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Giada Borgato, 32 anni a giugno ed ex-ciclista originaria di Legnaro, è la prima voce tecnica femminile nella storia del Giro d’Italia
A lei il ruolo di commentare le tappe su Rai Sport a fianco di Francesco Pancani
A lei il ruolo di commentare le tappe su Rai Sport a fianco di Francesco Pancani
L’aria del ciclismo l’ha respirata fin dalla culla, mossa dalle pedalate di papà Aldo, prima corridore dilettante e successivamente a lungo direttore sportivo. «Anni bellissimi e spensierati», ricorda Giada Borgato: gli inizi a sette anni con la Polesana di Rovigo per passare poi all’Us Rubano e i primi successi cerchiati in rosso sul calendario come il titolo italiano esordienti nel 2002 e la Coppa Rosa da allieva nel 2005. Facile parlare di tappe quando si è immersi nel ciclismo, ma quella che sta vivendo l’atleta originaria di Legnaro è qualcosa di unico e indimenticabile: a fianco del telecronista Francesco Pancani, sarà, infatti, la voce tecnica di Rai Sport per il Giro d’Italia numero 104, in partenza da Torino sabato 8 maggio. La prima donna in assoluto in un ruolo che fu di Gimondi, Adorni, Cassani, Martinello e Bugno.
«No, assolutamente non me l’aspettavo – confessa Giada Borgato – Speravo nell’anteprima o forse nel Processo alla tappa, ma non certo un ruolo così centrale, così importante. Accompagnare e descrivere la cronaca della corsa, interpretare le varie fasi, cercando pure di fare appassionare è proprio una novità. Sarò la prima donna a commentare gli uomini ed è chiaro che un po’ di ansia la sento, ma per fortuna ho accanto una squadra forte ed esperta. Sono ventuno giorni di corsa, letteralmente: l’importante è ricominciare per bene il giorno dopo».
Juniores col Cielo Club Breganze, da professionista ha vestito le maglie di Menikini Selle Italia, Gauss Magneti, Chiro Forno d’Asolo e Diadora Pasta Zara dove nel 2012 ha vinto il campionato italiano, stesso anno della convocazione in Nazionale per il Mondiale di Valkenburg, in Olanda. Poi ancora Diadora ed Estado de Mexico prima del ritiro dall’agonismo nel 2014 accompagnato da un messaggio premonitore sul ciclismo femminile nel quale esortava le più giovani a continuare su questa strada: «Il movimento sta facendo dei passi avanti e non parlo solo del ciclismo – spiega convinta Giada – Anche i social hanno aiutato: prima non si conoscevano i nomi delle atlete. Non siamo ancora certo alla parità, ma almeno ci si sta muovendo».
Le ventuno tappe del Giro d’Italia se l’è studiate una per una, appuntando così tante note da poterci scrivere quasi un libro per ciascun intermezzo. E non si è soffermata esclusivamente sul percorso, ma sulle bellezze del territorio e l’arte che le serpentine di strade incroceranno da Nord a Sud della penisola. Le stesse serpentine della sua frenetica e giovane vita piena di sacrifici: gli studi all’istituto Einaudi-Gramsci di Padova, l’ultimo anno delle superiori quando era già nella categoria élite, col bus o col motorino dritti a casa, un pranzo fugace, gli allenamenti e poi testa sui libri la sera o il giorno dopo, mattina presto prima di andare a scuola.
«Ho smesso presto, però ho comunque fatto sette stagioni come élite – afferma orgogliosa la nuova commentatrice del Giro – Ricordo le grandi ambizioni che avevo all’inizio, a livello giovanile avevo vinto tanto, parlavano di me come di un possibile astro nascente. Già da juniores l’approccio era meno facile, comunque bravina, comunque in Nazionale sentivo dire. C’è stato poi il passaggio alla categoria élite e lì ho trovato tutta un’altra realtà, molto ma molto diversa. Io ragazza di 18 anni a misurarmi con donne fatte ed esperte: tanta e tanta fatica. Non c’era la tecnologia che c’è adesso ed era ancora povero quel nostro ciclismo, ricordo viaggi infiniti per arrivare alle gare del Nord, i materiali non ancora al top, quel pressapochismo che ci accompagnava e che non potevo non vedere. L’ho patito sino a perdere l’entusiasmo e con sempre meno voglia così di uscire, di allenarmi».
Più di qualcosa è cambiato nel mondo del giornalismo sportivo e Giada Borgato sta facendo e farà la sua parte, come sottolinea il giornalista Stefano Rizzato, impegnato nella moto cronaca, che sul suo profilo Twitter parla di caduta delle barriere di genere e un momento storico.
“Amore infinito” è lo slogan che accompagna la competizione ciclistica nazionale color rosa, lo stesso sentimento incondizionato che Giada prova e proverà per sempre per le corse libere in sella: «La corsa che proprio non dimentico? Dai, non può che essere il campionato italiano Élite 2012, il mio unico successo da professionista. Un ricordo poi in cui c’è tanto e tanto altro, con mia madre che subito dopo la gara mi dà la notizia della morte di mio nonno. Oppure le corse nelle Fiandre, quell’atmosfera che si respira lassù, che tanto emoziona. Oggi di bici ne ho due, una a Cortona, in provincia di Arezzo, dove vivo e una in Veneto, quando torno. Vado sempre a farmeli i miei giretti perché la bici mi fa stare bene».
Prodotto da Rcs, organizzatrice dell’evento, il volume raccoglie tutte le informazioni ed è chiamato così perché nel 1961 – anno del centenario dell’Unità – riportava l’immagine dell’eroe dei due mondi.