Pena di morte. Si pratica ancora in 37 paesi, il primato asiatico

Si chiude oggi il sesto congresso nazionale di Nessuno tocchi Caino, l'organizzazione che da anni lotta contro la pena di morte e per il superamento dell'ergastolo ostativo e del 41bis. Il 10 dicembre, Giornata mondiale per i diritti umani, nella sede del consiglio regionale del Veneto, la presentazione del Rapporto 2015, che conferma il triste primato asiatico per numero di esecuzioni. In America la pena capitale resiste solo negli Stati Uniti
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Pena di morte. Si pratica ancora in 37 paesi, il primato asiatico

I paesi che mantengono la pena di morte nel mondo sono oggi 37. Due in meno rispetto al 2013, a confermare un trend in costante diminuzione (nel 2005 i paesi erano 54). Per contro nel 2014 sono state 22 le nazioni che hanno eseguito sentenze capitali, due in più rispetto all’anno precedente.

Sono dati del Rapporto 2015 di Nessuno tocchi Caino, l’organizzazione che lotta per l’abolizione della pena di morte e che oggi nel carcere milanese di Opera chiude il sesto congresso nazionale intitolato “Spes contra spem” dopo aver conferito il premio L’Abolizionista dell’anno 2015 a papa Francesco. A ispirare il titolo è il celebre versetto di san Paolo (lettera ai Romani): sperare contro ogni speranza, esattamente come Abramo nell’antico testamento, è infatti l’atteggiamento di chi intende farsi parte attiva nel processo che porti all’abolizione della pena capitale, senza limitarsi a una semplice speranza.

L’appuntamento di Milano, che ha l’obiettivo di rilanciare la campagna per la moratoria delle esecuzioni capitali e allo stesso tempo per il superamento dell’ergastolo ostativo e del 41bis, è stato anticipato proprio dalla presentazione del rapporto 2015 sulla pena di morte nel mondo che si è tenuta nella sede del consiglio regionale del Veneto lo scorso 10 dicembre, Giornata mondiale per i diritti umani.

Questione sicurezza
Nel suo intervento, il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio, titolare dell’inchiesta sul Mose, ha sottolineato come sul piano pratico siano il senso di vendetta e la paura a giustificare la pena di morte. Ma se sulla prima si può intervenire dimostrando l’inutilità del «male per il male», spesso contrabbandato con il senso di giustizia, il sentimento della paura è irrazionale e «se prevale il desiderio di autotutela» nemmeno un paese abolizionista come il nostro può considerarsi al sicuro dal ritorno di una pratica barbara come l’esecuzione capitale. Secondo Nordio, c’è oggi un grande lavoro da fare da parte delle istituzioni per rafforzare la sicurezza dello stato e da parte degli educatori per generare una nuova cultura.

La garante regionale dei diritti della persona Mirella Gallinaro ha sottolineato come il carcere sia considerato dagli addetti ai lavori l’extrema ratio, sia per la difficoltà di rendere la pena rieducativa della persona sia per gli enormi costi che le case di reclusione comportano, per l’84 per cento dovuti alla presenza degli agenti. «Si tratta di una problematica da approfondire attraverso strumenti come l’affido in prova e la mediazione penale, ma il clima oggi è cambiato ed è difficile sostenere proposte come queste». A confermarlo, la clausola di invarianza finanziaria imposta alle carceri che non permette investimenti e quindi nessuna attività lavorativa e di volontariato se non finanziata da privati, com’è avvenuto a Verona dove, grazie a un importante stanziamento della fondazione Cariverona, il progetto Esodo offre un’opportunità lavorativa al 60 per cento dei detenuti.

Il primato asiatico
A Elisabetta Zamparutti, tesoriera dell’organizzazione presieduta da Marco Pannella, l’onere di illustrare i dati contenuti nel rapporto. Emerge come sia l’Asia il continente nel quale si pratica nella sua quasi totalità la pena di morte: 3.741 esecuzioni nel 2014 e 2.182 nei primi sei mesi del 2015 (quattro anche nei confronti di minori), il 98 per cento del totale. Nella sola Cina le esecuzioni sono state almeno 2.400. Le Americhe sarebbero praticamente libere dalla pena di morte se non fosse per gli Usa (33 esecuzioni). Le 67 esecuzioni capitali africane si sono verificate in quattro paesi: Sudan (23), Somalia (20), Egitto (15) e Guinea equatoriale (9).

Deficit democratico Interessante osservare come la pena di morte proliferi soprattutto dove latita la democrazia. Dei 37 paesi che la mantengono, 31 sono retti da regimi dittatoriali o simili (oltre alla Cina, Arabia Saudita, Iran, Iraq, Corea del Nord nei primi posti). Tre i paesi democratici che hanno praticato esecuzioni capitali nel 2014 e nei primi sei mesi di quest’anno: Usa, Taiwan e Giappone.

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