Ezechiele Ramin. A trent'anni dalla morte il suo sogno è ancora vivo

Venerdì 24 luglio ricorrono i trent’anni dall’uccisione, in Brasile, del missionario comboniano padre Ezechiele Ramin. Nella sulla parrocchia padovana, San Giuseppe, verrà celebrata l’eucaristia alle 19. Mentre un gruppo della nostra diocesi sarà a Cacoal, nella diocesi di Ji-Paranà, in Rondonia, per partecipare alle celebrazioni em memoria do padre EzequielNella diocesi di Ji-Paranà, dove ha operato, sono nati progetti e associazioni che portano avanti la sua “causa”.
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Ezechiele Ramin. A trent'anni dalla morte il suo sogno è ancora vivo

«Abbiate un sogno. Abbiate un bel sogno. Seguite soltanto un sogno. Una vita che segue un sogno si rinnova di giorno in giorno. Sia il vostro un sogno che miri a rendere liete non soltanto tutte le persone, ma anche i loro discendenti. È bello sognare di rendere felice tutta l’umanità. Non è impossibile».

Queste parole – che padre Ezechiele Ramin, missionario comboniano nato a Padova, scrisse nel 1981 a una classe elementare di Troia, in provincia di Foggia – sono diventare un “faro” per molti. Ancor più dopo la sua morte, trent’anni fa. Aveva 32 anni e si trovava nella parrocchia di Cacoal in Rondonia, uno stato nel nord-ovest del Brasile. Aveva fatto sua la causa dei senza terra, oppressi dai grandi proprietari terrieri, e si era posto in difesa degli indigeni Surui. Questo l’aveva fatto diventare scomodo. Così fu ucciso, barbaramente. Era il 24 luglio 1985.

«Quell’“abbiate un sogno” – racconta il fratello Fabiano – è un messaggio che ancora oggi colpisce soprattutto perché è rivolto a tutti, piccoli e grandi. Non è necessario avere una particolare formazione per coglierlo e farlo proprio. Ezechiele, pur essendo morto giovane, ha avuto la testardaggine e il coraggio, che non significa assenza di paura, di portare avanti quel sogno. Per lui ha significato coltivare la passione per l’essere umano, “tratto” che si ritrova anche nelle lettere scritte da giovanissimo. Passione che ha alimentato con il vangelo. Ezechiele, pur trovandosi in un ambiente ostile, ha assunto l’umanità dei più “piccoli”. Di fronte alle ingiustizie ha dichiarato di sentirsi impotente, ma non ha cercato soluzioni “tecniche” o economiche: ha scelto di esserci, accompagnare, farsi carico».

«Abbiate un sogno» è anche l’eredità che padre Lele, così è conosciuto, ha lasciato ai fratelli comboniani. «Ci ricorda il sogno della missione – spiega padre Celestino Prevedello, superiore della comunità di Padova – e ci aiuta a tenerlo vivo». Ogni anno, nel giorno della commemorazione dei defunti, i comboniani di Padova celebrano sulla sua tomba in cimitero maggiore. Lo scorso anno pastorale, inoltre, come filo rosso dei tradizionali “Lunedì della missione” hanno scelto quell’«abbiate un sogno» con cui padre Lele, per sé e per gli altri, ha tracciato un progetto di vita in nome del vangelo.

E sarà proprio un comboniano, padre Filippo Ivardi, missionario in Ciad, a presiedere l’eucaristia a San Giuseppe, parrocchia di origine di padre Lele Ramin, venerdì 24 luglio alle 19. Sarà un’eucaristia “in comunione” con le celebrazioni previste nella diocesi brasiliana di Ji-Paranà. Dove già dai primi di luglio sono iniziate attività per il 30° anniversario della morte del comboniano.

«La figura di padre Ramin – ci scrive il vescovo di Ji-Paranà, dom Bruno Pedron, originario di Torreglia – è molto conosciuta e amata, anche perché la sua testimonianza e la sua vita sono state fondamentali per certe situazioni di ingiustizia praticate contro i poveri agricoltori da parte di fazenderos e autorità brasiliane. Ci sono varie associazioni e progetti dedicati a lui, riferiti in particolare alla difesa dell’ambiente e della giustizia sociale. Per noi è uno stimolo a operare per questi ideali, che fanno da base sociale al lavoro apostolico della chiesa».

A Cacoal, per commemorare padre Lele – che Giovanni Paolo II definì, all’indomani dell’uccisione, «testimone della carità di Cristo» – ci sarà anche un gruppo di padovani, guidati da don Fernando Fiscon, parroco di Codiverno e già fidei donum in Brasile. Arriveranno il 23 luglio, ultimo giorno del “triduo” organizzato in memoria di Ezechiele. Parteciperanno poi ad altre attività promosse dalla diocesi di Jì-Paranà: il festival vocazionale (il 24), la camminata per la pace e la celebrazione parrocchiale e diocesana em memoria do padre Ezequiel (il 25, giorno in cui è stato ritrovato il corpo).

Domenica 26 il gruppo di 41 padovani si sposterà a Rondolandia, insieme ai tanti che ancora portano nel cuore il comboniano, per visitare il luogo dove è stato ucciso (ai confini con il Mato Grosso). «Verrà inaugurata una cappella dedicata a padre Lele – spiega don Fernando Fiscon – Qui, nel 25° della morte, abbiamo anche piantato una croce di legno. Che è stata distrutta, forse perché si trovava in un punto di passaggio. Il terreno è stato poi acquistato da un privato e la croce, questa volta in cemento, è stata riposizionata».

Don Fiscon – che è stato parroco proprio a San Giuseppe – vive questo “incontro” con padre Lele, lì dove ha dato la vita, «come una spinta a vivere la missionarietà dove si è, non dimenticandosi degli ultimi. Questo viaggio è anche l’occasione per andare realmente nelle periferie, come ci provoca papa Francesco».

Per Ezechiele Ramin si sta parlando, da tempo, di una causa di beatificazione. «Meglio dire “sul martirio”» spiega il postulatore generale dei Comboniani, padre Arnaldo Baritussio. «A Padova siamo pronti! – sottolinea mons. Pietro Brazzale, postulatore diocesano – Da poco ho incontrato dom Bruno Pedron, vescovo di Ji-Paranà, e c’è grande disponibilità a istruire la causa, prima di tutto nella diocesi dove è stato ucciso padre Ramin. Anche il capitolo generale dei comboniani ha dato il via libera. Ci sono altri passi da compiere, ma i presupposti sono buoni».

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