Storie
Armenia, la guerra e il futuro
Tra settembre e novembre 2020 una guerra rapida ma feroce sconvolge il Caucaso, per questioni territoriali ed etniche più che trentennali.
Tra settembre e novembre 2020 una guerra rapida ma feroce sconvolge il Caucaso, per questioni territoriali ed etniche più che trentennali.
La combattono, per l’area denominata Nagorno-Karabakh, Armenia e Azerbaijan e si conclude dopo 44 giorni con la netta vittoria del secondo Paese. Gli almeno 7.700 morti ufficiali e gli oltre 120 mila sfollati armeni passano quasi in sordina in un’Europa e in un’Italia che in quelle settimane vedono sopravanzare nuovamente il Covid. Tranne che per qualcuno che all’Armenia è legato da tempo per motivi personali e culturali. Quel qualcuno si chiama Pierpaolo Faggi, abita tra San Giorgio in Bosco e Campo San Martino (comuni dell’Alta Padovana) e tutt’ora mantiene forti quei legami soprattutto a livello benefico. Tanto da aver organizzato un viaggio di solidarietà e conoscenza tra le terre armene, dal 23 agosto al 6 settembre scorsi. «Da tempo mi interessavo della storia e della cultura armene, per un popolo con radici così profonde – spiega Pierpaolo Faggi, pensionato dopo tanti anni come docente di geografia all’Università di Padova – Sono diventato amico di un insegnante del posto, Grigor Ghazarian, molto legato al Belpaese perché insegna la nostra lingua. Grigor è stato il mio trait d’union con un’organizzazione non governativa di Yerevan (la capitale del Paese caucasico) “Declipse Armenia” che, allo scoppio dell’ultimo conflitto, assiste i tanti rifugiati e le loro famiglie». Il supporto materiale e morale ha bisogno comunque di fondi, la cui richiesta viene diramata tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno 2020. Faggi la diffonde prontamente in Italia attraverso i social e tra tutte le sue conoscenze. E visto che da cosa nasce cosa, subito arriva l’appoggio di chi si occupa di cooperazione decentrata. «I miei post catturano l’attenzione di Lucia Zanarella, un’attivista di Campo San Martino da sempre interessata all’operazione di pace nei Balcani. Lei mi mette in contatto con una coppia di volontari del comitato SconfinaMenti del suo Comune, nato per portare avanti iniziative di fratellanza in Bosnia Erzegovina». E i due, Bernardina Fior e Milo Lucatello, si aggregano subito per gestire operazioni analoghe a favore dei profughi armeni a Yerevan. Presto aiutano Faggi nella raccolta fondi, anche con altre realtà associative padovane, come Erika Odv. Poi passano all’organizzazione di eventi attraverso cui sensibilizzare più persone possibile e cercare nuovi contributi. Finché prendono parte alla piccola spedizione iniziata l’ultima settimana d’agosto, per essere ancora più consapevoli e dare una mano in loco. Con loro due e Faggi ci sono altre quattro persone: la moglie di quest’ultimo, Clara Carollo, l’amico Francesco Piazza, un’altra coppia composta dal pianista Giorgio Agazzi e da Camilla Caprioglio. «Ho coinvolto altra gente per mostrare l’Armenia così com’è, calandola nella situazione geopolitica attuale – aggiunge Faggi – Un gruppo piccolo e variegato per età e provenienza, ma compatto e motivato come piace a me. Anche se tutti gli altri partecipanti sono dovuti rientrare una settimana prima rispetto a me per varie esigenze personali, lo spirito collettivo è rimasto forte. Abbiamo viaggiato in lungo e in largo per il Paese, grazie a buone relazioni con le guide locali. Nella speranza che una volta in Italia, in particolare dalle nostre zone, si riesca ad aggregare altri per la causa. Lo stato di belligeranza di fatto non è mai terminato, ancora adesso ci sono scontri e incidenti di vario tipo alla frontiera con morti da una parte e dall’altra». Al centro della contesa resta il Nagorno -Karabakh, collocato dalla fine dell’Urss entro i confini del territorio azero, ma abitato da una nutrita minoranza armena, oltre che ricco di combustibili fossili. La prima guerra, terminata nel 1994, vede il successo di Yerevan. «La mancata disponibilità dei vincitori di allora