Riforma costituzionale. È già battaglia in vista del referendum di ottobre

La riforma è di quelle epocali. Cambierà il volto del senato (100 senatori scelti tra consiglieri regionali e sindaci), spazzerà via il bicameralismo perfetto, eliminerà le province dalla costituzione, riporterà a Roma molte delle competenze regionali (tra cui energia e turismo), ma dà vita a un "regionalismo diffuso" secondo cui le regioni potranno chiedere autonomia in determinate materie se avranno i conti in ordine.
A Padova i comitati per il sì e per il no sono già attivi. Venerdì scorso a Palazzo Moroni le prime scintille. 

Riforma costituzionale. È già battaglia in vista del referendum di ottobre

Archiviato, almeno in apparenza, il capitolo unioni civili, il governo Renzi torna a mettere nel mirino la riforma costituzionale. Sono due le tappe in programma: l’ultimo passaggio parlamentare il 12 o 13 aprile alla Camera – il cui esito appare scontato dati i numeri dei deputati del Partito democratico – e soprattutto il referendum confermativo di ottobre che chiederà ai cittadini l’avvallo, o il respingimento, della riforma. La data presunta per l’apertura delle urne, come riportava mercoledì scorso La Stampa, dovrebbe essere il 22 ottobre.

Comitati attivi

Sul territorio i comitati contro o a favore si sono già attivati e le prime scintille a Padova si sono già viste. Venerdì 26 febbraio i membri del comitato del no hanno “presidiato” il convegno organizzato dal Partito democratico a palazzo Moroni con gli onorevoli di casa Alessandro Naccarato e Alessandro Zan e il capogruppo alla Camera Ettore Rosato.

Per il “sì”

Da una parte il comitato per il sì che si è presentato alla stampa giovedì 25 al Pedrocchi. Presidente è il prof. Sergio Gerotto, docente di diritto privato comparato a Padova, che ha lanciato il comitato assieme ai colleghi Arianna Fusaro e Filippo Viglione, oltre al consulente Stefano Pozzi e al dirigente d’impresa Renato Maria Cesca.

Per il “no”

Dalla parte del no invece è attivo il comitato provinciale animato da Giuliana Beltrame, Lucio Lobascio di Libertà e Giustizia, Lorenzo Picarella che appartiene a Libera e Silvia Marcuz che si rifà al Comitato nazionale per la difesa della costituzione presieduto da Gustavo Zagrebelsky, di cui fanno parte i padovani Lorenza Carlassare e Giovanni Palombarini. Due compagini e altrettanti punti in comune: operare come società civile senza appartenenze partitiche di sorta per in-formare i cittadini e aiutarli ad arrivare a una voto consapevole. Ma le consonanze terminano qui.

Passi avanti evidenti

Gli alfieri del “sì” ricordano come si tratti di una riforma attesa da anni, che pone fine a un bicameralismo perfetto superato ormai in tutte le grandi nazioni europee e motivato solo dal passaggio traumatico del fascismo che ha preceduto la costituzione. «La riforma è perfettibile – sottolinea Gerotto – ma i passi avanti sono evidenti, specie sulle competenze concorrenti tra stato e regioni create nel 2001, senza replicare gli squilibri tra i poteri dello stato che c’erano nella riforma del 2006».

Un bicameralismo confuso

«Non vogliamo essere scippati della sovranità popolare», scandisce invece Beltrame del comitato per il “no”, presente il martedì mattina in piazza Azzurri d’Italia, il mercoledì mattina in piazzale Cuoco, il giovedì e il sabato tra via Roma e piazza delle Erbe. «Avremo solo un bicameralismo confuso – continua – con oltre 10 modalità di approvazione delle leggi. Inoltre il principio della separazione dei poteri dello stato è violato dall’articolo 12, grazie al quale il governo può imporre al parlamento di convertire in legge una propria delibera entro 70 giorni». Riportare a Roma molte delle competenze regionali, secondo i paladini del no, significa infine «buttare il bambino con l’acqua sporca» anziché intervenire nelle disfunzioni evidenti in questi anni. 

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: legge Boschi (1), battaglia (9), politica (79), referendum (60)