Agromafie, il volume d'affari aumenta del 30 per cento. E il fenomeno si allarga al Veneto

Presentato martedì 14 marzo a Roma il Rapporto 2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e nel settore agroalimentare. Continua a lievitare il giro d'affari delle cosiddette agromafie, con un balzo del 30 per cento nell'ultimo anno. E se i fenomeno riguarda per lo più le regioni meridionali, significativi sono i casi di Genova e Verona al nord. Per Coldiretti, bisogna vigilare sul sottocosto e sui prodotti low cost, dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità se non l’illegalità o lo sfruttamento.

Agromafie, il volume d'affari aumenta del 30 per cento. E il fenomeno si allarga al Veneto

Un giro d’affari di 21,8 miliardi di euro, con una crescita di ben il 30 per cento nell’ultimo anno. È questa l’entità economica delle “agromafie”, secondo le stime del Rapporto 2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e nel settore agroalimentare.

Si tratta per di più di stime che, evidentemente, non possono coprire tutta la portata del fenomeno. Del resto, il settore agroalimentare è di per sé in crescita e rappresenta, considerato anche l’indotto, il 13,9 per cento del prodotto interno lordo dell’Italia. Di qui l’interesse delle mafie che – ha osservato il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, presentando a Roma il Rapporto – si concentrano lì dove si produce ricchezza.

Fara ha messo in evidenza lo svilupparsi della cosiddetta “mafia silente”, che quando si allontana dai luoghi di origine tende a camuffarsi e a rendersi invisibile. «Non si limita più a taglieggiare – ha detto il presidente dell’Eurispes – ma diventa socia o addirittura rileva completamente l’attività». Sul fronte della filiera agroalimentare – spiega a sua volta la Coldiretti – le mafie, dopo aver ceduto in appalto ai manovali l’onere di organizzare e gestire il caporalato e le altre forme di sfruttamento, condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del nostro vero o falso made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione delle merci che copiano i “brand” italiani e delle reti di smercio al minuto.

Se è nelle regioni del Mezzogiorno che la presenza delle “agromafie” resta più diffusa e dannosa, il Rapporto 2017 di Coldiretti ed Eurispes segnala che il fenomeno si diffonde sempre più anche al Nord, seguendo gli itinerari dei traffici legati al ricco business del falso made in Italy. In questo specifico settore sono due città settentrionali, Genova e Verona, a collocarsi al secondo e al terzo posto dopo Reggio Calabria.

Nel capoluogo ligure il dato si spiega con un diffuso sistema di contraffazione e adulterazione della filiera dell’olio, sia nelle fasi di lavorazione industriale che nel reperimento all’estero di materiali di minore qualità da spacciare come italiani. A Verona si sommano i fattori criminali connessi con l’importazione dei suini dal Nord Europa e invece marchiati come italiani e le attività di adulterazione delle bevande alcoliche.

Tra le dieci province più colpite due sono in Calabria (Reggio e Catanzaro), tre in Sicilia (Palermo, Caltanissetta e Catania), due in Campania (Caserta e Napoli) e una in Puglia (Bari). Il Rapporto individua anche una sorta di spartizione tra le cosche per aree merceologiche: la ‘ndrangheta è attiva nel commercio delle carni e, con il clan Piromalli, nel settore ortofrutticolo; la mafia siciliana di Matteo Messina Denaro punta sull’olio extravergine di oliva e quella di Totò Riina sull’ortofrutta; il clan campano dei casalesi si dedica in modo criminoso al settore caseario.

Con oltre 200mila controlli nel 2016 l’Italia è un Paese leader nel campo della qualità e della sicurezza alimentare. Ma il fenomeno delle agromafie è così in crescita che «senza un adeguato apparato di regole penali e di strumenti in grado di rafforzare l’apparato investigativo, l’enorme sforzo messo a punto dalla macchina dei controlli apparirà sempre insufficiente». Lo ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, in occasione della presentazione del Rapporto 2017 elaborato dalla stessa organizzazione e dall’Eurispes.

Per Moncalvo «bisogna al più presto portare all’esame del Parlamento il testo della Commissione Caselli per la riforma dei reati agroalimentari», valutando anche l’ipotesi di un decreto-legge. «Le agromafie – ha sottolineato il presidente della Coldiretti – vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano i prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione dei prodotti che percorrono centinaia e migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma soprattutto con la trasparenza e l’informazione dei cittadini».

«Per l’alimentare – ha detto ancora Moncalvo – occorre vigilare sul sottocosto e sui prodotti low cost, dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità se non l’illegalità o lo sfruttamento», così come per le importazioni «occorre stringere le maglie larghe della legislazione, a partire dall’obbligo generalizzato di indicare in etichetta la provenienza degli alimenti e di rendere pubblici gli elenchi delle aziende che importano da Paesi extracomunitari».

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Fonte: Sir