verso un compromesso ha però gettato benzina sul fuoco, fino agli scontri di tre anni fa – continua Faggi – Stavolta l’Azerbaijan si è preso una bella rivincita sul piano militare, grazie al sostegno dei vicini turchi con droni moderni. Le difficoltà ad arrivare a compromessi accettabili e il quadro internazionale complicato, con il ruolo scomodo della federazione Russa, non infondono ottimismo. Vedremo prossimamente cosa riusciranno a ottenere i leader mondiali che faranno tappa tra i due Paesi». Milo Lucatellli e Bernardina Fior, i due volontari di SconfinaMenti, confermano quanto detto dal professore emerito di geografia, ma mostrano in compenso entusiasmo e contentezza per l’esperienza fatta. «È stato bellissimo: l’abbiamo vissuta come un’immersione totale in un contesto diverso che era carico di speranze e contraddizioni. L’Armenia costituisce una delle primissime civiltà cristiane e ha maturato negli anni un’identità molto forte – raccontano gioiosi, senza distaccarsi dall’attualità – Abbiamo visto di tutto: la vita notturna della capitale che non ha niente da invidiare alle grandi città europee e, in contrapposizione, le strade di campagna dove il tempo sembra essersi fermato, con capre e galline in giro e bancarelle improvvisate; panorami mozzafiato e antichissimi monasteri; il monte Ararat delle leggende bibliche al confine con la Turchia, dove però sono appostati cecchini turchi che ogni tanto mietono qualche vittima». Il loro è stato un viaggio anche tra i sapori locali, tra i piatti tipici a base di carne di agnello, formaggi di capra ed erbe caratteristiche. Fino all’incontro con i bambini, ragione che li ha spinti fin lì. «Declipse Armenia segue circa 160 bambini in attività scolare. Noi abbiamo incontrato una ventina di loro, dai sei agli undici anni, impegnati in attività di doposcuola: ripassavano materie scolastiche come fisica e matematica, ma c’era tanto spazio anche per l’animazione. Come SconfinaMenti abbiamo contribuito con il design di alcune magliette stampate in loco con il nostro logo e quello dell’Ong». Non è tutto, perché l’Italia è tenuta in grande considerazione e non soltanto come terra da cui proviene parte dei finanziamenti. «Ci ha colpito il grande interesse per il nostro Paese, del resto connessioni culturali ci sono da sempre, basti pensare alla comunità armena di Venezia. Senza dimenticare che in tanti sanno l’italiano e lo insegnano pure ai bimbi del doposcuola, seppure in forma di gioco: stavano imparando a dire i colori nella nostra lingua. Mentre, a nostra volta, abbiamo imparato qualcosa del loro idioma e alfabeto». Per quel che riguarda il supporto con i contributi, Dina e Milo assicurano di aver erogato quanto nelle loro disponibilità. «L’ultima volta abbiamo donato 1.500 euro con un bonifico. Mentre nelle prossime settimane organizzeremo nuovi incontri per far conoscere la situazione armena e sostenerne la causa».
Il Nagorno-Karabakh è una piccola regione montana del Caucaso il cui nome in azero significa “giardino nero di montagna”. Nel 1991 l’Azerbaijan ha dichiarato l’indipendenza da Mosca e il NagornoKarabakh, abitato prevalentemente da armeni, si è distaccato proclamandosi repubblica autonoma. Da allora Azerbaijan e Armenia si sono dichiarati guerra, conclusasi quattro anni dopo, nel 1994, con un bilancio di ventimila morti e oltre un milione di sfollati e rifugiati. La fine però non è una pace definitiva ma solo una tregua, e nel 2012 si intensificano gli scontri alle frontiere fino a sfociare in quattro giorni di cruenti scontri nel 2016 e alla nuova guerra di 44 giorni del 2020.
Declipse Armenia è un’organizzazione non governativa di beneficenza con sede a Yerevan, Armenia. Interviene prevalentemente a favore di persone colpite da catastrofi umanitarie all’interno e all’esterno di zone di guerra.
Il corridoio di Lachin è l’unica strada che collega il territorio del Nagorno-Karabakh con l’Armenia. Chiuso da luglio da parte del governo azero, sembra stia per essere riaperto; è essenziale per il rifornimento di viveri e beni di prima necessità.