Quali elementi interessanti ha espresso il Sinodo a livello biblico, teologico e spirituale? Germogli preziosi di cui prendersi cura

Quali elementi interessanti ha espresso il Sinodo a livello biblico, teologico e spirituale? Quale stile è maturato nella Chiesa di Padova?

Quali elementi interessanti ha espresso il Sinodo a livello biblico, teologico e spirituale? Germogli preziosi di cui prendersi cura

Dopo aver “indagato”, con don Livio Tonello, quali elementi interessanti sono emersi dal Sinodo diocesano a livello pastorale (Difesa del 18 febbraio), ora continuiamo la nostra ricerca.

Bibbia citata o vissuta?
«L’elemento più visibile, dal punto di vista biblico, è l’aver indicato – al termine dei lavori dell’assemblea sinodale – di sostenere nella Diocesi la nascita di piccoli gruppi della Parola. Il testo che accompagna questa indicazione, e che è stato messo nelle mani del vescovo, chiarisce che la Parola di Dio non è solo la Bibbia; la Sacra Scrittura però è espressione particolarmente alta della Parola di Dio». Così don Carlo Broccardo, docente di Sacra Scrittura. E ancora: «Mons. Giuseppe Trentin, in un libro sul teologo Wilhelm Klein, cita questa sua riflessione: non dobbiamo essere preoccupati perché la società non cita esplicitamente i valori cristiani, l’importante è che li viva. Lo stesso vale per la Bibbia: non dobbiamo solo chiederci se viene citata esplicitamente, ma anche essere felici quando viene vissuta! Se penso all’evangelista Luca, si può dire che fa riferimento continuo alla Scrittura senza citarla esplicitamente. Questo è un modo che ci fa riflettere...». Il cammino sinodale aveva un brano evangelico di riferimento – le nozze di Cana – «e questo è bello, ma ancora di più è importante che la Bibbia sia stata vissuta. Qualcuno, all’inizio del cammino, diceva che nell’Instrumentum laboris era citata troppo poco la Bibbia, ma – dico – è importante il contenuto! Non mi interessa che ci sia una copertina biblica. Mi interessa che una comunità, oppure un’assemblea sinodale, affronti un problema insieme, discutendo, pregando, giungendo a una conclusione… Questo somiglia al capitolo 15 degli Atti degli apostoli. È uno stile che abbiamo imparato. Che possiamo ancora imparare! La bibbia ci offre un modo di vivere. Prima di pregare il Padre nostro, nella messa, il celebrante dice: “Formati al suo divino insegnamento…». La Bibbia ci dà una forma: a volte si riconosce e a volte no, ma l’importante è che ci sia. Dei Verbum, Verbum Domini e Aperuit illis ci dicono che serve frequentare la Bibbia perché sia percepita come familiare e quindi dia forma al nostro agire. Non è una cosa spontanea, che capita così. Alla base ci sono lo studio e la meditazione». Si sente dire, evidenzia don Broccardo, che «c’è poca Parola di Dio. E mi viene in mente un libro su Annalena Tonelli. Dove operava come missionaria, in Africa, era proibito nominare Gesù. Ogni anno, quando dava vita a una campagna sanitaria per una malattia che colpiva i bambini agli occhi, fuori dalla porta metteva un cartello con scritto “Prima ero cieco, ora ci vedo”. Sono le parole del cieco nato, appena guarito da Gesù (Gv 9,25). Nessuno lo sapeva, ma era Parola di Dio vissuta».

