3 ottobre, dal ricordo della tragedia alla richiesta di giustizia

«Vedere gli stranieri». È il titolo dell'incontro in programma in Sala Zuccari al Senato, questo pomeriggio alle 17, in occasione della prima celebrazione della Giornata nazionale delle vittime dell'immigrazione, istituita per «conservare e rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria». Un momento di riflessione, per non dimenticare un dramma che purtroppo continua ogni giorno e che viene ricordato con molte iniziative in tutta Italia.

3 ottobre, dal ricordo della tragedia alla richiesta di giustizia

«Mai più».

Tre anni fa a Lampedusa fu questa l’espressione più usata. Ma dopo il terribile naufragio al largo dell’isola dei conigli, costato la vita a 368 persone, quasi tutte eritree, le morti nel Mediterraneo sono continuate a salire. Dal 3 ottobre 2013 ad oggi la lista dei morti e dispersi si è allungata di oltre 11.400 persone secondo l’Unhcr, l'alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. Solo quest’anno, sono circa 3.500.

Nel terzo anniversario della strage, diventato da quest’anno Giornata della Memoria, da nord a sud Italia, sono tante le iniziative che celebrano il ricordo del naufragio e chiedono giustizia per le morti in mare.

«La celebrazione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione diventi anche l’occasione per condividere la volontà di costruire corridoi umanitari e vie legali che accompagnino in sicurezza i migranti e le loro famiglie nel loro cammino e che consentano l’ingresso in Italia e in Europa senza altre vittime innocenti – chiede la Fondazione Migrantes – Sono trascorsi tre anni da quel tragico naufragio a poche decine di metri dalle coste dell’isola di Lampedusa, il 3 ottobre 2013, che causò la morte di 366 persone. Le immagini delle bare, una accanto all’altra, nell’hangar dell’aeroporto militare, è ancora presente nella nostra memoria e non possiamo dimenticarle facilmente. L’Italia reagì a quella tragedia creando l’operazione Mare nostrum, che ha dato vita a tanti uomini e donne che tentavano di raggiungere le nostre coste: 170.000 le persone salvate in un anno. Dall’ottobre 2014 l’operazione è stata sospesa, perché l’Europa non ha voluto farsene carico, non ha voluto considerare il Mediterraneo un Mare anche europeo. Da allora sono oltre 270.000 le persone migranti salvate nel Mediterraneo, con navi anche di altri stati europei oltre che dell’Italia e con navi di Organizzazioni private, ma ancora troppi sono stati i morti: dal 3 ottobre 2013 ad oggi oltre 11.500 migranti, e il Mediterraneo è diventato un “cimitero”, come ha ricordato papa Francesco».

Anche il Centro Astalli, che è tra i promotori dell’istituzione del 3 ottobre come giornata nazionale della memoria, lancia un appello a Istituzioni nazionali e internazionali e alla società civile: "neanche più un morto nel Mediterraneo". «Celebrare una Giornata della memoria per quanti non ce l’hanno fatta vuol dire ricordare un numero impressionante di bambini, donne e uomini annegati nel Mediterraneo – sottolinea padre Camillo Ripamonti – Molte delle politiche messe in atto da quel tragico 3 ottobre in poi vanno in una direzione estremamente preoccupante e non di rado in aperta violazione dei diritti umani e delle principali convenzioni in materia di asilo. Ricordare i morti vuole dire prima di tutto rispettare la dignità e i diritti dei vivi».

Proprio per fermare le stragi l’Arci il 3 ottobre organizza un flash mob a Roma in piazza del Pantheon, alle ore 11.

L’obiettivo è «ricordare le migliaia di persone in fuga dai loro paesi, morte nella ricerca di un futuro migliore». «Basta vittime di immigrazione, si aprano corridoi umanitari, si adottino politiche di vera accoglienza» è lo slogan scelto: «Il Mediterraneo continua ad essere la rotta più pericolosa, ed è ormai diventato un enorme cimitero a cielo aperto. L’ultimo naufragio di cui abbiamo notizia è avvenuto il 21 settembre, davanti alle coste egiziane, e pare che le vittime siano più di trecento – aggiunge Arci – Intanto i governi europei, a partire da quello italiano, stanno lavorando per stringere accordi con i paesi di origine e transito, per chiudere ogni possibilità di arrivare in Europa. L’ultimo accordo è stato firmato ad agosto dal capo della polizia italiana col suo omologo sudanese e consente il rimpatrio delle persone provenienti persino dal Darfur (40 persone sono già state rimpatriate) dove è noto che le bande paramilitari legate al governo uccidono senza pietà ed è di stamattina la notizia che in quel paese vengono usate armi chimiche».

Anche nell’isola che fu teatro della strage, si ricorda la strage con l’iniziativa “L’Europa inizia a Lampedusa” organizzata insieme al Comitato 3 ottobre.

«Proteggere le persone e non i confini» è ancora la parola d'ordine, ma oggi si chiede anche un’azione contro i muri che l'Europa sta continuando ad alzare ovunque per fermare chi è in fuga: «Muri e filo spinato che costringono chi scappa a cercare vie più pericolose, rafforzano la rete di trafficanti di uomini, provocano di fatto il genocidio, l'olocausto che si ripete ogni giorno al quale noi non vogliamo abituarci».

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)