Storie
Campodarsego. La città del trattore
Dal 18 marzo Campodarsego è ufficialmente la “Città del trattore e della meccanizzazione agricola”.
Dal 18 marzo Campodarsego è ufficialmente la “Città del trattore e della meccanizzazione agricola”.
Un titolo voluto da chi amministra questo Comune dell’Alta Padovana per omaggiarne il passato, il presente e il futuro. Superati da poco i 15 mila abitanti, Campodarsego stesso si è trasformato in pochi decenni da centro agricolo a industriale e residenziale. Con la particolarità, a differenza di tante altre realtà del Nordest e d’Italia, di specializzarsi nella produzione di macchine agricole. Merito dell’inventiva di alcuni cittadini che hanno creato fabbriche divenute in seguito multinazionali, facendo nascere nel contempo un’ulteriore filiera nel territorio. Il risultato sono le sei aziende attuali che insieme occupano oltre duemila persone del posto – Carraro Spa, Antonio Carraro Spa, Maschio Gaspardo e Zanon, dedite alla produzione di mezzi agricoli –mentre per la vendita ecco la Gaiani Rino e Ometto Italo. «L’ingegno e le capacità imprenditoriali di alcuni singoli, uniti al periodo favorevole per i finanziamenti alle imprese, hanno marcato in maniera unica lo sviluppo del nostro paese – spiegano il sindaco Valter Gallo e l’assessore Fabio Marzaro – Quanto alle aziende che hanno preso forma da tutto questo, c’è da dire che sono rimaste legate al territorio comunale pur avendo raggiunto una proiezione mondiale: la presenza ancora preponderante di dipendenti qui residenti ne è la prova. Per questo abbiamo pensato di assegnare questo titolo. E lo valorizzeremo con nuove iniziative di ogni tipo».
La storia Questa piccola epopea è partita con Giovanni Carraro (1890-1982), il quale non ancora ventenne e forte dell’esperienza nell’officina paterna inizia ad assemblare attrezzi e macchinari per l’agricoltura. La sua passione è tanta, l’inventiva e lo spirito imprenditoriale pure, tanto che in poco tempo Giovanni avvia una vera e propria attività di costruttore di macchine. Dopo la pausa forzata della leva militare e della Grande Guerra, realizza una seminatrice molto innovativa per l’epoca e la sua impresa cresce. Nonostante la tragedia della Seconda guerra mondiale, la scomparsa della moglie e tante altre difficoltà, la sua attività industriale è scandita dall’offerta di nuovi prodotti e si inseriscono al timone i tre figli Oscar, Mario e Antonio. Nel 1960 prendono avvio due distinte aziende, Carraro Spa e Antonio Carraro Spa. «I miei zii Mario e Oscar prediligevano il ramo dei trattori più tradizionali mentre mio padre Antonio si focalizzava sui mezzi agricoli speciali – spiega Marcello Carraro, alla guida dell’Antonio Carraro assieme al co-presidente Maurizio Maschio – Da allora sono cresciute entrambe le aziende, espandendoci in tutta Italia e all’estero, puntando all’innovazione continua. Abbiamo stabilimenti in tutto il mondo, ma il quartier generale resta aCampodarsego. Non abbiamo mai smesso di crescere, chiudendo il 2022 con 137,5 milioni di euro di fatturato, il 15 per cento in più dell’anno precedente, e puntiamo a quota 170 milioni». Anche l’altro gruppo, la Carraro Spa specializzata negli assali e nelle trasmissioni, macina numeri importanti: 3.759 le persone impiegate a livello globale, 1.572 in Italia e 670 solo nella sede di Campodarsego. Continua Marcello Carraro: «Il solco lo tracciò mio nonno Giovanni, era un esempio e un riferimento per tutti nel paese in quanto a mentalità e a metodo. Diceva spesso che bisognava produrre quello che non c’era sul mercato».
