La chiesa ama le famiglie. Esattamente così come sono

L’esortazione del papa raccoglie il lavoro dei due anni di cammino del sinodo. «Integrare tutti», la frase guida. Niente più distinzioni tra situazioni “regolari” o “irregolari”: «Accompagnare, discernere e integrare» è l’invito ai vescovi e ai pastori, chiamati a valutare caso per caso. Ecco la sintesi con i punti principali dell’esortazione apostolica post sinodale

La chiesa ama le famiglie. Esattamente così come sono
Tre verbi – accompagnare, discernere e integrare – e un imperativo: «Integrare tutti», cioè «aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia immeritata, incondizionata e gratuita».

È Amoris laetitia, l’esortazione apostolica di papa Francesco, firmata il 19 marzo ma pubblicata l’8 aprile e indirizzata «ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, agli sposi cristiani e a tutti i fedeli laici sull’amore nella famiglia».

«Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero», esordisce Francesco nel documento – 260 pagine, 325 paragrafi articolati in nove capitoli – in cui definisce «un prezioso poliedro» il contributo offerto dai padri sinodali nei due anni di cammino del sinodo sulla famiglia, il primo del suo pontificato. E proprio le due relatio Synodi del 2014 e del 2015, insieme alle 28 catechesi del mercoledì nel periodo intersinodale (menzionate 50 volte), sono i testi maggiormente citati da Francesco, insieme agli interventi dei suoi predecessori – san Giovanni Paolo II, Paolo VI e Benedetto XVI – in testi basilari per la pastorale familiare come la Familiaris consortio e l’Humanae vitae.

Parlare delle famiglie «così come sono»

È questa la consegna del papa, improntata a un sano realismo cristiano e alla tradizione gesuitica dell’educazione alla responsabilità personale: di qui la necessità di «una salutare autocritica» sul modo in cui abbiamo parlato del matrimonio, facendone a volte «un ideale troppo astratto».

No, allora, alla distinzione tra famiglie “regolari” e “irregolari”:

«Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivono in stato di peccato mortale».

Sì, invece, nell’anno del giubileo, allo «sguardo positivo» sulla famiglia, improntando a quella stessa misericordia che Gesù ha usato con la samaritana. «Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete – così il papa sintetizza l’impostazione di fondo del documento – è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal sinodo o da questa esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico applicabile a tutti i casi».

Per le situazioni difficili, complesse e “irregolari” delle famiglie la legge da seguire è piuttosto quella della gradualità, già sancita da san Giovanni Paolo II 35 anni fa, nella Familiaris consortio. «I divorziati che vivono una nuova unione possono trovarsi in situazioni molto diverse», scrive il papa esortando i vescovi e i pastori a coniugare discernimento personale e discernimento pastorale.

I divorziati risposati, in particolare, «devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo».

La logica dell’integrazione

«Sono battezzati, sono fratelli e sorelle», «non devono sentirsi scomunicati», e la loro partecipazione «può esprimersi in diversi servizi ecclesiali», attraverso la capacità di «discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate». D’altronde, «credendo che tutto sia bianco e nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio».

Nell’Amoris laetitia, non si nomina mai esplicitamente il tema dell’accesso alla comunione per i divorziati risposati ma – in una nota dell’ottavo capitolo – a proposito dell’aiuto della chiesa, si fa presente che «in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti».

L’invito ai pastori è insomma al «discernimento pratico» caso per caso: «Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà».

La logica della misericordia pastorale

«Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture». Nell’ultima sezione dell’ottavo capitolo del testo, Francesco spiega in questi termini la «logica della misericordia pastorale».

La situazione delle famiglie

Tiene i «piedi per terra» il papa, nel secondo capitolo, dedicato all’analisi della situazione delle famiglie. L’abuso sessuale sui bambini è «ancora più scandaloso nelle istituzioni cristiane», tuona Francesco, che stigmatizza l’ideologia del gender, la pratica dell’utero in affitto, la violenza sulle donne e in fatto di migrazioni esorta a distinguere tra il fenomeno della mobilità umana e le migrazioni forzate.

Prepararsi al matrimonio per coglierne tutta la bellezza

Nel sesto capitolo, ampio spazio alla preparazione remota e prossima al matrimonio. Tra le proposte, istituire nelle parrocchie «un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare». Una trattazione a parte meriterebbero il quarto e il quinto capitolo, definiti «centrali» dallo stesso Francesco: un tributo all’«amore» umano in tutti i suoi aspetti, comprese la fecondità e la generatività.

Divorzio, situazioni complesse, educazione sessuale dei figli

«Il divorzio è un male, ed è molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi». A ribadirlo è il capitolo sesto dell’Amoris laetitia, dove tra le «situazioni complesse» il papa cita i matrimoni tra cattolici e altri battezzati, i matrimoni misti e quelli con disparità di culto. Infine, due consigli ai genitori: imparare a educare i figli senza l’«ossessione del controllo» e “Sì all’educazione sessuale”, titolo di un paragrafo in cui il papa propone un serio esame di coscienza: «Dovremmo domandarci se le nostre istituzioni educative hanno assunto questa sfida». EM. Michela Nicolais

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