Fatti
Nel corso di un’estate con notizie altalenanti tra devastazioni di guerra e spiragli di pace, la provincia di Padova si conferma territorio di accoglienza per i profughi in fuga dai conflitti. Lo testimoniano parrocchie, associazioni ed enti no profit che non solo durante il mese di agosto non si sono fermati ma, anzi, hanno attivato progetti nuovi nel segno della solidarietà.
Tra chi si è speso per accogliere i bambini provenienti da zone di guerra si annovera la parrocchia di Villafranca Padovana che ha aderito al progetto dell’associazione “El Ouali-Per la libertà del Sahara Occidentale”, dal Duemila impegnata in iniziative a sostegno del popolo saharawi. «Grazie a Leandro, un nostro concittadino, siamo entrati in contatto con questa realtà di Bologna che ha portato dieci bambini tra i 9 e i 10 anni negli spazi della scuola per l’infanzia parrocchiale messi a disposizione dal parroco don Francesco Frigo. La loro permanenza è durata dal 4 al 10 agosto e ha visto il supporto anche delle istituzioni e del sindaco Luciano Salvò».
Riassume così le tappe del progetto Concetta Vullo, parrocchiana e volontaria dell’associazione che, insieme ad altri nuovi volontari, ha dedicato anima e corpo all’accoglienza dei piccoli provenienti dall’Africa. «L’associazione organizza ogni anno un viaggio per i minori saharawi, ma per Villafranca è stata la prima volta. L’iniziativa si propone di offrire ai bambini un breve periodo di vacanza (durante la loro permanenza i bambini sono sottoposti anche a esami medici e ad eventuali cure) e far conoscere al territorio la storia del popolo saharawi, che vive nel deserto algerino a causa di un annoso conflitto col Marocco» continua Concetta.
Dopo aver preso a cuore la storia di questa popolazione, la volontaria prosegue: «I bambini erano accompagnati da due adulti che li hanno aiutati a inserirsi. La lingua non è stata un problema, tutti noi volontari intendevamo subito le loro esigenze. È stato commuovente vedere quanto poco bastava per renderli felici, per esempio guardando assieme le figure di un libro. Quando ci siamo dovuti salutare, i bambini, tramite i loro accompagnatori, ci hanno lasciato la loro bandiera e una poesia che è stata letta in chiesa. La positiva esperienza è la testimonianza di come più culture e religioni possano convivere e arricchirsi a vicenda, con la speranza di passi futuri per un patto di amicizia con questo popolo».
Altra realtà del territorio che si occupa di accoglienza è “Padova abbraccia i bambini odv”, associazione fondata a Padova lo scorso febbraio dalla presidente Rebecca Fedetto: «Vedendo le immagini provenienti dalle zone di guerra ho pensato che dovevo fare qualcosa. Partendo da un’esperienza di 15 anni nel volontariato, ho deciso di mettermi al servizio dell’associazione che già dalla sua fondazione ha iniziato ad accogliere bambini e famiglie provenienti da Gaza. Tra di loro c’è Ahmed, che aveva ustioni su tutto il corpo: dopo le prime cure, lui e la sua famiglia alloggiano ora in un appartamento che abbiamo messo a loro disposizione».
Dopo aver accolto la prima famiglia ne sono seguite molte altre, arrivando oggi a 15 bambini e ragazzi dai 10 mesi ai 18 anni più alcuni loro parenti sopravvissuti, per un totale di 21 persone. «L’ultima in ordine di tempo è Seela, bambina di 8 anni con le gambe amputate. Fortunatamente la sua famiglia è ancora in vita ed è con lei; grazie alla parrocchia del Torresino hanno trovato ospitalità in un appartamento – prosegue nel racconto Fedetto – L’accoglienza è coordinata dalla Prefettura e dagli altri enti preposti ma le spese sono quasi interamente a carico nostro, sostenute con donazioni private. Ora la sfida più grande è quella di integrare bambini e bambine a scuola, ma stanno reagendo bene: certo, i traumi sono forti, ma c’è voglia di integrarsi e ripartire».
Fil rouge che lega l’accoglienza di chi scappa dalla guerra sono dunque le associazioni di volontariato, così come le parrocchie. Lo testimonia Alessandra De Toni, direttrice dell’associazione Popoli Insieme: «Quando arriva un nuovo richiedente asilo, parte l’iter previsto dalle norme per chiedere lo status di protezione internazionale. Noi, come associazione, seguiamo l’accoglienza, il supporto legale, sanitario e l’inserimento sociale; tra i primi attori del territorio che coinvolgiamo ci sono le parrocchie come ad esempio Madonna Pellegrina, Ponte di Brenta e Madonna Incoronata. Vengono proposti incontri di approfondimento, corsi di italiano, laboratori interculturali durante i grest e così via. Certo non ce la faremmo solo con i dipendenti, sono fondamentali i volontari e in città non manca il desiderio di mettersi a servizio del prossimo. Da parte loro, poi, i rifugiati rispondono bene alle opportunità che mettiamo a loro disposizione» constata la direttrice dell’associazione. Un’accoglienza che, dunque, procede, non senza difficoltà, ma con tanta, tanta umanità.

Il popolo saharawi è un gruppo etnico di origine nomade che risiede nel Sahara occidentale, una regione contesa tra Marocco e Fronte Polisario. Sono noti per la loro cultura arabo-berbera e per la loro lingua hassaniyya. A causa del conflitto con il Marocco e le sue rivendicazioni, molti saharawi vivono in campi profughi nel deserto algerino, sostenuti da aiuti internazionali.
Alcuni estratti della poesia letta dai bambini saharawi alla comunità di Villafranca, lo scorso 10 agosto: «Vi mandiamo i saluti della libertà che dovrebbe essere assaggiata da tutti gli esseri viventi. A noi è stata negata la possibilità…di poter correre liberamente dietro alle farfalle ed agli uccelli. Noi siamo stati strappati alla nostra terra… Mentre nell’immenso cielo salutavamo le colombe bianche della pace, gli invasori hanno mandato gli aerei del terrore e della distruzione…Il nostro unico desiderio è che regni la pace in tutto il mondo; speriamo che la colomba bianca possa volare nei cieli di tutta la terra».