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Speciali | Dal Campo Alla Tavola

domenica 28 Settembre 2025

Coltivate fin dall’Ottocento, le patate sono il vanto di Rotzo

Emanuele Cenghiaro

Arrivata in Europa dall’America del Sud nel corso del Cinquecento, la patata è diventata un alimento cardine in molte Nazioni europee, ed è immancabile anche sulle tavole italiane. Il suo successo non fu però immediato: pare che a promuoverne il consumo sia stata soprattutto la carestia del 1816-17 e la ricerca di alimenti alternativi. Nella seconda metà del secolo arrivò anche sull’Altopiano di Asiago dove trovò, in particolare a Rotzo, un ambiente ideale grazie alla presenza di pietre e ghiaia che rendono il terreno sciolto e privo di ristagni idrici, un clima mite e una buona escursione termica tra il giorno e la notte. Molti iniziarono quindi a coltivarla, all’inizio solo per consumo personale.

Vista la qualità del prodotto e le ottime condizioni ambientali, nel Novecento Rotzo assunse importanza come luogo di coltivazione, per conto del Ministero dell’agricoltura, di patate da seme della varietà Bintje, che ancora oggi è la tipologia più coltivata nella zona assieme, in misura minore, alla rossa Desirée. A portare avanti la tradizione vi sono oggi numerose famiglie, proprietarie di piccoli appezzamenti, in gran parte riuniti in un’associazione di produttori che, quest’anno, ha compiuto i 25 anni di vita.

«Siamo in tutto 14 soci – racconta Matteo Dal Pozzo, presidente dell’Associazione Produttori Patata di Rotzo – e produciamo circa duemila quintali di patate all’anno, un terzo del totale. Quanto al resto della produzione, circa metà la fa un’unica azienda, la società agricola Zecchinati; quello che rimane viene da altre piccole aziende a carattere familiare. Come associazione, per statuto promuoviamo la coltivazione della patata varietà Bintje, che per caratteristiche organolettiche è un prodotto di eccellenza che nel nostro territorio trova terreno ideale, ed è perfetta per gli gnocchi. Purtroppo non ne possediamo il seme, che dobbiamo acquistare ogni anno ed è sempre più difficile da reperire».

La Bintje è, infatti, una patata di qualità, ma non ha grandi rese, è piccola e di forma irregolare, poco adatta al mercato e poco coltivata nel resto del mondo. Il raccolto, a Rotzo, non fa però fronte alle richieste e si moltiplica la domanda di seminare altre varietà più produttive: finora gli agricoltori hanno resistito.

«Dica pure che sono preoccupato e arrabbiato – afferma il sindaco di Rotzo, Lucio Spagnolo – perché ci sono voci che qui si compri prodotto da altri per rivenderlo come patate di Rotzo. Il nostro prodotto è venduto tutto prima di Natale, e non ci interessa squalificarlo. Se trovate in vendita a gennaio e febbraio patate definite di Rotzo, sappiate per certo che non sono nostre».

Il Comune negli ultimi due anni si è impegnato in un ulteriore progetto di valorizzazione: in collaborazione con Luisa Andrenelli dell’Università di Firenze e il sussidio di Giovanni Guarda, già direttore dell’Istituto di genetica e sperimentazione agraria “Strampelli” di Lonigo, si è riusciti a trovare un seme antico da un produttore di Asiago. «Si tratta di quella varietà viola – continua il sindaco – di cui parla anche Mario Rigoni Stern nel racconto Storia di Tönle, diffusa fin dall’Ottocento. L’abbiamo chiamata la “Mora della Reggenza”. Non è molto produttiva, non soppianterà nell’Altopiano le altre varietà, ma stiamo provando a riprodurla in una serra perché venga coltivata nuovamente e diventi un simbolo della storia della patata, un assaggio intelligente di un prodotto sano e coltivato da sempre».

Un terreno vocato alla patata

Il terreno magro e il clima asciutto hanno reso l’Altopiano, e Rotzo in particolare, un luogo adatto alla coltivazione del tubero proveniente dalle Americhe. Se ne producono circa seimila quintali all’anno, quasi tutti di un’unica qualità, e c’è chi le prenota di anno in anno: il prodotto è poco e viene tutto venduto entro un paio di mesi dalla raccolta.

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