Il cibo non è merce. Scelte coraggiose per combattere la fame

A Roma un seminario promosso dalla Caritas insieme a oltre 100 organizzazioni. Per mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, «il vero spreco è quello di chi vive condizionato dalla fame di possesso fino a perdere totalmente i legami umani e sociali». Ogni giorno vengono buttate più di 4mila tonnellate di cibo, e ogni anno finiscono nella pattumiera 584 euro a persona.

Il cibo non è merce. Scelte coraggiose per combattere la fame

Nel mondo non c’è mai stato così tanto cibo
Ma quasi un miliardo e mezzo di persone soffre la fame. Questo paradosso, frutto dell’attuale sistema di distribuzione mondiale delle risorse alimentari, è stato uno dei molti temi trattati nel seminario dal titolo “Cibo per tutti? Nutrire il pianeta è compito nostro”, organizzato a Roma dalla Caritas, insieme a oltre 100 organizzazioni, in occasione della Giornata mondiale della Terra, la più grande manifestazione del pianeta dedicata ai temi della protezione dell’ambiente.
Docenti ed esperti hanno discusso attorno a temi come il diritto al cibo, l’agricoltura sociale, la custodia del creato e il consumo consapevole.

Scelte coraggiose
Fra di loro, anche il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, che nel suo intervento non ha usato mezze misure per descrivere l’emergenza della fame nel mondo.
«È ora di compiere scelte coraggiose per combattere la povertà globale, rimuovere le cause della fame e le fonti di una disuguaglianza sempre più profonda», ha affermato mons. Galantino.
Il segretario della Cei, che ha definito l’Europa «distratta e indifferente» verso le recenti stragi del Mediterraneo, si è poi soffermato sul grave problema dello spreco di cibo, ricordando come accanto a uno spreco materiale si accompagni spesso quello spreco immateriale denunciato a più riprese da don Luigi Ciotti.
«Il vero spreco – ha detto – è quello di chi vive condizionato dalla fame di possesso fino a perdere totalmente quei legami umani e sociali che rappresentano la nostra vera ricchezza».

In 840 milioni soffrono la fame
Le statistiche, soprattutto quelle sugli sprechi, parlano chiaro. Secondo uno studio del World Food Programme, ogni giorno vengono buttate più di 4mila tonnellate di cibo, e ogni anno finiscono nella pattumiera 584 euro a persona.
In Italia, in particolare, finiscono tra i rifiuti il 15% del pane e della pasta che vengono acquistati, insieme al 18% della carne e al 12% della verdura e della frutta. I supermercati in media gettano via 170 tonnellate all’anno di cibo perfettamente consumabile, pari a sette camion pieni.
Numeri che fanno impressione e che dimostrano come il vero problema non sia tanto la produzione di cibo, quanto una corretta distribuzione alimentare a livello mondiale. «Oggi produciamo una volta e mezzo la quantità di cibo necessaria a sfamare tutti gli abitanti della Terra – ha affermato Leonardo Becchetti, docente di economia all’università di Tor Vergata, aprendo i lavori del seminario – eppure oltre 840 milioni di persone soffrono la fame».

Tre emergenze
Secondo Becchetti, ci troviamo di fronte a tre emergenze diverse: quella della povertà (secondo le statistiche, oltre un miliardo di persone vive con meno di un dollaro al giorno), quella del deterioramento ambientale (definito come una «guerra mondiale silenziosa» che uccide circa 400mila persone l’anno in Cina e 40mila in Italia) e, infine, quella del malessere delle società opulente.
In quest’ultimo caso – secondo l’economista – siamo di fronte a un vero e proprio paradosso dell’infelicità, con i paesi ricchi che vedono aumentare costantemente il consumo di antidepressivi e l’accentuarsi di una crisi delle relazioni che alimenta isolamento e insicurezza. In pratica, chi ha il pane non ha i denti, e chi possiede sia il pane sia i denti vede paradossalmente svanire la propria felicità.

Globalizzazione dell’indifferenza
In questo senso, lo slogan dell’incontro era eloquente, “Una sola famiglia umana: cibo per tutti”, a ribadire con forza la necessità di uscire da una dimensione individuale in nome di una cittadinanza collettiva.
«Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere?», aveva domandato papa Francesco rivolgendosi ai membri del parlamento europeo poco più di cinque mesi fa. Per fornire una risposta a quell’interrogativo, il pontefice aveva coniato un’espressione inedita, ma efficace: aveva parlato di “globalizzazione dell’indifferenza”, riferendosi a chi decide di volgere le spalle al grido di aiuto di tutti coloro che, in molte parti del mondo, ancora non conoscono questa dignità.

Speculazione economica e finanziaria
E di globalizzazione dell’indifferenza ha parlato anche il sottosegretario del Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace, Flaminia Giovannelli, presente all’incontro. Da anni in prima linea per migliorare le politiche di sviluppo e del lavoro, Giovannelli ha ricordato le parole di papa Francesco in merito alla povertà: «La lotta alla fame – ha detto – è ostacolata dalla priorità data al mercato e al profitto, perché il cibo, purtroppo, è oggetto di una speculazione economica e finanziaria».

Infine, il sottosegretario ha lanciato un forte appello anche in vista dell’Expo 2015
«Il cibo – ha concluso – non è una merce, e la Terra è un bene comune da tutelare ad ogni costo, nel Nord come nel Sud del mondo».

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Fonte: Sir