Intercultura. All'estero da adolescenti: felice il 90% degli studenti

Cresce la voglia di apertura degli studenti italiani e delle scuole in generale. Ben 7.400 adolescenti delle scuole superiori, secondo le stime di Fondazione Intercultura, hanno trascorso un periodo tra i 3 o 6 mesi o l’intero anno scolastico all’estero con un incremento del +111% dal 2009.

Intercultura. All'estero da adolescenti: felice il 90% degli studenti

Un importante passo in avanti nel lento ma inarrestabile cammino della scuola italiana nell’apertura verso esperienze di formazione internazionali.

Ma quali sono i benefici di un’esperienza all’estero vissuta da adolescenti? Sono: il successo scolastico e lavorativo, una consapevolezza del proprio ruolo di cittadini attivi e un generale senso di soddisfazione della propria vita dovuto a una consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti.

È quanto emerge dalla ricerca “L’Esperienza che mi ha cambiato la vita” dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca (www.scuoleinternazionali.org) affidata a Ipsos dalla Fondazione Intercultura e presentata oggi 3 ottobre a Padova, di fronte a 150 studenti delle scuole superiori del territorio. La manifestazione, ospitata nell’Auditorium dell’Orto Botanico, ha visto la partecipazione di Gilberto Muraro, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio Padova e Rovigo e del Presidente Emerito Antonio Finotti, di Monica Mantovani di Ipsos, del Segretario Generale di Fondazione Intercultura, Roberto Ruffino, e di tre generazioni di partecipanti ai programmi all’estero con Intercultura: l’avvocato Michela Mariani e alcuni adolescenti padovani da poco rientrati da un anno scolastico vissuto in Cina, Portogallo, India, Repubblica Dominicana, Austria.

Un’esperienza che, come riportano i dati della ricerca presentata oggi, ha influito fortemente sul percorso di crescita di chi l’ha vissuta da adolescente e che, nel caso di alcuni di loro, è stata resa possibile grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio Padova e Rovigo che, negli ultimi 10 anni, ha devoluto 76 borse di studio per altrettanti giovani di Padova e Rovigo e ha appena confermato la collaborazione per altri 3 anni. Gilberto Muraro, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio Padova e Rovigo ha dichiarato: “Trascorrere un periodo all’estero non significa solo imparare una nuova lingua ma permette a un giovane studente di confrontarsi con culture diverse dalla nostra, accrescere il proprio bagaglio culturale, mettere alla prova le proprie capacità e i propri talenti, vivendo un’importante esperienza capace di influire in modo positivo sulla propria vita e sul proprio futuro. Sono questi i motivi per cui la nostra Fondazione ha contribuito per il decimo anno consecutivo all’attivazione di 9 borse di studio promosse dalla Fondazione Intercultura, che permetteranno ad altrettanti studenti particolarmente meritevoli delle province di Padova e Rovigo di trascorrere all’estero il prossimo anno scolastico”.

Durante la manifestazione i relatori hanno avuto modo di riflettere assieme al pubblico degli studenti e degli insegnanti delle scuole superiori del territorio sui benefici e le competenze che si acquisiscono attraverso i programmi di mobilità individuale. Attraverso le interviste circa 900 ex partecipanti a programmi all’estero, partiti tra il 1977 e il 2012, emerge un quadro chiaro grandi differenze rispetto alla media italiana. Il risultato più evidente è che si tratta di una generazione, trasversale nelle varie età, di laureati (84% vs la media italiana tra ex liceali pari al 52%), con un percorso universitario brillante (il 64% si dichiara tra i migliori del proprio corso e il 32% ottiene il massimo alla laurea rispetto al 21% della media nazionale), che ha scelto il lavoro dipendente (a livelli quadri e dirigenziali per un terzo di loro, vs il 15% degli italiani) anche per poter intraprendere una carriera internazionale.  Inoltre non hanno avuto difficoltà a trovare lavoro o a cambiarlo, lo dichiara l’83% e il tasso di disoccupazione complessivo è al di sotto del 9% (vs un dato italiano pari al 14% tra i 20 e i 54 anni). Dulcis in fundo, non sono di certo “bamboccioni”, visto che solo il 2% degli over 34 anni vive ancora con i genitori, rispetto a un dato nazionale che si attesta attorno al 12%.

Ma soprattutto, chi ha trascorso un periodo di studio e di vita all’estero, a contatto con un’altra cultura, con i propri limiti e con i propri talenti nascosti, è una persona soddisfatta: della propria carriera, perché coerente con i propri interessi e aspirazioni, e della propria vita: il 90% si dichiara complessivamente felice, uno stacco netto rispetto alla media degli italiani che è del 67%. Se la ricchezza di una nazione si basasse sul tasso di felicità, visto come un diritto e non come un’aspirazione, anziché il PIL, sarebbe forse più facile sapere in quale direzione muoverci.

Il beneficio più importante però, è la consapevolezza del ruolo attivo che queste generazioni di ex partecipanti ai programmi all’estero devono avere nella società. Essendo stati, da giovanissimi, a confronto con una cultura diversa per un lungo periodo, sono consci di vivere in un mondo che non si ferma ai confini della propria nazione e che sempre di più sta diventando cosmopolita. È una generazione di globetrotter che somma l’identità comunitaria a quella nazionale: il 79% si sente di appartenere all’Unione Europea, e il 52% immagina l’UE con un ruolo più centrale (vs il 24% degli italiani). Infine, per chi è abituato a muoversi in un territorio più vasto di quello nazionale, come queste generazioni di ragazzi con la valigia in mano, i benefici della libera circolazione sono irrinunciabili: se il 58% degli italiani vuole ripristinare i controlli alle frontiere, rinunciando ai benefici di Schengen, solo il 14% degli ex partecipanti condivide questa opinione.

Insomma, a fronte di un’epoca storica come la nostra, improntata sulla chiusura, di porte che si chiudono per proteggerci e difenderci all’interno della nostra zona di sicurezza, corrisponde un’altra parte, più inclusiva, della nostra società, composta da quegli studenti che, negli ultimi 60 anni, hanno deciso invece di spalancare le proprie porte verso l’esterno, trascorrendo da adolescenti un periodo di studio in un altro Paese, spesso un intero anno scolastico, accolti da una famiglia e studiando in una scuola locali.

Sono intere generazioni di studenti, ora adulti, che credono in un mondo senza confini e nel dialogo tra i popoli, che hanno una visione globale anziché locale. È una generazione, nella sua globalità, internazionale, inclusiva, aperta e curiosa, cosciente delle proprie capacità e dei propri limiti, che sceglie il proprio percorso di vita e di lavoro in modo consapevole, diventando, alla fine, più felice della media dei propri coetanei e compatrioti. Mica poco!

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Fonte: Comunicato stampa