Monasteri e chiese, patrimonio europeo. Alla scoperta di 3 dei 7 siti insigniti in questi giorni del riconoscimento Patrimonio europeo 2023

Tra i sette scelti quest’anno dalla Commissione europea, c’è Sant’Anna di Stazzema con il suo Parco della Pace

Monasteri e chiese, patrimonio europeo. Alla scoperta di 3 dei 7 siti insigniti in questi giorni del riconoscimento Patrimonio europeo 2023

Correva l’anno 1556. Il suo era “l’impero su cui non tramontava mai il sole”. Ma i nemici non mancavano. Ci aveva pensato a lungo, ma per quanto faticoso, fare un passo indietro era l’unica soluzione possibile. Ecco che allora divide l’impero asburgico tra suo figlio Filippo II di Spagna, che ottiene Spagna, Paesi Bassi, Napoli, Sicilia e Sardegna, oltre alle colonie americane, e suo fratello Ferdinando I d’Austria, che riceve Austria, Croazia, Boemia e Ungheria. E il titolo di imperatore.

Abbandonato il sogno dell’impero universale, il 3 febbraio 1557 Carlo V varca la soglia del monastero di Yuste, nell’Estremadura. Aveva deciso di dedicare il resto della sua vita alla preghiera in quel monastero, piuttosto fuori mano e poco conosciuto. A fondarlo nel 1402 erano stati i monaci dell’ordine di S. Gerolamo. Il terreno nel piccolo villaggio di San Yuste (oggi Cuacos de Yuste) era stato donato loro proprio perché potessero costruirvi un convento. Con l’arrivo di Carlo V, il monastero dovette essere ampliato per fare spazio all’imperatore e ai 50-60 membri del suo entourage. Diversi i personaggi famosi che fecero visita a Carlo V in quel luogo di silenzio e meditazione immerso nella natura.

Carlo V muore il 21 settembre 1558 e viene sepolto nella chiesa del monastero (le sue spoglie verranno trasferite successivamente al Monastero dell’Escorial). Il monastero di Yuste viene raso al suolo durante la guerra d’indipendenza spagnola e viene lasciato in rovina fino al 1949, quando il governo spagnolo lo restaura per volere di Francisco Franco.

Oggi il monastero di Yuste è un luogo di incontro, formazione e di dialogo sui valori europei e ospita ogni anno il Premio europeo Carlo V, che quest’anno è stato assegnato a Mario Draghi. Dichiarato negli anni scorsi “Bene di interesse culturale”, il monastero è divenuto un laboratorio per la promozione dei valori europei e per la costruzione e l’integrazione dell’Europa e proprio per questo è stato insignito in questi giorni con il “Marchio del patrimonio europeo 2023”. L’annuncio è stato dato sulla pagina spagnola Ig “Patrimonio nacional”, alla vigilia della consegna del premio, che è avvenuta mercoledì scorso ad Anversa.

Yuste non è l’unico sito che ha ricevuto questo importante riconoscimento. Tra i sette scelti quest’anno dalla Commissione europea, c’è Sant’Anna di Stazzema con il suo Parco della Pace, che “rappresenta un sito significativo e ben concepito per discutere dei conflitti politici e promuovere i valori europei” e c’è anche “Cisterscapes” – Cistercian Landscapes Connecting Europe, sito transnazionale che collega 17 paesaggi monastici in Germania, Austria, Cechia, Polonia e Slovenia.

“L’Ordine monastico cistercense – si legge sul sito della Commissione europea – derivato dai benedettini e fondato da Citeaux (Francia) nel 1098, si è diffuso ampiamente in tutta Europa, soprattutto nell’Europa centrale. Hanno dato un contributo importante alla cultura e alla tecnologia dell’Europa medievale, finanziando abbazie in molti Paesi europei secondo il principio dell’autosufficienza economica. La rete dei cistercensi ha una natura storica paneuropea, ha contribuito alla storia e all’integrazione europea e ha contribuito alla formazione di alcuni valori europei, come l’equilibrio tra unità e diversità e l’uso sostenibile delle risorse naturali”.

Coordinato dal Land di Bamberg e dall’Ufficio statale bavarese per la protezione dei monumenti, “Cisterscapes” propone oggi il “Cammino dei cistercensi”, un sentiero escursionistico di 6.400 km, che collega tutti i monasteri inseriti nel progetto. “Il nostro sentiero – si legge sulla pagina Fb di “Cisterscapes” – rafforza lo scambio transnazionale, l’identità europea e ci permette di crescere insieme. È un progetto importante perché rivitalizza lo spirito dei paesaggi monastici cistercensi al di là dei confini nazionali”.

“I Cistercensi non hanno realizzato molto non solo da un punto di vista spirituale, ma anche per quanto riguarda il paesaggio culturale – sottolinea s Fb la pastora Birgit Birth, del monastero partner di Loccum (Bassa Sassonia) –. Il rispetto della natura e la creazione di luoghi dove dar spazio al silenzio e alla contemplazione sono necessari e più attuali che mai”. “Come i cistercensi in passato – le fa eco la sua collega ceca Radka Ranochova del monastero di Plasy – anche noi attraversiamo i confini dei singoli Paesi e guardiamo al futuro, alla ricerca di ciò che ci unisce. Paesaggi monastici apparentemente diversi sono, in senso figurato, anche gli Stati dell’Unione europea, che hanno un gran numero di elementi in comune. Basta solo fermarsi e volerli vedere”.

Il “Marchio di Patrimonio europeo 2023” è andato anche a una piccola perla nascosta nel centro storico di Amsterdam. Forse non tutti sanno che in Oudezijds Voorburgwal 38, all’interno di una grande casa del XVII secolo, che si affaccia su un canale della città, c’è una chiesa. A prima vista non ce ne si accorge.

Corridoi stretti e scale anguste conducono agli ambienti domestici, ossia soggiorni, cucine e camere da letto, tutti decorati secondo lo stile dell’epoca. Ma la vera sorpresa la si ha quando si raggiungono i piani più alti della casa, dove si trova una vera e propria chiesa, commissionata dal ricco mercante cattolico Jan Hartman e inaugurata nel 1663. Negli anni in cui Hartman e la sua famiglia abitavano nella casa, la città era governata da una giunta protestante e ai cattolici era vietato professare la propria fede in pubblico. Le chiese e i monasteri cattolici erano stati confiscati e utilizzati per il culto protestante. I cattolici erano stati così costretti a cercare luoghi alternativi e iniziarono così a celebrare la messa in chiese clandestine, cosa che era tollerata dalle autorità. L’allora repubblica dei Paesi Bassi riconosceva infatti il diritto alla libertà di coscienza. Oltrepassata la porta di casa, ognuno era libero di pensare e credere ciò che voleva e questo approccio creò un clima di tolleranza fuori dal comune per quell’epoca.

Quando Hartman acquistò la casa nel 1661, avviò una radicale ristrutturazione durata due anni. I tre piani più alti furono uniti grazie alla rimozione di gran parte dei pavimenti dell’ultimo e del penultimo piano. In questo modo venne ricavato un ambiente ampio, che costituiva la navata principale. La chiesa rimase in uso fino a quando, nel 1887, venne consacrata ad Amsterdam la basilica di San Nicola. Da allora la chiesa è diventata un museo.

“Questo è il riconoscimento del significato internazionale che ha la chiesa clandestina oggi Museo di nostro Signore nel sottotetto”, hanno commentato i responsabili del museo su Fb.

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Fonte: Sir