Sud del mondo, ecco il depuratore che salva la vita

Nel mondo una persona su otto non ha accesso all’acqua potabile e 2,6 miliardi di esseri umani non accedono a infrastrutture igienico sanitarie. L’associazione Fraternità missionaria di Cadoneghe ha inventato un semplice dispositivo importato in 18 paesi in via di sviluppo.

Sud del mondo, ecco il depuratore che salva la vita

Neppure papa Francesco, con il suo esplicito appello all’interno della Laudato si’ perché l’acqua potabile «sia diritto fondamentale e universale», è riuscito nell’intento che dalla Conferenza internazionale sul clima dello scorso dicembre a Parigi uscisse un impegno globale indiscutibile, affinché questo primario bene comune sia riconosciuto come diritto inalienabile da garantire a tutti.
Alla Cop21, infatti, le 195 nazioni partecipanti hanno stabilito concreti obiettivi comuni contro le alterazioni climatiche, ma nessuna parola è stata spesa per l’acqua come garanzia di futuro per la popolazione mondiale.

Non ha sortito effetto neanche la campagna internazionale, lanciata proprio nel corso del 2015 e a cui hanno aderito milioni di persone a livello globale, per concretizzare la risoluzione delle Nazioni Unite del 28 luglio 2010 perché l’acqua diventi un diritto universale.

Tre milioni di morti l'anno nel mondo
Secondo l’Onu, nel pianeta un essere umano su otto (vale a dire 884 milioni di persone) non ha accesso all’acqua potabile, causando ogni anno, come conseguenza delle malattie contratte (gastroenteriti, tifo, colera, salmonellosi...), 3 milioni di morti, soprattutto tra neonati e bambini che rappresentano l’anello più debole.
In più, 2,6 miliardi non dispongono di infrastrutture igienico sanitarie, con la terribile conseguenza che un milione e mezzo di bambini al di sotto dei 5 anni muore per mancanza d’acqua pulita. Eppure basterebbe così poco...

Un'idea semplice, efficace e a basso costo
Tra coloro che nel territorio veneto cercano di contrastare quest’assurda strage c’è l’associazione Fraternità missionaria, nata nel 1996 in seno alla parrocchia di San Bonaventura di Cadoneghe dalla passione per i poveri miscelata a quella per l’ingegno tecnico di Dario Bedin.
L’ipoclorito di sodio – la comune varechina – è la soluzione alla potabilità dell’acqua. Partendo dalle sue qualità di potente germicida utilizzato in tutti gli acquedotti nel mondo, Fraternità missionaria ha messo a punto un semplice, leggero ed economico dispositivo per depurare l’acqua nei villaggi africani come nelle baraccopoli indiane, perché senza acqua da bere e con cui lavarsi la vita si ferma, soprattutto sul nascere.
L’80 per cento delle malattie contratte nei paesi in via di sviluppo è infatti generato dall’acqua sporca, bevuta direttamente da fiumi, laghi, pozzi, pozzanghere…

70 euro di costo, e già 230 kit già spediti nel mondo
L’idea della costruzione di un agile depuratore mobile si deve Giorgio Ferro e Dario Bedin e ha trovato subito ampio impiego tanto che, in vent’anni, oltre 230 dispositivi sono stati spediti con il loro kit d’istruzioni in quattro lingue (italiano, francese, inglese e portoghese) in quasi venti paesi tra Africa, Asia e America del Sud.
L’impianto brevettato dall’associazione padovana costa davvero poco: 70 euro al massimo per far fronte alle spese vive di acquisto dei materiali (tubo in pvc, elettrodi, carboncino in grafite e un filo di rame); poi il tutto viene assemblato gratuitamente da cinque volontari dell’associazione.

Cibo per tutti? La risposta non è nella chimica...
«Da anni – racconta il fondatore dell’associazione Dario Bedin – Etra servizi sostiene i nostri progetti di sviluppo e ci regala i pezzi necessari per la costruzione dei depuratori. Basta veramente niente per migliorare la qualità della vita nei paesi poveri: semplici innovazioni tecniche possono aumentare le prospettive di vita. Un altro esempio? Da qualche tempo in Ciad alcune scuole agricole hanno cominciato a utilizzare un tipo di letame fermentato sempre messo a punto da me: piante di sorgo producono 3 o 4 pannocchie e non era mai successo prima. Questo dimostra che la produzione può triplicare, senza l’utilizzo dei fertilizzanti chimici importati dall’Europa che sterilizzano il terreno, lo impoveriscono in pochi anni e inquinano le falde acquifere».

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