Noi possiamo interpretare il linguaggio del cosmo adattandolo al nostro, attraverso la descrizione di quello che riusciamo a percepire della realtà osservata.
La narrativa ancora oggi è affascinata dalla figura del grande scrittore milanese. E dai suoi misteri. Il grande tema dell’ “altro” ha avuto riprese inaspettate, come, a fine Settecento, il “Viaggio intorno alla mia camera” di Xavier de Maistre, a sua volta divenuto ispirazione (con il merito della divulgazione, cosa oggi preziosissima, trattandosi di una letteratura dimenticata) del famoso “animale che mi porto dentro / non mi fa vivere felice mai/ si prende tutto anche il caffè” del mai troppo rimpianto Battiato. In realtà la letteratura abbonda di casi di altro-sé o second self che agiscono al posto nostro, o sarebbe il caso di dire al posto della presunta identità permanente
Alessandro Masi con “L’artista dell’anima. Giotto e il suo mondo” parte dagli elementi storici a cavallo tra due e trecento per aprire nuovi varchi, come quello della fascinazione francescana anche nello spirito del grande artista.
Un intellettuale umanista che ha guardato al futuro, Yehoshua, sacrificando il rito e la figura vulgata dell’ebreo fisso unicamente sulla Memoria. Costruire era il segno della sua costellazione non solo narrativa
Un saggio sulle ideologie e un intramontabile classico della letteratura ci aiutano a comprendere alcune vicende moderne. “Sul nazionalismo” è una sorta di manifesto ideologico, scritto nell’ultimo anno della seconda guerra mondiale, in cui Orwell prende le distanze da quelle utopie che sembravano aver cambiato il mondo e che in realtà si erano rivelate peggiori dei mali combattuti, instaurando regimi assolutistici e sanguinari. Ma la critica radicale alla propria società veniva però da lontano, dagli anni sessanta dell’Ottocento, quando uscì a puntate, su una rivista russa, uno dei capolavori di Lev Tolstoj, “Guerra e pace”.