Famiglie sempre più in difficoltà per riscaldarsi e accedere ai servizi elettrici
Rapporto Fondazione Di Vittorio e Spi Cgil. Il disagio maggiore tra donne, anziani, separati o vedovi, tra chi percepisce pensioni di invalidità o sociali e tra ex artigiani e casalinghe. Gli strumenti di contrasto come il bonus sociale non hanno portato i risultati sperati. La quota più sostanziosa di poveri "energetici" è in Calabria (45,4%)
Donne, anziani over 75, separati o vedovi, ex artigiani e casalinghe e coloro che percepiscono una pensione di invalidità, sociale, reversibile o un'indennità di accompagnamento. Sono le persone più a rischio di vivere in una condizione di “povertà energetica” ovvero di difficoltà nell'acquistare servizi energetici (elettricità, riscaldamento, acqua calda sanitaria, raffrescamento) con effetti sullo standard di vita e sulla salute. È quanto emerge dall'indagine realizzata dalla Fondazione Di Vittorio insieme allo Spi Cgil che ha coinvolto 979 persone in Liguria, Toscana, Puglia e Calabria. Dallo studio 184 persone (il 19,1% del totale) risultano “poveri” ovvero persone che negli ultimi 12 mesi hanno usufruito del bonus per la fornitura di energia elettrica e gas oppure hanno redditi familiari bassi o non riescono a far fronte ai bisogni primari (le stime della Commissione europea sul nostro Paese parlano di poco più di 9 milioni di famiglie in povertà energetica ovvero il 15% del totale). Il 15,2% degli intervistati (146 persone) sono “vulnerabili” quindi potrebbero trovarsi in futuro in una condizione di povertà energetica poiché vivono in abitazioni energeticamente inefficienti, per la loro condizione economica, per l'alto consumo di energia. Gli altri 632 (il 65,7%) non sono né poveri né vulnerabili.
Dal Rapporto emerge anche che gli strumenti di contrasto alla povertà energetica, come il bonus sociale energia elettrica e gas introdotto tra il 2008 e il 2009, non hanno portato i risultati sperati. “Molte famiglie che oggi hanno diritto ai bonus in base al valore Isee non ne fanno richiesta – si legge nel Report – ma se anche tutte le famiglie che oggi hanno diritto al bonus lo ricevessero, in base all'attuale architettura della misura, resterebbe comunque fuori una parte rilevante di famiglie che di fatto si trova in povertà energetica”. Per quanto riguarda le misure volte ad accrescere l'efficienza energetica delle abitazioni, ci sono alcuni fattori che limitano la pratica di questi interventi, in particolare tra i più anziani: hanno un costo tendenzialmente elevato soprattutto per chi è in condizioni di disagio economico e sono interventi che producono efficientamento a lungo termine che non incoraggiano gli anziani a utilizzarle.
Le donne sono lievemente sovrarappresentate tra i poveri. Il disagio energetico tende a essere più diffuso con l'avanzare dell'età. Rispetto alle 4 regioni coinvolte nell'indagine, la quota più sostanziosa di poveri energetici è in Calabria (45,4%), mentre il dato più basso è stato registrato in Toscana (6,8%). L'incidenza della povertà è doppia per separati, divorziati e vedovi, supera il 30% per nubili e celibi, ed è più accentuata nelle famiglie mononucleari. La quota di poveri invece decresce all'aumentare del livello di istruzione. Se si considera l'occupazione prima del pensionamento, i poveri sono sovrarappresentati tra ex artigiani e casalinghe e in misura meno accentuata tra gli operai: al contrario gli “altri” ovvero coloro che sono né poveri né vulnerabili saturano il gruppo di intervistati che svolgevano professioni impiegatizie (84,6%). La povertà incide maggiormente tra coloro che non percepiscono una pensione da lavoro e tra coloro che beneficiano di pensione di invalidità, indennità di accompagnamento, pensione sociale e reversibilità e sono, pertanto, in una condizione di fragilità economica e di salute. La salute va male solo per il 2,8% di chi non è in condizione di disagio ma raddoppia (5,5%) per i vulnerabili e supera l'11% trai poveri. All'opposto poco più della metà dei poveri di stare bene o molto bene, valore che cresce al 73,3% nel caso dei vulnerabili e all'83,4% per gli altri. Le condizioni dell'abitazione incidono sulla possibilità di mantenere una temperatura confortevole in casa nei periodi più freddi o più caldi: 6 poveri su 10 vivono in una situazione che non è confortevole con temperature domestiche troppo alte o troppo basse.
Dall'indagine emerge che la necessità di pagare un affitto o comunque l'assenza di una casa di proprietà è associata al disagio energetico: il 27,9% dei poveri e il 22,6% dei vulnerabili vive in affito, contro il 16,1% degli altri. I poveri fanno meno lavori di ristrutturazione rispetto ai vulnerabili e a chi non è in nessuna di queste due categorie. Povertà e vulnerabilità si associano anche a dimensioni ridotte dell'abitazione: il 35,9% dei poveri vive in case di 41-60 metri quadrati e il 10,9% in case ancora più piccole (fino a 40 metri quadrati). La dotazione di riscaldamento autonomo è più frequente tra chi non è in condizione di difficoltà o disagio (75,1%), rispetto ai vulnerabili (63%) e ai poveri (48,9%). Il 18% dei vulnerabili e il 30% dei poveri energetici vivono in un'abitazione sprovvista di impianto di riscaldamento. Dall'indagine emerge una tendenza più accentuata da parte dei poveri energetici (73,8%) e dei vulnerabili (68,3%) ad accendere i riscaldamenti solo se strettamente necessario rispetto a chi non vive in condizioni di difficoltà o disagio. In particolare, poveri e vulnerabili adottano comportamenti di limitazione dei consumi che producono un risparmio immediato, mentre gli altri investono in comportamenti che riducono il fabbisogno di energia senza mutare i consumi, come l'acquisto di tecnologie più efficienti che portano un risparmio nel medio-lungo periodo.
“Servono politiche di intervento integrate, energetiche e sociali”. Le proposte da parte di Fondazione Di Vittorio e Spi per rafforzare i bonus sono: allargare la platea degli aventi diritto (sono circa 700 mila i percettori su circa 2,2 milioni di aventi diritto), aumentare l'importo dei bonus per una maggiore copertura della spesa, semplificare l'iter amministrativo per ridurre i costi di gestione. Per incentivare gli interventi di efficientamento energetico si propone di calibrare la quota di spesa da portare in detrazione al valore dell'Isee, riconoscendo una percentuale maggiore ai meno abbienti (fino al 90% per gli incapienti) e incrementando i fondi a disposizione. Inoltre, vanno diffuse informazioni sulle buone pratiche in ambito domestico e sulle modalità di accesso alle agevolazioni fiscali e alle diverse soluzioni di efficientamento. (lp)