Uno scrittore alla caccia del senso perduto. La scomparsa di Paul Auster

La realtà narrata da Auster non è mai una rassicurante, razionale sequenza di eventi, ma una imprevedibile costellazione di elementi

Uno scrittore alla caccia del senso perduto. La scomparsa di Paul Auster

La scomparsa di uno dei più celebri scrittori americani d’oggi, Paul Auster, ci fa riflettere sul senso complessivo della narrativa.

Auster, che era nato nel 1947, era un profondo conoscitore della letteratura europea e non solo. Nei suoi racconti emerge una vastissima gamma di influenze, che vanno dalle fiabe apparentemente per bambini allo sperimentalismo e alle avanguardie, dallo psicoanalista Lacan -e perciò dal grande valore della parola per la conoscenza della nostra psiche- al trascendentalismo americano: vale a dire a quel pensiero formulato soprattutto da Emerson, Thoreau e Whitman (ma poi proseguito anche dalla beat generation e da Bob Dylan, per fare pochi nomi) che vedeva il male nel progresso unicamente materiale e nella conseguente aggressione alla natura.

Anche se in un’intervista si è dichiarato ateo, la realtà della sua scrittura, come spesso accade in letteratura, porta oltre l’universo unicamente materiale, anzi, ne rappresenta l’aggressiva contestazione. L’abbandono dell’apparente benessere economico è parte considerevole della sua scrittura: accade, tra i tanti possibili episodi, in “Moon palace”, tradotto da noi come “Il palazzo della luna”, dove il giovane protagonista cerca se stesso -e qui è evidente l’influenza di autori a lui cari come Mark Twain o Charles Dickens- attraverso la rinuncia alla sazietà materialistica e il viaggio iniziatico tra i grattacieli e il cemento di New York.

Ma è nel suo sterminato “4 3 2 1” (951 pagine nell’edizione Einaudi del 2017) che si assiste ad un vero e proprio testamento culturale, se per cultura si intende non solo il sapere ma la concezione della vita e la sua reale pratica: il ragazzo Archie Ferguson vive quattro possibili vite incrociando Dio e la sua negazione, la spiritualità e il materialismo, il marxismo e il capitalismo politico, l’assassinio di Kennedy e il ’68, la sessualità e il suo superamento, tra affermazione letteraria e fallimento, amore sognato e affetti reali negati, eredità familiari e ricerca di un proprio posto nel mondo.

L’ultimo titolo di Aster è stato “Baumgartner”, edito da noi sempre da Einaudi, nel 2023: l’amore di Seymour per la moglie continua ossessivamente anche dopo la dipartita di quest’ultima. Sarà allora una visione in cui Anna gli appare scongiurandolo di abbandonare l’implacabile nostalgia che le impedisce di lasciare completamente il mondo dei vivi per entrare nell’Altrove a spingerlo ad affrontare la realtà.

La realtà narrata da Auster non è mai una rassicurante, razionale sequenza di eventi, una geometrica disposizione di segmenti (e qui è probabile la lettura del filosofo Henry Bergson, demolitore di questa materialistica concezione della vita), ma una imprevedibile costellazione di elementi che potremmo chiamare caos, se non fosse che anche la scienza ci sta dicendo, nel suo lento cammino, che quel caos nasconde le sue leggi, le sue possibilità e quello che noi chiamiamo senso. Sia con la lettera minuscola, sia con la grande.

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Fonte: Sir