Sguardo fisso sul Maestro
«Il Sinodo è caratterizzato, come dice la parola stessa, dal camminare insieme; ma perché ci si mette in cammino? E come? Ma soprattutto verso dove? Semplici domande – evidenzia don Fabio Moscato, docente di ecclesiologia – le cui risposte possono aiutarci a rileggere teologicamente l’esperienza di Sinodo che abbiamo vissuto». Ci si è messi in cammino «perché di fronte alle sfide del nostro tempo si è percepito sempre più la necessità di un rinnovato e significativo annuncio del Vangelo: come è possibile che la Parola del Signore oggi non sia più significativa per i nostri contemporanei? Questo stesso nostro contesto però ci sta sollecitando a essere sempre più una Chiesa che nelle forme e modalità corrisponde a quel Vangelo che annunciamo. Non da soli si affrontano queste situazioni, e nemmeno devono essere riservate solamente agli specialisti, ma assieme perché sono un “affare” di tutta la Chiesa». Il nostro camminare assieme si è configurato negli spazi di dialogo, nei gruppi di discernimento e poi nell’assemblea sinodale «dove ogni membro, in forza del battesimo che tutti ci accomuna, è stato chiamato in maniera responsabile a contribuire a far sì che quanto ascoltato aiutasse la nostra Chiesa a rinnovarsi. Un coinvolgimento personale e comunitario allo stesso tempo, dove ognuno non era interessato ad affermare la propria posizione, ma a dare il proprio contributo a quel convenire insieme nel nome del Signore che dà gioia alle nostre vite. Significativi sono stati i lavori nei vari gruppi nei quali era suddivisa l’Assemblea sinodale: sono stati una vera e propria “scuola di dialogo fraterno” dove i “ruoli” che si ricoprono non hanno influenzato o determinato lo svolgimento. Ho percepito un ascolto profondo dell’altro e come lo Spirito in quel nostro colloquiare in qualche modo ci abbia un po’ cambiato». Il camminare assieme chiede «la serietà di sapersi mettere in un atteggiamento di ascolto e di silenzio non sempre facili e immediati. Così le fatiche umane provate o le delusioni di fronte alle proprie aspettative, la lentezza del procedere o la percezione di smarrimento ci riportano alla concretezza della realtà contro ogni mistificazione del processo sinodale, dove si cammina assieme come si è e come è il fratello e la sorella che mi stanno accanto». Un Sinodo non dovrebbe misurarsi sulla sua capacità di risolvere i problemi che si sono inizialmente percepiti, «ma sull’aver tenuto lo sguardo fisso sul Maestro e sull’aver camminato dietro a lui. Sapendo che il camminare assieme non si conclude con lo scioglimento dell’assemblea e nemmeno con la consegna delle indicazioni sinodali, ma nel momento della recezione, in quanto dice come questa esperienza ci abbia fatto crescere alla scuola del Maestro e maturare a un rinnovato senso di Chiesa».

“Tensione” spirituale
La nostra Chiesa ha vissuto un’esperienza spirituale grazie al Sinodo? È stata un’occasione per fare esperienza del Risorto? Abbiamo percorso la strada dello Spirito come ci indica il capitolo 5 della lettera ai Galati? A queste domande, don Antonio Oriente, padre spirituale, risponde così: «Personalmente ho potuto constatare che il riferimento e la presenza dello Spirito di Gesù Cristo hanno accompagnato e stanno accompagnando la nostra Chiesa nel percorso sinodale. L’intuizione originaria non può che essere stata quella di una Chiesa che con tutte le sue forze ha desiderato e desidera lasciarsi ispirare, accompagnare e illuminare dal Vangelo. Senza questa dimensione spirituale che comprende la “tensione” alla conformazione a Cristo e l’annuncio della buona novella un Sinodo sarebbe inutile, senz’anima». E ancora: «Accogliere il “nascente” nella Chiesa perché fedeli al Vangelo e al tempo nel quale siamo chiamati a vivere, attraverso lo stile del discernimento, ci chiede una robusta vita cristiana e uno sguardo sapiente e accogliente dei segni che il Signore semina nella storia attuale. L’esperienza negli spazi di dialogo, nei Gruppi di discernimento e nelle commissioni di studio... è stata l’occasione per incontrare uomini e donne appassionati del loro battesimo e desiderosi di poterlo testimoniare, soprattutto alle giovani generazioni. Un un interrogativo ci ha accompagnato nei lavori dell’Assemblea sinodale: quale Chiesa per un efficace annuncio del Vangelo? Una Chiesa che custodisce e rivitalizza la fede, che proclama e afferma il Vangelo, che sostiene l’esperienza di Cristo sia individuale che comunitaria. Una Chiesa dove la fede diventa amore». Splendidi – per don Oriente – i confronti in commissione «sul recupero del modo di vivere la fede tipico di questa Chiesa; sul vivere e trasmettere realmente la stessa forma di vita del Cristo in chiave missionaria dentro e fuori la Chiesa; sulla necessità di accrescere la comunione con Cristo e con gli altri battezzati; sull’unità, collaborazione e senso di appartenenza che derivano dall’ascolto della Parola e dalla carità vissuta».

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