«Aiutiamoli a casa loro»? Basterebbe non depredarli...

Lo stallo in cui stanno le migrazioni assomiglia a una stalla in cui si sente odore di marcio. Le esalazioni mefitiche si avvertono dalle parti del Brennero, dove si sta costruendo una barriere anti-immigrati; in Austria, dove ottiene la maggioranza il partito di estrema destra anti-migranti; a Roma, dove la corsa all’elezione del sindaco ha il simbolo della ruspa “distruggicampirom” per raccogliere consensi; in Croazia, dove si discute un disegno di legge che rende reato tendere la mano per dare del pane agli immigrati. 

«Aiutiamoli a casa loro»? Basterebbe non depredarli...

Lo stallo in cui stanno le migrazioni assomiglia a una stalla in cui si sente odore di marcio. Le esalazioni mefitiche si avvertono dalle parti del Brennero, dove si sta costruendo una barriere anti-immigrati; in Austria, dove ottiene la maggioranza il partito di estrema destra anti-migranti; a Roma, dove la corsa all’elezione del sindaco ha il simbolo della ruspa “distruggicampirom” per raccogliere consensi; in Croazia, dove si discute un disegno di legge che rende reato tendere la mano per dare del pane agli immigrati. 
Se per il cristianesimo questo è l’anno della misericordia e delle opere di misericordia, da un’altra parte si vive l’anno della discordia.
Fra poco, quando le condizioni del tempo e del mare spingeranno chi sta bene in vacanza e chi sta male a tentare la traversata, assisteremo alle consuete isterie.
Ci sarà il solito rimedio dei populisti e degli incompetenti, che è quello di fermare i barconi in mezzo al mare, di fare un blocco navale innanzi alle coste africane, di usare gli incursori della marina militare per distruggere le imbarcazioni degli “scafisti”, di utilizzare i droni e altre fantasiose ipotesi del genere. Tutte irrealizzabili.
Perché, anche se si mettesse un “tappo” navale innanzi alle coste libiche, i trafficanti di persone affollerebbero le altre rotte marine che partono dalla Turchia, dall’Egitto, dalla Tunisia, dal Marocco.
E se si pensasse di fare altrettanto anche innanzi alle coste di questi paesi, aumenterebbero gli esodi a bordo di autocarri e nei container delle navi; aumenterebbero le morti per asfissia nei cassoni o sotto le ruote dei tir dove i “clandestini” restano avvinghiati per decine di ore.

E si riprenderà a dire, come degli arteriosclerotici, che «bisogna aiutarli a casa loro».
Una formula buona, che diventa però la manifestazione di una patologia quando di fatto non si fa niente per aiutarli “a casa loro”. Gran parte dei paesi europei, di fatto, hanno devoluto scarsi contributi alla cooperazioni internazionale.
L’Italia è in coda alla classifica europea e tra gli ultimi paesi a livello mondiale in tema di stanziamento di aiuti ai paesi che hanno bisogno di sostegno.

Visto che persiste questa forma patologica di continuare a dire e di continuare a non fare, basterebbe che i cosiddetti paesi in via di sviluppo non venissero depredati dai cosiddetti paesi in sviluppo.
Sono paesi poveri, ma ricchi di materie prime, e i paesi ricchi si avventano come cavallette insaziabili. Senza contare la vendita di armi e di attrezzature belliche a paesi in perenne conflitto, le devastazioni ambientali, il commercio dei loro prodotti penalizzato, i debiti che si accumulano per dei marchingegni economici che realizzano il detto popolare “i ricchi diventano sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri”.
Basterebbe almeno passare dalla falsa logica dell’“aiutiamoli a casa loro” a quella del “non sfruttiamo a casa loro”.

Lo stallo in cui stanno le migrazioni assomiglia a una stalla in cui si sente odore di marcio. Le esalazioni mefitiche si avvertono dalle parti del Brennero, dove si sta costruendo una barriere anti-immigrati; in Austria, dove ottiene la maggioranza il partito di estrema destra anti-migranti; a Roma, dove la corsa all’elezione del sindaco ha il simbolo della ruspa “distruggicampirom” per raccogliere consensi; in Croazia, dove si discute un disegno di legge che rende reato tendere la mano per dare del pane agli immigrati. 

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