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Speciali | Dal Campo Alla Tavola

mercoledì 1 Ottobre 2025

Un 2025 non senza criticità per le mele e il mais veneti

Emanuele Cenghiaro

Funghi, malattie e insetti nocivi: da sempre l’agricoltura vi fa i conti. Nel 2025 hanno avuto meno problemi i vigneti, con ridotti attacchi di peronospora, ma a soffrire, nel Padovano, sono state altre coltivazioni.

Nella Bassa Padovana, secondo la rilevazione di Cia Padova, si è perso fino al 90 per cento del raccolto di mele a motivo del colletotrichum acutatum, una malattia fungina che si sviluppa col caldo umido e che da tre anni a questa parte ha superato il livello di guardia. Un problema soprattutto per i produttori biologici, che non possono usare determinati agenti chimici.

«Non si tratta di una macchia di marciume sulla singola mela – racconta Mario Tabarelli, storico produttore di mele bio a Masi – ma di un’epidemia che sta letteralmente distruggendo la stragrande maggioranza dei frutti, indipendentemente dalla varietà. La comunità scientifica sta studiando dei rimedi; al momento, però, non sono state trovate delle soluzioni adeguate». L’infezione è resistente, non basta togliere le mele ammalate, bisogna pure ripulire il terreno rischiando di dover, alla fine, ricorrere all’estirpazione.

Un altro flagello recente è la cimice asiatica, che per la prima volta quest’anno ha distrutto alcuni campi di mais tra il Piovese e il Conselvano: gli insetti praticano una sorta di puntura direttamente sulle spighe, che si afflosciano, e dentro si vengono a creare dei funghi. Se finora si erano limitati ad attaccare le pannocchie ai bordi dei fondi agricoli, ora iniziano a penetrare all’interno, con danni fino al 50 per cento. Non esistono rimedi adeguati al contrasto dell’insetto alieno e l’introduzione dell’antagonista vespa samurai in Veneto, avvenuta nel giugno del 2020 – come ricorda Cia Padova – non ha portato i risultati attesi. «L’auspicio – osserva il presidente Cia della zona di Piove di Sacco, Federico Bettini – è che non aggredisca anche la soia, altra coltivazione tipica nostrana, 30 mila ettari nel padovano: sarebbe un completo disastro».

Un altro coleottero parassita o “punteruolo della bieta” (Lisso Lixus junci), ha contribuito a una negativa annata per le barbabietole da zucchero: «Sempre di più stiamo portando avanti un’agricoltura di resistenza, con una miriade di incognite sullo sfondo – osserva anche il presidente Cia della zona Este-Montagnana, Emilio Cappellari – alle istituzioni chiediamo un supporto concreto, non solo in termini di rimborsi ma con scelte che vadano nella direzione di una valorizzazione vera del primario».

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