Gerusalemme: nella terra di Cristo, il Natale si sente appena

Ventimila pellegrini cristiani ogni anno si affidano a lui per visitare i luoghi del Natale storico, quando un bambino di nome Gesù nacque per davvero in quella mangiatoia di Betlemme. Eppure Fadi, che gestisce l’agenzia Terra sancta, rimpiange il Natale come lo si vive in Europa. Il prezzo più caro di decenni di guerre e violenze nel Medioriente lo stanno pagando proprio i cristiani, costretti a una lenta ma inarrestabile emorragia che rischia di lasciare senza più credenti l'intero Medio Oriente.

Gerusalemme: nella terra di Cristo, il Natale si sente appena

Là dove tutto è iniziato. Il sole sorge su Gerusalemme e la lunga giornata di Fadi Nazzal ha inizio.
Telefonate, trasferimenti in pullman o nel suo van, contatti con alberghi e luoghi di culto. Il suo mestiere è accompagnare i pellegrini cristiani da tutto il mondo a vedere con i loro occhi i panorami che hanno visto nascere Gesù, i monti su cui si ritirava nella solitudine della Galilea, le antiche mura tra cui l’eco delle sue parole ha risuonato. E a Natale il lavoro certo non manca.

A 34 anni Fadi gestisce l’agenzia Terra Sancta, fondata dal nonno nel lontano 1950, appena due anni dopo la proclamazione dello stato d’Israele da parte di Ben Gurion.
Nell’arco di queste tre generazioni sono accaduti innumerevoli eventi che hanno mantenuto questa striscia di terra ampia quanto la Calabria, che dà sul Mediterraneo, al centro dell’attenzione del mondo, senza però che si potesse giungere a una vera pace.

A farne le spese sono stati anche i cristiani, la cui presenza in Medioriente si sta continuamente affievolendo. E Fadi Nazzal è uno dei testimoni diretti di un fenomeno che, se non sarà arrestato, vedrà la scomparsa dei credenti in Cristo dalle aree in cui Gesù portò nel mondo il suo messaggio.

«Purtroppo da noi il Natale non si sente come in Europa – scrive il 34enne imprenditore su Whatsapp tra uno spostamento e l’altro – La causa principale è la scarsità di cristiani che vivono oggi in Terra santa». Poche battute e il paradosso è servito.

Un Natale più sentito in Europa che sui luoghi santi è difficile da immaginare.
Ma, a pensarci bene, un conto è sostare qualche giorno in Israele per poi tornare al sicuro nella propria casa in Occidente, come fanno puntualmente i 20 mila pellegrini che Fadi accompagna ogni anno sulle strade della Giudea e della Galilea, nonostante la crisi economica e i timori crescenti di viaggiare in Medioriente.
Tutt’altra faccenda è invece convivere giorno dopo giorno con la tensione e il pericolo che attraversa da decenni tutta la regione. Per ora Gerusalemme est, dove vive la famiglia Nazzal, è stata risparmiata dalle violenze, nonostante la politica di espansione che Israele porta avanti con gli insediamenti illegali: Fadi passa ogni mattina davanti al più grande, Har Homa, per portare a scuola la figlioletta più grande di sei anni, prima di raggiungere l’ufficio.

«Certo, Natale rimane un momento molto importante per noi. Sì, facciamo anche noi l’albero in famiglia. E le bambine attendono un regalo, ma non lo viviamo come si dovrebbe...».
Tutto insomma rischia di tradursi in un fatto privato, e non certo per una scelta dei cristiani, ma per la quasi impossibilità di continuare a vivere nell’area.
«Le cose vanno un po’ meglio solo a Betlemme – città natale della moglie di Fadi – Lì è stato acceso un grande albero, nella piazza della basilica della Natività, davanti alle telecamere dei grandi network da tutto il mondo».

Poche centinaia di metri più in là, ecco il famigerato muro simbolo dell’impossibilità di trovare pace per questa terra. Santa e dannata.

(ha collaborato don Roberto Ravazzolo)

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