Siamo vivi per miracolo. Ma il tornado non ci ha sconfitto. La burocrazia però...

Mercoledì 8 luglio 2015, ore 17.28. L'orologio si ferma in molte case lungo la Riviera del Brenta.
Mira (Porto Menai), Dolo tra Sambruson e la località Cesare Musatti, Cazzago di Pianiga. L'Arpav classifica il tornado come EF4, uno dei più intensi mai verificatisi in Veneto, con un vento tra i 270 e i 320 km/h.
Sono minuti di disperazione per i residenti, come Stefano e Mariastella, il cui panificio viene devastato. Come Francesco, la cui casa viene scoperchiata. Li ha aiutati la solidarietà della gente, che oggi ricambiano sentendosi vicini ai terremotati del Centro Italia. Ma sulla strada della ricostruzione pesa, come un macigno, la burocrazia.

Siamo vivi per miracolo. Ma il tornado non ci ha sconfitto. La burocrazia però...

Stefano e Mariastella erano in casa, quel pomeriggio dell'8 luglio 2015, a un chilometro in linea d'aria dal panificio di loro proprietà in località Cesare Musatti a Dolo.
Francesco tirava con l'arco con i ragazzi che allena. Una telefonata ha cambiato le loro vite.

«L'8 luglio di quest'anno io e mio marito Stefano abbiamo deciso di tenere chiuso il panificio – racconta Mariastella Cacco – volevo festeggiare la vita. Se fossi stata in negozio, probabilmente sarei morta. Il vetro antisfondamento della porta d'ingresso non ha resistito e una scheggia, come un proiettile di cannone, è volata nella direzione dove mi trovo di solito a quell'ora. Invece eravamo a casa. Io sistemavo la cucina, mio marito Stefano riposava. Ci ha chiamato Tania, la ragazza del bar di fronte al nostro panificio: gridava e piangeva, diceva che il panificio non c'era più».

Stefano e Mariastella sono partiti con il cuore in gola. Trovano la statale 11 bloccata, lasciano l'auto e proseguono a piedi.
«C'erano solo sirene e distruzione – ricorda Mariastella – quando sono arrivata a villa Fini, vicino al panificio, ho iniziato a piangere».
Dopo i primi attimi di smarrimento il pensiero va a come ripartire: «Ho lasciato tutto in ordine – racconta Stefano – e quando sono entrato due ore dopo nel mio panificio non avevo più niente. Era tutto grigio fango. Sono arrivati mio suocero, mio cognato, abbiamo chiamato l'assicuratore che ci ha detto di fotografare tutto e abbiamo iniziato a lavorare. Abbiamo pulito il più possibile, coperto il tetto con un nylon e il giorno seguente al presidente Zaia passato di qui ho chiesto l'aiuto per riprendere subito. Il sindaco di Dolo ha inviato l'Ulss e quattro giorni dopo, il lunedì, ho prodotto un quintale e mezzo di pane».

La rivendita aperta quasi subito, il negozio dopo due mesi e mezzo, 80 mila euro di danni e molte difficoltà con l'assicurazione, ma Stefano e Mariastella non dimenticano l'aiuto gratuito di quei giorni.
«La gente, i ragazzi – ripensa commosso Stefano – non potrò mai dimenticarli». Una solidarietà che hanno ricambiato inviando soldi alle popolazione del Centro Italia: «La vita continua – ricordano – il tornado non è un lontano ricordo ma il più è passato».

Un piccolo artigiano, una famiglia

Francesco Gislon aveva appena cercato riparo con i ragazzi che allena a Borgoricco quando ha chiamato la moglie: in via Fratelli Bandiera a Dolo, dove si trovava con il figlio non c'era più nulla.
«Pensavo avesse esagerato un po' – inizia Francesco – ma non si sbagliava. La mia casa era senza tetto, solo con i solai, tutte le travi in cemento erano volate via. Il giardino, un disastro. Mia moglie e mio figlio sono vivi per miracolo».

Hanno vissuto fuori casa, ospiti di amici, fino al 27 marzo.
Prima di partire con i lavori Francesco ha tenuto l'atteggiamento prudente di chi cerca di capire come muoversi per fare le cose in modo corretto e da subito ha provato a condividere il dolore e la disperazione con le altre persone colpite fondando l'associazione Famiglie del tornado che conta duecento soci.
«Non sono più presidente adesso – spiega – ma l'associazione va avanti. Quando accadono eventi simili cerchi di dare un senso a quanto stai vivendo, cerchi di condividere con gli altri e di fare qualcosa, ma con fatica le istituzioni ti riconoscono come interlocutore. Adesso ho capito che la prima cosa da fare è darsi del tempo: io non ci sono riuscito. Un amministratore dovrebbe avere nel cassetto un vademecum per spiegarci le procedure. Io sono stato fuori casa quasi un anno, ma quando non hai risposte cerchi di arrangiarti».

Lavori fatti in economia, il tetto riparato con materiale usato. Il 40 per cento dei danni, 90 mila euro, sono stati coperti dall'assicurazione, il resto con l'aiuto di amici.

«Non ho finito – conclude – devo cambiare la cucina, sistemare il tetto del garage, ma ai soldi messi a disposizione dallo stato ho rinunciato. Non li voglio, troppe carte. Qualcuno ne ha più bisogno, li prendano altri».

Il tornado che devastò la Riviera

Mercoledì 8 luglio 2015, ore 17.28. L'orologio si ferma in molte case lungo la Riviera del Brenta.
Mira (Porto Menai), Dolo tra Sambruson e la località Cesare Musatti, Cazzago di Pianiga. L'Arpav classifica il tornado come EF4, uno dei più intensi mai verificatisi in Veneto, con un vento tra i 270 e i 320 km/h.
Sono minuti di disperazione per i residenti, al termine dei quali il paesaggio è la triste e desolata immagine di un bombardamento. Un uomo di 63 anni, Claudio Favaretto, muore nella sua auto rovesciata dal vento. I feriti sono più di cento. La zona per ore è isolata. Mancano energia elettrica e gas, difficili le comunicazioni telefoniche.
La macchina dell'emergenza si mobilita: al lavoro vigili del fuoco e protezione civile, trenta ambulanze in campo, vengono attivati gli ospedali, si alzano in volo gli elicotteri.

Non passa un'ora che la gente della Riviera inizia a pensare alla ricostruzione.
Attorno alle popolazioni colpite scatta una commovente gara di solidarietà. Gli angeli delle macerie arrivano da ogni parte del Veneto: uomini, donne, tanti giovani.

La conta dei danni è impressionante.
Dolo, il comune più colpito, sottoscrive un bilancio di 72 milioni di euro compresa villa Fini, edificio secentesco ancora oggi ridotto in macerie. 400 le ordinanze di sgombero, oltre 60 le famiglie costrette a trasferirsi: quattro vivono tuttora in alloggi esterni con l'aiuto del comune.
A Cazzago sono 270 i danneggiati, con una stima di circa 10 milioni di euro di danni. E poi c'è Mira.

La regione stanzia 5 milioni e mezzo di euro.
A tredici mesi dall'evento, a ferragosto arrivano anche i fondi tanto attesi dallo stato. Per la Riviera del Brenta sono 33 milioni di euro, che per buona parte non verranno però usati.
A Dolo sono solo 52 le domande presentate, una cinquantina quelle di Cazzago di Pianiga.

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