornalista Eric Zemmour a destra e Jean-Luc Mélenchon a sinistra. L’eredità coloniale È la Francia d’oltremare: 2,8 milioni di francesi sparsi fra Guadalupa, Martinica, Guyana, La Riunione, Mayotte, Saint-Pierre e Miquelon, Saint Barthélemy, Saint-Martin, Terre australi e antartiche, Wallis e Futuna, Polinesia, Nuova Caledonia, Clipperton. Sono gli ultimi territori dell’Impero coloniale in America, Oceania e perfino Antartide che rappresentano quasi il 18 per cento del territorio francese. Ma distano migliaia di chilometri da Parigi: più di 16 mila la Nuova Caledonia. E hanno rimodulato i rapporti istituzionali in base alle revisioni costituzionali della Repubblica e con diversi accessi alla cittadinanza.
Le tensioni che sono seguite all’aggressione mortale di Yvan Colonna sono culminate il 13 marzo a Bastia con una manifestazione durante la quale 102 persone sono rimaste ferite, tra cui 77 agenti.
Con 360 Comuni e poco più di 339 mila abitanti, la Corsica è amministrata dal modello francese: cinque arrondissement e 52 cantoni. Il richiamo indipendentista risale al Settecento con la figura di Pasquale Paoli, trentenne alla testa della rivolta popolare: «Come còrsi non vogliamo essere né servi e né “ribelli” e come italiani abbiamo il diritto di essere trattati uguale agli altri italiani» affermava. La Corsica come Stato durò dal 1755 fino alla definitiva annessione da parte della Francia nel 1789. Paoli fuggì a Londra, via Livorno, verso l’esilio. Il suo segretario Carlo Maria Buonaparte, padre di Napoleone, guidò l’ultima inutile resistenza.