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Vangelo della domenica

lunedì 10 Giugno 2019

Santissima Trinità *Domenica 16 giugno 2019

Giovanni 16, 12-15

Redazione
Redazione

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

La leggerezza della condivisione

C’è uno scambio molto vivo nelle parole di Gesù nel Vangelo di questa settimana. Gesù sta cercando di spiegare una cosa molto importante ai suoi, e di per sé ricorre alla vita che lui aveva percepito dentro la Trinità. È vero che noi nei Vangeli non troviamo mai la parola Trinità. È vero anche che Gesù tenta di spiegarla senza dare definizioni filosofiche. Parte da alcune piccole e semplici constatazioni. La prima: «Tutto quello che il Padre possiede è mio». Indica un primo scambio tra il Padre e il Figlio. Le cose del Padre sono del Figlio. Esistono cose che i due hanno in comune, e se le scambiano è come se fossero di entrambi. La seconda constatazione prende in esame il ruolo dello Spirito santo. Dice infatti Gesù che «lo spirito prenderà da quel che è mio». Si inserisce anche lui perfettamente nel movimento di scambio. Ci sono cose del Figlio che il Figlio cede allo Spirito, e tra queste anche qualcuna che gli veniva dal Padre. Le cose continuano a circolare, a essere messe in movimento. Le cose sono le stesse, ma ne usufruiscono tre persone distinte. La terza constatazione allarga ancora il cerchio. Perché lo Spirito prenderà queste cose del Padre e del Figlio e le darà a noi. Tutta questa quantità di bene non rimane rinchiusa dentro la Trinità, ma viene consegnata anche fuori, una parte è infatti riservata per tutti quanti noi. 

Gesù traccia un filo rosso che collega il Padre con lui, lui con lo Spirito e lo Spirito con noi. C’è quindi qualcosa che dall’alto arriva anche a noi, e arriva direttamente dal Padre, da Dio. Perché quello che è del Padre è nostro. È un pensiero che può far girare la testa se preso sul serio, ma in realtà Gesù non sta facendo altro che ricordarci il piano originale di Dio. Noi ci ricordiamo sempre del peccato originale, molto meno del piano originale. Dio crea il mondo e ci pone dentro gli uomini perché a suo nome lo facciano progredire. Ci ha messo qui perché continuiamo la sua opera, la portiamo avanti. Per questo ci aveva pensato a sua immagine e a sua somiglianza. Eppure non è la prima cosa a cui pensiamo quando ci svegliamo, non è quello che percepiamo comunemente. Comunque anche questo è spiegato da Gesù nel breve brano proposto.Gesù dopo aver accennato ai vari passaggi continua dicendo che avrebbe potuto spiegare ancora tante altre cose, ma aggiunge «per il momento non siete capaci di portarne il peso». Questo fattore ci complica la vita in più occasioni. Perché Dio ha creato il mondo, ha creato noi, ci ha donato questo mondo, e ce lo ha affidato. Tutto per noi. Per tutti noi. Ma questo implica una libertà enorme. E per noi più grande è la libertà, più ci fa paura. Più grande è la libertà e più grande è la responsabilità, e oggi come oggi meno responsabilità si hanno meglio si sta. 

Le responsabilità tendono sempre più a essere spostate in avanti, a essere demandate e a essere delegate. Perché dentro le nostre teste le responsabilità stanno diventando sempre più angoscianti. L’angoscia sembra essere diventata l’unico parametro con cui leggiamo tutto quello che ci sta dietro. E tante volte non ci si prendono più responsabilità (famiglie, figli, vocazioni, missioni) perché vi leggiamo solo il peso e la fatica. Ma ci sono moltissimi altri aspetti che andrebbero considerati nell’entrare a far parte di quel progetto che siamo chiamati a portare avanti. Ci sono per esempio anche la creatività e la gioia. E non sono secondari come aspetti, a volte dovrebbero in realtà essere fondamentali, almeno stando a quanto ricorda la prima lettura proposta questa settimana. È una pagina dal libro dei Proverbi, uno dei capitoli in cui prende la parola la Sapienza e ci descrive se stessa. Questo personaggio noi cristiani poi l’abbiamo riletto come anticipazione di quel Logos, di quel Verbo che appare all’inizio del vangelo di Giovanni a impersonare Gesù. Per cui è come se stessimo ascoltando lui che anche qui ci spiega molto bene per immagini quello che vuole dirci. In questo capitolo racconta di quando lui, il padre e lo spirito, tutti insieme, hanno creato il mondo. Noi oggi, con la nostra mentalità efficientista, figlia di questo nostro tempo, ci immagineremmo una riunione seriorissima, con queste tre persone che ponderano, pensano, riflettono, fanno progetti, stilano programmi, eseguendo calcoli impossibili. In realtà, nelle parole della Sapienza non c’è niente di tutto ciò. Certo, la scena descrive la Sapienza che sistema le cose tutte al loro posto esatto, ma termina in una maniera per noi alquanto strana. 

La Sapienza dice: «Io ero con Dio come artefice, ed ero la sua delizia ogni giorno. Giocavo davanti a lui in ogni istante». Aveva appena detto ogni giorno, ma subito si corregge: in ogni istante! E anche questo non gli basta, aggiunge infatti: giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo. Le sue delizie, la sua gioia, il suo divertimento è stato messo in questo mondo per noi. La delizia con cui la Sapienza compiaceva Dio è la stessa delizia messa a nostra disposizione. È lo stesso principio svolto da Gesù nel Vangelo, solo che qui il testo esplicita quali sono le cose che girano dal Padre agli uomini: sono la gioia e il divertimento, il piacere, il godere le cose che si fanno, il sentirne il gusto. Non solo il peso. C’è anche quello, ma non solo quello. Dio ha posto la gioia e il divertimento tra le cose fondamentali per noi. Letteralmente. Sono le fondamenta su cui ha costruito il mondo. Dovremmo rappacificarci enormemente con questa dimensione del gioco. Purtroppo nella crescita spesso finiamo per allontanarla, relegarla, respingerla. C’è una potenza creativa nel gioco di un bambino che è fenomenale. Dovremmo trovare il modo di incanalarla e usarla anche per molte altre cose della vita. Perché questo ci viene suggerito dal Signore: tornate a giocare. Tornate a divertirvi. Tornate a vivere. E quando imparerete a farlo con le persone che avete intorno a voi, insieme a qualcun altro, allora entrerete dentro il mistero stesso della Trinità. 

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