Le altre imprese Sempre in questo solco, e non solo metaforicamente, partono nel 1964 i fratelli Antonio ed Egidio Maschio. Ex operai alle dipendenze di Oscar e Mario Carraro, una volta che si sono messi in proprio producono artigianalmente frese ed erpici, per poi ingrandirsi sempre più grazie alle capacità commerciali di Egidio. L’ampliamento dell’offerta, la ricerca sul prodotto e la costituzione di una fitta rete di distribuzione trasformano gradualmente il gruppo in una multinazionale. Tra le varie tappe, l’acquisizione nel 1993 della Gaspardo di Pordenone e la crescita sul mercato finanziario. I dati dell’ultimo anno sono più che lusinghieri: il fatturato raggiunge i 460 milioni di euro (più 19 per cento sull’annata precedente), al netto dell’aumento dei prezzi e della crisi ucraina. «È il frutto di un gran lavoro di squadra» spiegano i vertici, rappresentati dai fratelli Mirco (presidente di Maschio Gaspardo) e Andrea Maschio (vicepresidente e presidente di Maschio Holding) nonché dall’amministratore delegato Luigi De Puppi. Si riferiscono all’operato di 2.900 collaboratori da tutto il mondo, dei quali una cinquantina residenti a Campodarsego e una trentina a Cadoneghe. Attraverso una nota, tra l’altro, fanno sapere di non aver mai tagliato i ponti con il territorio: lo attestano le collaborazioni con le associazioni di categoria come la Cna, le borse di studio per i figli dei dipendenti con buoni risultati scolastici oltre che l’incessante formazione a beneficio di lavoratori, clienti e studenti della zona. Storia simile è quella della Zanon. Avviata nello stesso anno (1964) da Olivo Zanon, pure ex dipendente negli stabilimenti Carraro, si è rivolta quasi dagli albori all’olivicoltura e ad altri rami più specifici. Da qui l’espansione nel Belpaese e all’estero, grazie a un’ampia gamma di prodotti e all’organizzazione del lavoro in precise unità produttive. Vanno citate anche la Italo Ometto e la Rino Gaiani. Attive nella commercializzazione più che nella fabbricazione, ma con officine al proprio interno per i ricambi e l’assistenza, si sono sviluppate in direzione opposta rispetto alle altre quattro aziende: la loro attività è circoscritta all’ambito locale, ma in compenso hanno allargato il numero di prodotti importati dall’estero.
Una donna alla guida «Mio padre è sempre stato un pioniere, sapeva guardarsi attorno quando si trattava di mettere a disposizione dei contadini importanti novità tecnologiche – precisa Annalisa Gaiani, figlia del fondatore Rino, ora al timone dell’azienda – Inoltre aveva passione per quello che faceva e la trasmetteva a noi, facendoci capire di non mollare mai; a maggior ragione nel mio caso, viste le poche donne alla guida delle aziende del settore e i pregiudizi ancora esistenti su di esse». La saga aziendale inizia nel 1956. «Papà era un fabbro di formazione e un rivenditore, originario di Villanova. Ha collaborato inizialmente con la Zanon e la Maschio. Poi però ha fatto conoscere anche importanti marchi italiani e stranieri, con un’offerta specifica per determinati tipi di raccolto come per le barbabietole. Ora abbiamo un fatturato di 8 milioni di euro e 11 dipendenti, operando principalmente su quattro province venete. L’ultimo triennio è stato positivo per le vendite».
Sei realtà aziendali diverse nelle dimensioni, nella propria tipologia di attività, nel modo in cui si sono sviluppate. Tutte però hanno a che fare con i macchinari agricoli. E tutte sono “glocali”, cioè con una proiezione internazionale e un forte radicamento locale perché a Campodarsego mantengono la propria sede centrale. Si tratta di Carraro Spa, Antonio Carraro Spa, Maschio Gaspardo, Zanon, Gaiani Rino e Ometto Italo. Se prese tutte insieme occupano oltre duemila persone del posto e raggiungono miliardi di euro di fatturato.
Anche in questo territorio – spiega una relazione del Comune di Campodarsego – l’occupazione si è trasformata tra gli anni ’50 e ’60: molti contadini e mezzadri sono diventati operai. La particolarità è che ancora negli anni ’90 le persone impiegate nell’industria erano il 57 per cento del totale, quindi nettamente di più rispetto lavoratori locali dei settori primario e terziario. Non solo: sempre nel ’91 si registravano 4.458 dipendenti tra le realtà industriali del posto dei quali “solo” 2.674 residenti a Campodarsego