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Speciali | Dal Campo Alla Tavola

mercoledì 1 Ottobre 2025

Il fotovoltaico su terre rurali fa ancora discutere

Emanuele Cenghiaro

Basta consumare terreni agricoli per produrre energia, e basta cementificazione. La recente notizia di una ennesima richiesta di cambio di destinazione d’uso di suolo agricolo, stavolta in territorio di Castelguglielmo, in provincia di Rovigo, preludio all’installazione di un nuovo parco fotovoltaico a terra, ha suscitato le proteste in particolare degli agricoltori di Coldiretti. Ma la questione non è solo la sottrazione di terreni alla produzione di cibo e il contrasto alle speculazioni: c’è anche una questione ambientale. In periodo di cambiamenti climatici, Cia Padova ha calcolato che nei grossi centri urbani padovani, a motivo della cementificazione, quest’estate si siano raggiunti fino a 3 °C in più di calore rispetto alle campagne.

In questa situazione, il territorio padovano si conferma come l’area veneta con maggiore consumo di suolo, come riporta l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale): la metà della superficie della città, il 49,76 per cento, è andata irrimediabilmente perduta; in provincia la percentuale scende al 18,69 per cento. «Una situazione drammatica – sottolinea Cia Padova – perché continuare a costruire in maniera selvaggia rende il nostro territorio oltremodo vulnerabile. Da anni chiediamo con urgenza l’approvazione di una legge nazionale sul consumo di suolo: è ferma in Parlamento».

Il tema del fotovoltaico è collegato strettamente al consumo di suolo: il cambio di destinazione d’uso di un terreno da agricolo a produttivo consente di superare l’attuale divieto regionale, previsto dalla legge 17 del 2022, di realizzare impianti fotovoltaici a terra. La legge, insomma, c’è ma non è impossibile superarla. Nel 2024 è stata rafforzata ulteriormente a livello legislativo la centralità dell’agricoltura nella realizzazione di sistemi agrivoltaici, rendendo necessario dimostrare che il piano culturale è presentato da un imprenditore agricolo, il quale deve garantire la continuità dell’attività colturale.

Quello di Castelguglielmo è solo l’ultimo episodio, ha fatto notizia anche per l’estensione, sette ettari. «La nostra linea è “sì” allo sviluppo delle energie rinnovabili – afferma Carlo Salvan, presidente di Coldiretti Veneto – ma un “no” senza se e senza ma alla sottrazione di terreni a vocazione agricola. L’agricoltura è la protagonista del cambiamento, come dimostrano i tanti impianti fotovoltaici installati sui tetti delle aziende agricole, delle stalle, dei magazzini e degli edifici rurali, anche grazie al fondamentale contributo dato dal bando nazionale “Parco agrisolare”. Non è accettabile che, dopo tutte le battaglie fatte per far comprendere che il consumo di suolo agricolo va contrastato, preferendo altre forme di transizione ecologica come l’agrivoltaico (dove i pannelli sono montati ad altezza tale da consentire pratiche di coltivazione) si assista a un caso come quello di Castelguglielmo».

Meno suolo significa meno terre per i giovani agricoltori

L’incremento del consumo di suolo nell’ultimo anno è stato di 2,3 metri quadrati al secondo per un totale di 72,5 chilometri quadrati, ovvero in media 20 ettari al giorno, in leggero calo rispetto all’anno scorso. In buona parte sono terreni sottratti all’agricoltura e al dato concorrono anche gli impianti fotovoltaici a terra. Come fa notare Ispra, il fenomeno è più intenso nelle aree già compromesse. «Soltanto attraverso una normativa chiara ed efficace – precisa il presidente di Cia Padova, Luca Trivellato – sarà possibile tutelare una risorsa fondamentale per gli agricoltori e per la comunità intera; un suolo fertile, infatti, rappresenta l’argine più prezioso contro l’inquinamento e il dissesto idrogeologico».

La riduzione di suolo libero causa, inoltre, una crescita dei costi dei terreni agricoli e comporta l’impossibilità per le aziende, e soprattutto per i giovani imprenditori, di poter avviare o ingrandire un’attività.

«Troppo spesso – aggiunge Trivellato – le istituzioni locali, regionali e nazionali, sembrano dimenticarsi che il suolo è un bene primario e non rinnovabile. Non solo, con la corsa alla cementificazione, ovvero alla desertificazione, si mette a rischio il sistema di tenuta idrogeologico della provincia. In caso di eventi avversi eccezionali, le acque meteoriche non vengono drenate in maniera corretta e finiscono per provocare danni ingenti alle coltivazioni e agli agglomerati urbani. Noi chiediamo che non venga cambiata la destinazione d’uso degli appezzamenti ancora liberi nell’ambito dei futuri piani degli interventi comunali».

Da parte loro, ricorda Cia, i municipi sono chiamati a redigere bilanci dei consumi di suolo finalizzati al riutilizzo di spazi e edifici mediante incentivi ad hoc.

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