Racconto e scienza si attraversano vicendevolmente, con romanzi che parlano di scoperte, e scienziati che raccontano le loro scoperte in modo spesso convincente e comprensibile.
Il cammino di purificazione in attesa della Resurrezione non è solo quello liturgico, ma qualcosa di più profondamente legato alla sofferenza interiore.
Il 4 e il 5 marzo i due Lucio, Dalla e Battisti, avrebbero compiuto ottant’anni. Nati l’uno a Bologna, l’altro a Poggio Bustone, in provincia di Rieti (che non è in Ciociaria come è stato scritto da alcuni), hanno contribuito a riportare la poesia nella canzone, dimostrando che non era solo questione di musica francese, dai trovatori a Brel e a Brassens, o di Bob Dylan e di radici folk e blues. Anche perché in Italia quella fusione c’è sempre stata, fin dai tempi di Dante, e pure prima. Non è un caso che nel secondo canto del Purgatorio un amico di Dante, Casella, intoni una canzone (e già questo sostantivo ci dovrebbe dire qualcosa) dello stesso Alighieri, “Amor che nella mente mi ragiona”.
“Mi fa tanto male…non ce la faccio più…” Il canto del violoncello fa commuovere il paziente, suo figlio e suo nipote e li culla tutti insieme. E piangono tutti e tre, appiccicati uno all’altro, come una statua congelata, plasmata dalla sofferenza”. Una violoncellista francese, Claire Oppert, diplomatasi al conservatorio statale di Mosca “P. I. Tchaikovsky”, nonché filosofa, suona per i pazienti gravi, per i ragazzi autistici, per gli affetti da schizofrenia. Non solo allieva il loro dolore, ma dà vita ad un nuovo protocollo, “La cura Schubert”, che, secondo un primario può essere tradotto nella formula “10 minuti di Schubert=5 mg di Oxynorm (un antalgico simile alla morfina, ndr)”.
L’evento dell’esposizione di 50 opere del Kröller Müller Museum di Otterlo a Palazzo Bonaparte a Roma (fino al 23 marzo) riapre la grande, abissale questione del rapporto tra disagio mentale, ciò che chiamiamo follia, e genio, artistico e no.
Dietro le rime amore-cuore, dietro le facili ironie, dietro gli attacchi iper-intellettualistici, Sanremo nasconde altro. Breve storia di un Festival che ha saputo parlare molti linguaggi