Paolo Sambin, dalla fede esteriore a quella che dà senso alla vita

Sei saggi ripercorrono la memoria dell'insigne storico padovano che fu anche sindaco indimenticato del suo paese, Terrassa Padovana. Al centro del volume del Centro per la storia dell’università di Padova, che esplora gli interessi “collaterali” dello studioso e le sue scelte in ambito ecclesiale, la scoperta dell'Azione cattolica che accese in Sambin la miccia di quella che egli stesso definì «conversione da una fede cristiana tradizionale ed esteriore (veste ingombrante, quasi aliena) a una fede cristiana personale, che determini dal di dentro tutta la vita»

Paolo Sambin, dalla fede esteriore a quella che dà senso alla vita

Ci sono voluti tre anni, il tempo di approfondire e integrare i vari saggi, per l’uscita del volume curato da Donato Gallo e Francesco Piovan Memoria di Paolo Sambin (Antilia, pp 264, euro 28,00) che raccoglie i contributi sullo storico padovano offerti nel 2013, in occasione del centenario della nascita che coincide anche con il decimo anniversario della morte.

L’omaggio è stato organizzato dal Centro per la storia dell’università di Padova, che ora ne cura anche la pubblicazione, in collaborazione con il dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell’antichità dell’ateneo, l’Accademia galileiana di scienze, lettere ed arti, l’ente nazionale Francesco Petrarca, l’Istituto per la storia ecclesiastica padovana e la Societas veneta per la storia religiosa.

«La memoria ­– spiega nella premessa Francesco Piovan – è per più versi e in più sensi il filo che lega i sei saggi che compongono il libro. Memoria storiografica, in apertura, nei due interventi di Gregorio Piaia e di Silvia Fuman, che passano in rassegna quanto Sambin ha fatto in due ambiti di ricerca laterali rispetto a quelli, più propriamente suoi, di storico della chiesa, dell’università e della cultura».

I due ambiti sono la storia della filosofia padovana del Rinascimento, con particolare riguardo alle vicende biografiche di Nicoletto Vernia e Pietro Pomponazzi, e la storia dell’arte padovana tra Quattro e Cinquecento.

La “memoria” di Paolo Sambin affronta poi la sua “scoperta dell’Azione cattolica” nel 1931, in seguito allo scontro post-concordatario tra regime fascista e chiesa. Una scoperta che

fu la scintilla che accese la miccia di quella che egli stesso definì «conversione da una fede cristiana tradizionale ed esteriore (veste ingombrante, quasi aliena) a una fede cristiana personale, che determini dal di dentro tutta la vita».

Il tema viene affrontato da due studiosi, che si avvalgono di fonti differenti. Rosetta Frison Segafredo ha eseguito un paziente e attento spoglio del nostro settimanale, affiancato da carte affidatele dallo stesso Sambin, da cui emerge il suo itinerario nell’associazionismo cattolico padovano tra gli anni Trenta e i Sessanta. Pur essendo già all’università – ricorda il saggio – e conoscendo la Fuci, Sambin sceglie l’Ac giovanile anche perché «immerso nella parrocchialità di campagna, vedevo la Fuci come una élite separata».

L’attività associativa fu subito intensa, accompagnata da una rigorosa formazione interiore da cui derivava anche un impegno immediato di pratica della carità che Sambin riteneva «un radicale scotimento par la nostra formazione cristiana e sociale». Un’attenzione che diventa anche impegno politico, nella resistenza non armata prima e poi come sindaco di Terrassa, il suo paese.

Agli inizi degli anni Cinquanta la sua militanza rinuncia a incarichi specifici per esprimere il suo impegno, anche di cristiano, nel «solco semideserto» dell’erudizione storica che lo assorbe prioritariamente. Il saggio è accompagnato da un utilissimo schedario biografico dei coprotagonisti di quegli anni. L’intervento successivo mette a frutto i documenti reperiti da Enrico Baruzzo nell’archivio dell’Ac padovana.

Seguono le note sul Sambin politico e sindaco di Terrassa indagate da Carlo Monaco e un’intervista inedita che lo stesso Sambin rilasciò a Flavia De Vitt l’8-9 luglio 1993. Chiude il volume il contributo di Donato Gallo sulle carte di Paolo Sambin, che segnala l’importanza dell’archivio donato dalla famiglia.

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