Stra, una serata insieme in parrocchia per famiglie e migranti

Sono più di ottanta i  migranti ospitati in alberghi e appartamenti nel comune del Veneziano. Giovani con addosso una fragile corazza da adulti, felici per essere sopravvissuti al lungo viaggio che li ha condotti qui, am in perenne attesa delle pratiche che consentano loro di iniziare il progetto di un nuovo futuro. L'impegno della parrocchia, sostenuta dalla Caritas, per una piena integrazione ha dato vita a un incontro conviviale che si ripeterà. Ecco com'è andata.

Stra, una serata insieme in parrocchia per famiglie e migranti

“Sfida” è una delle parole più pronunciate da chi opera nel mondo dell’accoglienza: è lo sforzo da compiere per superare ostacoli tangibili, come differenze linguistiche e culturali, o legati al pregiudizio e alla diffidenza.

Anche nel comune di Stra si parla di sfida: dallo scorso autunno sono arrivati un’ottantina di ragazzi, sistemati per lo più in un albergo, mentre gli ultimi arrivati vivono in due appartamenti. Alcuni residenti hanno protestato con sit-in e manifesti, ma la parrocchia, grazie al contributo della Caritas e delle cooperative, sta lavorando per creare coesione e avvicinamento: lo scorso 9 aprile, per esempio, famiglie della comunità e 35 migranti si sono riuniti in una serata all’insegna della convivialità.

«Le famiglie hanno preparato da mangiare mentre i ragazzi hanno portato le loro danze, i loro canti e alcune testimonianze – racconta il parroco don Giovanni Battista Toniolo – Al termine ci siamo riuniti in una preghiera interreligiosa per abbracciare tutti i credi». Durante la serata, inoltre, è stato organizzato un gioco nel quale soprattutto i più piccoli, che spesso non sanno dov’è il Pakistan o il Ghana o la Libia, dovevano segnare, in un planisfero privo di nomi, la posizione delle nazioni di provenienza.

«L’incontro è servito per guardarci negli occhi perché altrimenti, vedendoli in città, sarebbero stati fantasmi sconosciuti che aleggiano per le strade – sottolinea John Rakas, volontario Caritas – Ho visto persone che non sono solite venire in parrocchia, hanno portato tantissimo cibo, evitando almeno all’inizio la carne per non incappare in situazioni imbarazzanti coi musulmani. È stata una serata divertente per i ragazzi, uno in particolare si è scatenato ballando».

Al divertimento si è unita la riflessione con i racconti della loro interminabile fuga prima di ritrovarsi a Stra. Sono giovani con addosso una fragile corazza da adulti: molti non superano i 30 anni, sono felici per essere salvi e per avere un tetto dove dormire, ma vivono in costante attesa di sviluppi sulle pratiche per ottenere asilo politico e protezione. Una situazione claustrofobica che porta anche a dei futili litigi come la contesa per una merendina.

«Hanno costantemente gli occhi puntati addosso – continua John – Noi andiamo a trovarli, stanno seguendo corsi di italiano e di educazioni civica e pensiamo di fare delle passeggiate a Padova o Venezia per farli svagare, altrimenti passano troppo tempo nel limbo esistenziale». L’idea dell’incontro come strumento di integrazione è piaciuta e verrà portata avanti, anche se don Toniolo preferisce parlare di cultura della reciprocità: «Riconoscerci nella diversità è ammissione della stessa ed è un percorso di crescita e di arricchimento rispetto al concetto di integrazione, che di per sé può significare adattarsi o plasmarsi al modello di chi accoglie, perdendo così preziose risorse».

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