Quel modo di dire che sminuisce

Sono due i “peccati mortali” grammaticali dei veneti. Due espressioni popolari, compiute e incompiute. Per metà affermazione e l’altra esclamazione.

Quel modo di dire che sminuisce

Dualismo verbale che ci caratterizza nel bene e nel male. “Sì, ma va là!”, è un intercalare costante nel linguaggio tipicamente veneto. Spesso usato per chiudere o interrompere un discorso, il “sì, ma va là!” serve come taglio netto. Interruzione che serve a manifestare implicitamente il nostro dissenso al costrutto, senza andare al confronto diretto. Un dire e non dire, per poi capitolare, lasciando uno strascico di dubbio che induce chi ci ascolta a considerare il discorso finito per mancanza di senso. Si chiude dunque un capitolo, inoculando il dubbio, col rischio di squalificare chi abbiamo davanti. Ingenuità o meno, questa è cosa seria! E lo si fa spesso con spavalda “galanteria”, senza valutare i danni che ciò provoca nei rapporti verbali e mentali. Non meno potente è quel “sì, ma va là!” per chi lo dice (con troppa facilità), come per chi lo riceve, che disarmato vede capitolare il suo ragionamento. A rafforzare questa espressione, interviene il “però!”. Il “Sì, però!” viene qui chiamato come rafforzativo al dubbio di fondo. Sottigliezze di linguaggio, certo! Gioco raffinato di parole che ci caratterizza, sottolineando quella “ignavia” di cui spesso siamo affetti. Se nel Sud la discussione si fa in molti casi fin troppo animata, il Veneto preferisce ripiegare, consegnandoci al serpeggiante dubbio. Se vi appaiono sferzanti queste parole, vi basti fare attenzione a quanto si sente dire in giro: “È bravo! Sì, però…”. “El ga fato fortuna! Sì, però….”. Questi sono solo alcuni degli esempi che ci impaludano nel linguaggio, come se davanti all’evidenza del “bravo o bello”, noi preferiamo sempre l’ombra imperante del dubbio. Siamo quindi generosi, ma di fondo dubbiosi. Vediamo nella bravura dell’altro, inteso come prossimo nostro, un’opacità che incateniamo spesso col nostro “però!”. All’evidenza, verbalmente, diventiamo untori del dubbio e ombra, preferendo al senso del “bello”, il “dubbio sulla bellezza”. Questo opacizza l’esistenza nostra e altrui. Ci fa perennemente dubbiosi e insuffla il dubbio in chi ci ascolta. Ammettere questo nostro “peccato originale”, significa riconoscere quel difetto di comunicazione che val bene una riflessione: perché dubitare sempre su chi “crea, fa e porta del bene”? Perché dietro a un’azione leggiamo sempre il suo contrario? Liberarci da questa “catena”, ci libera (forse) proprio da quelle barriere di linguaggio che spesso c’impediscono di vedere e riconoscere senza condizionamenti, chi abbiamo davanti a noi. Sapendo che sminuire una cosa, è peggio che cancellarla!

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