La Provvidenza è un aquilone nelle mani di un bambino

Lo dico sempre ai gruppi che vengono a visitare il Caritas Baby Hospital: «Se non credete alla Provvidenza, credete a me». E lo dico non perché voglio mettermi alla stessa stregua della Provvidenza, ma perché so che noi uomini abbiamo bisogno di vedere, toccare, annusare. Siamo affamati di segni tangibili. Inseguitori di prove concrete. Cercatori di risposte dimostrabili.

La Provvidenza è un aquilone nelle mani di un bambino

Raccontare “semi di dialogo”, era il “mandato” che la redazione mi aveva consegnato per questa rubrica.
Pensando a questa mia ultima condivisione mi è balzato immediatamente alla memoria un dialogo al Caritas Baby Hospital che dal 1952 a oggi non si è mai interrotto: quello con la Provvidenza. Sì perché mi sono accorta che con la Provvidenza bisogna sempre dialogare, perché lei (ma forse è anche un lui) ci mette sempre, ripeto sempre, nelle nostre mani i suoi semi, piccoli o grandi che siano.
E allora questa volta voglio condividere con te lettore un seme di questo dialogo, anzi del dialogo con la Provvidenza e l’ospedale che poi è dialogo con la Provvidenza e i bambini, perché alla fin fine i piccoli del Caritas Baby Hospital sono i destinatari della sua attenzione.

In una delle tante primavere arrivate a Betlemme, un nostro piccolo paziente, dopo essere stato “bloccato” per parecchio tempo nella sua stanzetta, è potuto uscire fuori nel giardino dell’ospedale. Che salti di gioia, che corse, che libertà ritrovata.
Nel cielo di Betlemme numerosi aquiloni danzavano, cullati dall’aria primaverile. Malak (lo chiameremo così) nel vederli si fa cupo e, come tutti i bambini che si rispettino, comincia a chiedere per sé un aquilone. All’inizio una domanda pacata, poi i decibel della sua voce superano la soglia prevista dalla sopportazione dell’orecchio umano, fino ad arrivare all’utilizzo anche delle gambe e dei piedi per alzare il grado di rumorosità della sua richiesta.

A nulla sono valse le scuse delle infermiere per non avere tra la strumentazione ospedaliera anche un aquilone. Promesse del tipo «te lo porta la mamma domani» non sortivano l’effetto desiderato.
Con Malak non è stato facile arrivare a un compromesso dopo ore di trattativa. «Domani le suore del Caritas Baby Hospital ti porteranno l’aquilone». E chi non crede alle suore? «In fin dei conti sono come la mamma che però è presente, giorno e notte, non come la mia in questo periodo di ricovero. Ci si può fidare di loro ad occhi aperti».
Era questo il messaggio che si poteva leggere negli occhioni lucidi e carichi di lacrime di quel bimbo. Malak accetta e ritorna in camera, con nella mente e nel cuore la certezza che il giorno dopo avrebbe giocato con il suo aquilone.

«Bell’affare. E chi si ricorda come si fa un aquilone? La carta si può recuperare, così il filo e lo spago ma, “la canna vera” quella dove la si trova?». Panico nella mente e nel cuore.
Ma non si può andare a dormire con questa tensione. «Signore, Dio Padre buono, ricco di amore verso i piccoli, tu che nella tua infinita bontà raccogli le lacrime dei bambini che attiri a te abbracciandoli, guarda alla richiesta di Malak e, guarda anche al nostro disagio per non essere capaci di fare felice questo bambino. Amen».
Alla Provvidenza non servono tante parole, tanti discorsi o spiegazioni. Non servono giustificazioni. È sufficiente l’amore, la tenerezza. Basta fidarsi e credere che ciò che si chiede, anche per uno solo dei suoi piccoli, lo darà. Punto! Si dorme tranquillamente dopo aver pronunciato con il cuore la preghiera.

«Sister – dice la guida di un gruppo che il giorno dopo era arrivato a visitare il Caritas Baby Hospital – nella valigia ci sono parecchi vestitini di varie misure. Dopo fai tu la divisione».
Alla fine della visita, saluto i pellegrini e apro la valigia. Vestiti per neonati, ma anche per bambini più grandicelli. Mi incanto nel vedere la loro bellezza, morbidezza, gusto nell’abbinare i colori. Una meraviglia. Faccio la divisione a seconda dell’età.
Alla fine della valigia c’è una carta strana che sembra non appartenere al fondo della valigia. Forse una borsa di plastica o forse una carta regalo messa lì per proteggere i vestitini. Mi incuriosisce la cosa e la prendo in mano. La carta è più spessa di quello che pensavo, sono più carte messe insieme e ci sono delle stecche strane appiccicate alla carta; alzo il tutto e compaiono anche dei fili. Non riesco a capire che cosa ho tra le mani.

Appoggio il tutto sul tavolo, incuriosita di quello che vedo e non riesco a “decifrare”. Piano piano apro i fogli colorati e, con mia sorpresa, srotolando il tutto, la sagoma di un aquilone si piazza davanti ai miei occhi increduli.
Uno, due, tre, quattro, cinque aquiloni tra le mani. Non vedo più di che colore sono perché i miei occhi si riempiono di lacrime che scendono rigogliose nel mio viso, non so trattenere il pianto che lascio sfogare senza impedimento alcuno.
Alzo lo sguardo al cielo. Vedo il soffitto, ma al di là del soffitto, mi sembra di vedere il volto della Trinità che sorride e mi fa l’occhiolino dicendomi «smettila di piangere, vai da Malak che ti sta aspettando». Mi asciugo le lacrime e di corsa, con i cinque aquiloni vado in reparto sapendo che altri quattro bambini, quel giorno, si sarebbero divertiti assieme a Malak e... con loro anche Dio, loro Padre.

Dio si serve degli uomini per portare il suo amore ai più indifesi e deboli.
Grazie ai membri di quel gruppo che hanno messo dentro a quella valigia l’aquilone per Malak. Grazie a Dio Padre tenero che mi ha dimostrato quanto, anche nelle piccole richieste, è Lui che, assieme agli uomini di buona volontà, porta avanti il Caritas Baby Hospital. Non smettiamo mai di dialogare con la Provvidenza e... di crederci davvero!

suor Donatella Lessio

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