Rubriche | Terra terra
Sul tacere che ci pervade
“Magna e tasi!”. Chissà quante volte ce lo siamo sentiti ripetere questo motto veneto, che oggi ha un sapore tutto amaro, vedendo tutto ciò che di storico stiamo vivendo.
“Magna e tasi!”. Chissà quante volte ce lo siamo sentiti ripetere questo motto veneto, che oggi ha un sapore tutto amaro, vedendo tutto ciò che di storico stiamo vivendo.
Sono mesi, direi anni ormai, che conviviamo con due guerre che hanno storie diversissime, ma le medesime sanguinose dinamiche. Sono mesi che “mangiamo con gli orrori serviti a pranzo dalla televisione”. Il silenzio in questi casi è d’obbligo: vuoi per paura, per preoccupazione o incapacità di comprendere la complessità degli eventi. «Non ci resta che tacere», pur sapendo che spesso questa nostra è una forma d’impotenza e omertà. Siamo quindi tutti “ignudi”, non più e non meno di quelli dipinti da Michelangelo nel suo Giudizio universale, davanti alle immagini raccapriccianti che ci giungono da Gaza, dal Libano o dall’Ucraina. Un tacere insidioso ci pervade. Dietro i paraventi del “nulla possiamo fare”, spesso mettiamo la nostra viltà, come pure la nostra coscienza individuale e sociale. E sappiamo bene quale sia l’atteggiamento tutto italico sul prendere posizione e decisione sui fatti che ci accadono. Noi veneti lo abbiamo visto da vicino. Come i vicentini dopo essere stati defraudati dal perverso sistema bancario della ex-Banca Popolare di Vicenza, che non solo c’ha sottratto il denaro, ma lo stesso portafoglio, e nessuno o troppo pochi si sono mossi. Hanno avuto un rigurgito di dignità nel rivendicare il diritto all’onestà. Pure in questo caso, abbiamo preferito il “magna e tasi!”. Forse perché ormai avvezzi al “tacere ed essere taciuti”, o forse perché ci fa comodo? È vero che uno conta uno ma, in termini di idee e volontà, l’unione spesso sa trasformarsi in forza propulsiva e propositiva. Noi invece, che siano guerre o truffe, scegliamo di tacere. Solo in questi ultimi mesi, siamo stati testimoni delle violazioni di ogni diritto internazionale. Di ogni regola militare. Di ogni rispetto della persona umana. Quell’orrore a pranzo, è normalità!? Ai tempi miei, mobilitazioni studentesche o scioperi, erano all’ordine del giorno, tali da essere armi di battaglia civile. Alcuni preti poi si sono sporcati le mani con le idee sociali, fino a diventare martiri del sistema. Qualche politico c’ha rimesso la vita per essere “contro”. Allora c’era un fermento, nel bene o male che rendeva viva la collettività. Oggi di tutto questo non vi è traccia. Gli italiani da anni sembrano aver scelto il “silenzio”. Che non è neppure quel “sound of silence”. Ma un segno di morte sociale.