A Belluno Feltre, Girolamo Bortignon fu il vescovo predecessore padovano di mons. Marangoni

Mons. Renato Marangoni, eletto vescovo della diocesi di Belluno Feltre da pochi giorni, ha un celebre predecessore padovano: il capuccino mons. Girolamo Bortignon, che guidò la diocesi dal 1945 al 1949, distinguendosi per il coraggio durante la seconda guerra mondiale.

A Belluno Feltre, Girolamo Bortignon fu il vescovo predecessore padovano di mons. Marangoni

Il legame storico tra le diocesi di Belluno-Feltre e Padova si potrebbe riassumere in un nome, quello di mons. Girolamo Bortignon, il cappuccino padovano di Fellette, paese della Pedemontana vicentina in comune di Romano d’Ezzelino, divenuto vescovo di Belluno-Feltre nel 1945 e “restituito” a Padova come vescovo il 26 giugno 1949 (nella foto d'archivio della Difesa l'ingresso).

Non era il primo personaggio importante che, prima di prendere le redini della nostra diocesi, aveva trascorso qualche tempo “in montagna”. Anche il grande vescovo Pietro Barozzi, nominato a Padova nel 1487, era vescovo di Belluno dal 1471. E ancora prima, l’umanista Jacopo Zeno, chiamato alla cattedra di Prosdocimo nel 1460, era vescovo di Belluno e Feltre dal 1447. Bortignon è però l’unico padovano a essere stato presule delle due sedi.

Nell’aprile del 1949, quando giunse l’annuncio della nomina, la Difesa scelse un modo informale di darne la notizia alla diocesi. Accanto all’articolo del direttore, mons. Francesco Canella, mise in prima pagina un “reportage” di don Angelo Bertolin, il celebre Giacometo, che aveva accompagnato il direttore nella visita al vescovo cappuccino nella sua Belluno.

«Il palazzo vescovile – scrive don Angelo – mi dà l’impressione di un convento: scale, corridoi, meandri in penombra. Sfociamo nell’anticamera luminosa… Di S. E. mons. Bortignon ho visto, tempo fa, in una fotografia, il profilo austero e autoritario, e m’è giunta la fama di un uomo deciso, energico, volitivo sia che si tratti di nazisti che di comunisti (…) Egli ci accoglie sorridendo paternamente. Un capo arguto, un viso affilato, dal colorito bruno. Quando ti guarda tiene la testa un po’ reclinata e socchiude gli occhi dietro le lenti, quasi a concentrare nella breve fessura tutta la lama penetrante del suo sguardo». L’accenno ai nazisti si riferisce al famoso gesto compiuto il 17 marzo 1945 quando, saputo che era stato proibito dai nazifascisti ai suoi sacerdoti di benedire la salma di quattro partigiani impiccati ai lampioni di piazza Campitello, si recò sul posto, si fece dare una scala e li abbracciò dando loro l’estrema unzione, chiuse i loro occhi e li baciò. Qualche giorno dopo, il 29 marzo 1945, giovedì santo, andò a visitare il campo di concentramento nazista dei prigionieri politici italiani di Bolzano, per confortarli e celebrare per loro la messa. E il 3 aprile indirizzò al commissario supremo una lettera di protesta contro le rappresaglie e le distruzioni d’interi paesi, uomini e cose, l’arresto di preti e le continue persecuzioni. Belluno ricorderà Bortignon anche per un altro episodio, di tutt’altro tenore: nel 1947 scelse come suo vicario generale un giovane prete di nome Albino Luciani...

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