Giornata del ringraziamento: gli agricoltori ad Asiago in memoria della Grande guerra

Domenica 8 novembre, le Coldiretti di Padova e di Vicenza celebrano la Giornata del ringraziamento sull'altopiano di Asiago: zona condivisa dalle due associazioni di categoria, ma soprattutto triste scenario di guerra cent'anni fa. Intervista a Giovanni Pasquali, neodirettore della federazione padovana, per anni alla guida di quella vicentina.

Giornata del ringraziamento: gli agricoltori ad Asiago in memoria della Grande guerra

Da qualche mese la Coldiretti Padova ha un nuovo direttore: è Giovanni Pasquali che, dopo aver guidato la federazione di Vicenza per anni, quest’anno festeggia la Giornata del ringraziamento di domenica 8 novembre con il gemellaggio delle due federazioni venete. «Abbiamo scelto Asiago come sede della festa perché porta ancora i segni della Grande guerra – spiega Pasquali – e perché l’altopiano si trova in provincia di Vicenza, ma è parte della diocesi di Padova: unisce le nostre due federazioni. Un secolo fa su quelle montagne infuriava la guerra, ora vogliamo portare un messaggio di pace e tenere viva la memoria di quanto accaduto. Per questo, prima di dirigerci in duomo per la celebrazione del ringraziamento, raggiungiamo il sacrario per rendere omaggio a tutti i caduti. Non dimenticando che a patire per la guerra furono soprattutto i nostri contadini».
Quest’anno il tema del tradizionale messaggio dei vescovi italiani per la Giornata del ringraziamento è “Il suolo, bene comune”. Come accogliete questo spunto di riflessione?
«Non è un caso che, proprio quest’anno, la scelta sia ricaduta su questo argomento. Del resto ne parla anche la recente enciclica di papa Francesco Laudato si’, incentrata sul rispetto e la salvaguardia dell’ambiente. Che la Cei approfondisca è un’ulteriore occasione di riflessione su un tema che ci vede protagonisti. L’agricoltore è il primo custode del territorio, perché ci vive e ci lavora. Senza suolo non c’è agricoltura, senza la terra non si coltiva. Ma l’ambiente va tutelato e difeso, non solo dalle calamità naturali, ma anche dall’azione stessa dell’uomo come la cementificazione selvaggia, l’abbandono di aree rurali, soprattutto in montagna; non dimenticando l’attacco della fauna selvatica alle coltivazioni. Ebbene, l’imprenditore agricolo ha un ruolo non solo nella mera lavorazione della terra, ma nella salvaguardia del territorio. Per questo gli agricoltori devono essere messi nelle condizioni di trarre un reddito dignitoso dal proprio impegno quotidiano».
Come avete accolto l’intervento del governo sulla fiscalità? Quali altri interventi ritenete necessari per ridare impulso all’economia del settore primario?
«Il taglio di Imu e Irap è un segnale incoraggiante che porta una boccata d’ossigeno alle nostre imprese. Non è la soluzione di tutti i problemi, ma un primo concreto passo avanti. Renzi ha mantenuto l’impegno preso di fronte ai nostri agricoltori all’assemblea nazionale di Expo. Da solo, però, non basta. Dobbiamo dare alle nostre imprese gli strumenti idonei per crescere, essere competitive e continuare a produrre le tipicità. Per questo servono misure adeguate sia sulla fiscalità che per il sostegno alle imprese e all’innovazione, a partire dall’apertura dei bandi del piano di sviluppo rurale del Veneto. I nostri giovani agricoltori hanno idee e progetti da far crescere, hanno aziende da ampliare o da costruire ex novo, aspettano solo le condizioni per farlo. Non possiamo viaggiare al passo della burocrazia».
Coldiretti ha più volte denunciato le minacce al made in Italy da parte di prodotti stranieri e chiesto l’etichettatura per tutti gli alimenti. Non è un eccesso di protezionismo?
«No, perché nessuno mette in discussione il libero scambio delle merci. Però le regole devono essere uguali per tutti. Invece, come abbiamo denunciato al Brennero, ogni giorno siamo “invasi” da prodotti di dubbia provenienza che, varcate le frontiere, diventano “italiani”. Questa è concorrenza sleale, uno schiaffo alle imprese oneste che tengono alta la bandiera del vero made in Italy. Non possiamo permettere che questo accada e l’Europa non può stare alla finestra. Pensiamo a quanto successo con il caso del “formaggio senza latte”. Solo dopo la nostra ferma opposizione la Ue ha fatto marcia indietro. Noi saremo pronti a mobilitarci ogni qualvolta le eccellenze del made in Italy e l’agricoltura dei veri agricoltori saranno messe a rischio».
È dei giorni scorsi l’ennesimo allarme sanitario che investe le carni rosse. Che messaggio dare ai consumatori?
«Di fare attenzione ai falsi allarmi e ai titoli “gridati”, di prendere con molta cautela queste notizie che arrivano da contesti alimentari ben diversi da quello italiano. Come abbiamo detto non appena è scoppiata la polemica, la carne nostrana è di qualità nemmeno paragonabile a quella di altri paesi ed è al primo posto anche per sicurezza alimentare, con i numerosi controlli di carattere sanitario lungo tutta la filiera. È uno dei pilastri della dieta mediterranea, ovviamente va consumata con la dovuta attenzione. Le nostre aziende sono sottoposte a rigorosi e severi controlli lungo l’intero ciclo produttivo e la sicurezza alimentare è al primo posto. Le nostre carni non sono trattate con ormoni, a differenza di quelle americane, e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione. L’ennesimo falso allarme che non riguarda le nostre produzioni conferma piuttosto la necessità di accelerare nel percorso dell’obbligo di etichettatura d’origine per tutti gli alimenti, a partire dai salumi».