Commercio padovano: l'ascesa dell'alimentare

Il sistema delle botteghe in centro, vera spina dorsale dell'economia padovana, da sempre caratterizzata dal commercio, sta cambiando radicalmente sotto la spinta della grande distribuzione, come confermano i dati dell'osservatorio di Confesercenti. La parte del leone la fa il commercio al dettaglio che detiene 656 attività su 958. La moda conta 271 punti vendita, ma cala del 18 per cento, a crescere, in maniera consistente, è il settore alimentare. 

Commercio padovano: l'ascesa dell'alimentare

Padova è città di “bottegari” (non certo in senso dispregiativo); il commercio rappresenta infatti il punto forte dell’economia cittadina, anche se le modalità e la prassi di rapporto tra cliente e negozio, soprattutto dopo l’avvento della grande distribuzione, sono profondamente cambiate.

Per questo, l’osservatorio economico di Confesercenti dal 2010 indaga sulle tendenze commerciali nelle principali via del centro storico, analizzando i mutamenti in corso nei tre settori, del commercio al dettaglio, del turismo e dei servizi. L’analisi prende in considerazione 17 aree commerciali composte da una o più vie o piazze.

Cosa sta succedendo
Nel centro storico il totale delle attività è pari a 958 di cui: 656 attività del commercio al dettaglio, 185 del turismo e 117 dei servizi. Nel settore del dettaglio il comparto della moda è quello maggiormente numeroso con 271 negozi; l’altro grande gruppo è quello alimentare; infine vi è un ambito generico in cui rientrano tutte le altre attività così catalogate, dall’antiquariato, all’arredamento, alle fiorerie; tra quest’ultima tipologia di esercizi “generici” sono le gioiellerie le maggiormente numerose con 46 negozi, a seguire quelli di arredo e oggettistica casa, con 37 punti vendita.

La zona “più chiusa” è quella di galleria Borromeo, che su 13 spazi commerciali ne ha 5 con le serrande abbassate (38 per cento). Nel turismo sono i bar gli esercizi con il numero maggiore, con 94 attività; seguono i ristoranti 38, e i take away 21 (creperia, piadineria, pizza per asporto, kebab).

Per quanto riguarda il settore dei servizi, questo rappresenta il 12 per cento delle attività presenti nelle aree analizzate. Le agenzie immobiliari (30) seguite dai parrucchieri (28 attività) sono quelle maggiormente presenti. Il confronto con sei anni fa Nel 2010 (le aree d’indagine erano 15, senza via Manin, via Cavour, via 8 Febbraio e piazza Garibaldi, via Davila e via Risorgimento, via Barbarigo) le attività erano 869, oggi nelle stesse aree sono 844, 25 in meno, che equivale a una perdita del 3 per cento.

Un dato che se letto da solo non crea grandi allarmismi, ma se andiamo a vedere settore per settore, le sorprese non mancano. Nel dettaglio è il comparto moda ad avere la perdita maggiore, con meno 18 per cento, l’intimo perde quasi metà dei negozi, 11 in meno in sei anni. Segno positivo invece per l’alimentare, più 26 per cento

Commercio al dettaglio
Sono tre i fenomeni principali che si verificano nel commercio al dettaglio; il primo è nel comparto della moda che perde complessivamente il 18 per cento (sono meno 52 attività). Il secondo fenomeno si verifica nell’alimentare, che registra invece una crescita del 26 per cento (più 21 attività); infine, le altre attività non alimentari nel complesso segnano un calo del 7 per cento.

Turismo
Nel comparto turistico, compresi i bar e la ristorazione, si nota complessivamente una crescita dell’8 per cento (13 attività); l’aumento è tra le enoteche (più 4), mentre perdono i bar (meno 5), più 5 attività anche per ristoranti e 5 e per il take away (creperia, piadineria, pizza per asporto, kebab). Tengono, con un incremento, pure le agenzie di viaggio, a significare che queste attività, nonostante la crisi e il fenomeno del “fai da te”, offrono comunque servizi di qualità a cui il consumatore non vuole rinunciare. Servizi Nel comparto dei servizi, l’ exploit lo fanno le sartorie; aprono infatti 6 attività (il 120 per cento se pensiamo che nel 2010 erano 5 e oggi sono 11 in tutto il centro storico).

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