The italian banker del regista padovano indipendente Alessandro Rossetto dipinge il crollo di un modello finanziario privo di valori, cinico, a sua volta disperato. Il crack delle banche venete è lo spunto di partenza
Non è un film sulle banche venete. Fugando ogni dubbio di fraintendimento per coloro che andranno a vederlo in sala nei prossimi giorni, The italian banker del regista padovano Alessandro Rossetto è la massima espressione di finzione cinematografica.
La stilizzazione del bianco e nero, l’unità di spazio e tempo, l’innaturalezza della recitazione immergono in una notte sospesa dopo un crack finanziario che ha travolto tutti, senza lasciare dietro di sé né vincitori né innocenti. Non si salva nessuno di questa borghesia fredda, cinica, priva di qualsiasi tratto umano descritta da Rossetto. «Nel film non si vedono le terre venete – racconta il regista – ma le questioni sono legate alla comunità del Nordest, da qui partono e si sviluppano dipingendo élite padronali, rapaci e violente che danno l’idea di un’umanità mal gestita».
L’élite borghese, che si riunisce a una festa, non prova sentimenti, emozioni, resta anestetizzata, in attesa del prossimo che cadrà dalla torre sacrificato al dio denaro, nel brivido che non accada mai a se stesso. L’ingresso in scena di Carrer, il presidente della banca fallita n questione, rompe l’incanto fasullo, raccontando nel suo sproloquiare la propria verità, immerso in un silenzio indecifrabile. «La villa è bianca, gli ospiti sono tutti vestiti di nero e creano quel contrasto di luce necessario a esprimere l’incalzante tragicità del racconto».
The italian banker sembra chiudere una trilogia, sebbene Rossetto ammetta non sia stata un’operazione voluta: «Nel primo film, Piccola patria, c’erano i disperati, coloro che non ce l’hanno fatta; il secondo, che trae ispirazione dal romanzo Effetto domino di Romolo Bugaro, si concentra su un’imprenditoria ormai superata dalla globalizzazione e, infine, The italian banker ruota attorno al gotha finanziario freddo e cinico». Alla fine, il Nordest non fa una gran bella figura.
In sala dal 7 ottobre, la pellicola con un’anima tutta padovana – è prodotta da Jole film, distribuita da Parthenos e ha un cast tutto veneto – possiede un alto valore autoriale. Il rammarico è che poche siano al momento le sale coraggiose (solo a Padova, Treviso e Vicenza) che abbiano deciso di inserirlo in programmazione.
D’altronde Alessandro Rossetto sa di essere un regista indipendente, fedele a se stesso: «So di non fare sconti. Ho in mente molti progetti nuovi, ma fatico non poco a trovare chi mi produca e l’arte cinematografica è sempre più costosa». La pandemia ha dato un duro colpo al cinema che già era avviato lungo un’inesorabile china discendente e ha dotato di ampi margini di manovra le piattaforme digitali che ormai spopolano in ogni salotto, se non addirittura in ogni stanza, e che si sono accaparrate enormi fette di pubblico.
Ma Alessandro Rossetto si vedrebbe coinvolto in una produzione di questo tipo? «Mi vedrei benissimo, ma alle mie condizioni: sono uno sperimentatore, non potrei mai appiattirmi sugli standard richiesti dai responsabili delle produzioni italiane per le piattaforme che non ti vedono come regista, ma banalmente solo come “uno che gira”. Il gusto è degradato, piuttosto schiacciato su ciò che prima era rappresentato dalla banalità delle reti Mediaset». In Europa le cose sembrano funzionare diversamente, invece: «All’estero c’è più libertà, più coraggio nelle produzioni. Penso al Nord Europa, addirittura alla Turchia, che offrono opere seriali con passi più autoriali».
L’idea del film parte dalla piéce teatrale di Romolo Bugaro Una banca popolare, che lo stesso Rossetto ha sceneggiato insieme allo scrittore e che il Teatro Stabile del Veneto ha portato sul palcoscenico la scorsa primavera. Sul grande schermo approda in forma ancor più originale, riuscendo a trasmettere tutta l’angoscia e il disorientamento di una casta ormai dai giorni contati.
The italian banker è stato girato nella villa palladiana Rocca Pisana a Lonigo (Vicenza). Gli interpreti sono tutti veneti, da tempo lavorano con Rossetto, come Mirko Artuso, autore e attore di teatro, direttore artistico del Teatro del pane; Diego Ribon, che ha interpretato ruoli anche negli altri due film della “trilogia” sul Nordest, la vicentina Sandra Toffolatti, Fabio Sartor nel ruolo di Carrer.
