Lussemburgo: la chiesa e la risposta vivibile

Inviato a Roma un documento di 34 pagine. Sottolineato il distacco crescente fra la dottrina e la prassi ordinaria di singoli credenti e famiglie. Rivalutazione e comprensione del tempo prima del matrimonio. Sui sacramenti ai divorziati s'invoca «di tradurre in pratica la pastorale della misericordia e creare luoghi dove possa essere proposta e vissuta».

Lussemburgo: la chiesa e la risposta vivibile

Anche la chiesa cattolica in Lussemburgo ha reso disponibile, on line, l’analisi dei questionari sulla famiglia voluta dal Sinodo dei vescovi per preparare l’appuntamento del prossimo ottobre. «La stragrande maggioranza delle risposte proviene da persone che si sentono legate alla chiesa e si riconoscono in lei – si legge nell’introduzione – In questo contesto, il risultato è tanto più allarmante. Ci sono prove di un divario crescente tra la proclamazione magisteriale della chiesa e la ricezione e l’effetto di questa dottrina tra i membri della chiesa stessa».
Il documento di 34 pagine inviato a Roma a fine gennaio contiene l’analisi delle 52 risposte (39 di singole persone e 13 collettanee) compiuta da un gruppo di lavoro ad hoc nominato dall’arcivescovo Jean-Claude Hollerich.

La centralità del linguaggio. Nell’introduzione, e a più riprese nel corso del documento, si sottolinea come la forma linguistica del questionario sia stata percepita complicata e ambigua in certi passaggi, motivo che «può certamente essere stato un ostacolo per una più ampia partecipazione al sondaggio», insieme alla stretta tempistica a disposizione per diffondere il questionario e raccogliere le risposte.
Il tema del linguaggio è ricorrente per cui, ad esempio, «molto bassa» è la conoscenza dei documenti magisteriali per il loro linguaggio «estraneo, incomprensibile e poco attuale». Se è nota la stima della chiesa per la famiglia, l’importanza dell’insegnamento ecclesiale è “in caduta libera” di fronte alla riconosciuta valenza normativa della coscienza e della libertà individuale.
I programmi pastorali «sono spesso orientati a modelli tradizionali di famiglia, che nella realtà vengono vissuti solo in parte, mentre per situazioni familiari problematiche, la chiesa non ha nessuna risposta vivibile». Si afferma, inoltre, che «la dottrina sul matrimonio, la paternità responsabile e la famiglia viene respinta negli ambienti non-ecclesiali (e a volte anche ecclesiali), perché la chiesa è considerata come estranea, non competente» in questi ambiti. Inoltre l’enciclica “Humanae Vitae” per certi aspetti «ha creato una spaccatura difficilmente ricomponibile fra la chiesa e la società».

Compassione, apertura, comprensione. Se il tono del documento del Lussemburgo è molto critico, non emergono indicazioni o posizioni preferenziali definite. Piuttosto s’insiste, a più riprese, sull’atteggiamento con cui la chiesa dovrebbe agire in queste situazioni: «compassione, apertura, comprensione, senza pregiudizi, desiderio di esplorare e capire, prima di prendere una decisione».
S’insiste molto anche sul tema della “famiglia come chiesa domestica”, approccio che sembra vissuto solo nelle esperienze dei movimenti laicali mentre la promozione della famiglia in questa prospettiva dovrebbe diventare una priorità assoluta del ministero pastorale della chiesa.

Il tempo prima del matrimonio. Nel contesto lussemburghese in cui il 72 per cento dei giovani vive la convivenza “ad experimentum”, «la sfida pastorale è di considerare seriamente questo tempo prima del matrimonio e riconoscere che il matrimonio si realizza per tappe che la chiesa appoggia e accompagna, nel tempo di una promessa che si consolida fino alla conferma sacramentale».
Allo stesso modo è una realtà quella dei separati risposati, rispetto alla quale gli approcci pastorali sono molto diversificati, ma in linea generale «si nota una contraddizione tra il diritto canonico e la dottrina da un lato e la vicinanza pastorale praticata dall’altro». E si parla della «sofferenza che attraverso l’esclusione dei sacramenti – in particolare la riconciliazione – viene inflitta».
La regola dell’accesso ai sacramenti “secondo discernimento” pare inadeguata. S’invoca «di tradurre in pratica la pastorale della misericordia e creare luoghi dove possa essere proposta e vissuta». Per quanto riguarda, invece, le coppie omosessuali, dal Lussemburgo non arrivano posizioni né indicazioni precise, se non ancora l’appello ad «assumere la realtà come si presenta, senza volerla cambiare con rappresentazioni morali», e a un atteggiamento di accoglienza e misericordia.

Altre sfide e proposte. Nel documento si elencano, infine, una serie di richieste, a partire dal ripensare la lingua e le forme di comunicazione della chiesa; rivedere la definizione ecclesiale di famiglia; non rendere il tema della sessualità il riferimento unico da cui valutare la persona, il matrimonio e la famiglia. Si chiede di coinvolgere al Sinodo anche i separati e risposati perché possano contribuire attivamente; di «affrontare i cambiamenti sociali della famiglia, i matrimoni gay, la pianificazione familiare»; di ripensare seriamente le posizioni sulla contraccezione. Dalle risposte al questionario emerge anche la necessità di una riflessione sulla vocazione sacerdotale, incluso il celibato e l’ordinazione delle donne, nella prospettiva di avere «pastori e comunità capaci di stare vicine alle persone».

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Parole chiave: Lussemburgo (2), Famiglia (217), Sinodo sulla famiglia (56), divorziati (27), coppie gay (4), contraccezione (3)
Fonte: Sir