L'11 settembre del Pakistan. «Questa strage cambierà il paese»

L’analisi di Ejaz Ahmad, caporedattore del giornale in lingua urdu per pakistani in Italia Azad, sull’attentato dei talebani costato la vita a oltre 140 persone, di cui 132 bambini. «Questa vicenda ha voltato pagina nella storia del Pakistan».

L'11 settembre del Pakistan. «Questa strage cambierà il paese»

«Lo scenario in Pakistan cambierà dopo questo attentato così come l’11 settembre ha cambiato alcune parti del mondo». Ne è convinto Ejaz Ahmad, giornalista pakistano in Italia dall’89 e caporedattore del giornale in lingua urdu per pakistani in Italia Azad, commentando l’attentato di un gruppo di talebani in una Scuola pubblica militare di Peshawar che ha causato la morte di oltre 140 persone, di cui 132 bambini.
Un attentato che ha più le caratteristiche di un’esecuzione sommaria nei confronti di bambini indifesi, portato a termine durante un assalto armato in una scuola gestita da militari durato circa nove ore.
Una vicenda che ha colpito profondamente anche la comunità pakistana a Roma, racconta Ahmad.«C’è un grande dolore – spiega – Tutti quelli che ho sentito in queste ore mi chiedono se possiamo fare una fiaccolata, ma sulle modalità decideremo in questi giorni. C’è molta rabbia contro questo attentato, nonostante in Pakistan non siano una novità. Questo ha portato grande dolore. Ha scosso l’opinione pubblica e voltato pagina nella storia del paese».

L’assalto alla scuola, spiega Ahmad, non è che uno dei tanti atti terroristici che preoccupano il Pakistan. Poche settimane fa, infatti, scenario di un altro attentato è stata una manifestazione militare al confine con l’India, al Wagah Border nei pressi di Lahore, molto conosciuta e frequentata sia da pakistani che da indiani.
«Qui i soldati fanno una cerimonia in un piccolo stadio dove ci sono sia pakistani che indiani – racconta Ahmad – È una cerimonia un po’ buffa: i soldati fanno una sorta di ballo, ma è una manifestazione che sta avendo grande successo anche in termini di integrazione. Lì i talebani hanno fatto un attentato circa un mese e mezzo fa. È stato un primo segnale dei talebani».
Ora, spiega Ahmad, i quotidiani pakistani puntano il dito contro il governo centrale di Nawaz Sharif, primo ministro, accusato di non aver vigilato a sufficienza sulle attività di questo gruppo, e sui servizi segreti ritenuti inefficaci. Primo ministro che ha già condannato l’accaduto e promesso un pugno di ferro contro i talebani.

Sebbene sia già difficile fare generalizzazioni sugli stessi talebani, per Ahmad occorre chiarire su possibili collegamenti con quanto accade nel Medio oriente, per mano dell'Isis.
«I talebani sono altra cosa rispetto all’Isis – precisa Ahmad – nonostante alcuni talebani dicano di volersi alleare con loro. L’Isis proviene dal mondo arabo, mentre i talebani sono pashtun e attaccati alla propria etnicità, quindi non c’è una connessione».
Gruppi diversi, anche nei numeri: «I talebani non sono come l’Isis – spiega Ahmad – non sono 30 mila. Sono molti di più e c’è un reclutamento veloce di nuove leve. Molti pakistani che ho incontrato a Roma mi hanno detto che la scelta alternativa a quella di venire qui era di fare il talebano».
In molte aree del paese non manca chi simpatizza per loro, anche se, spiega Ahmad, l’attentato contro la scuola cambierà il volto del Pakistan, anche su questo. «Tutte le forze politiche e dell’esercito sono unite di fronte a questo attentato – racconta – Quando ci sarà il funerale dei 132 bambini non ci saranno più scuse e giustificazioni per queste simpatie verso i talebani in Pakistan. L’esercito darà una risposta pesante contro questa forza».

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Parole chiave: Pakistan (4), talebani (4), Isis (105), terrorismo (67)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)