Paul Bhatti: «La pace si costruisce partendo da dentro di noi»

In occasione dell'incontro mondiale dei giovani del Sermig proprio a Padova lo scorso maggio, abbiamo intervistato Paul Bhatti, fratello maggiore di Shahbaz Bhatti, politico pakistano, cristiano cattolico, assassinato dai fondamentalisti nel 2011.

Paul Bhatti: «La pace si costruisce partendo da dentro di noi»

Paul Bhatti è conosciuto soprattutto per essere il fratello maggiore di Shahbaz Bhatti, politico pakistano, cristiano cattolico, assassinato da fondamentalisti islamici il 2 marzo del 2011, mentre ricopriva la carica di ministro per le minoranze. Bhatti venne assassinato per essersi battuto per l’abolizione della legge sulla blasfemia.

Il fratello Paul, medico chirurgo, ha deciso di proseguire l’attività di Shahbaz e impegnarsi nel contesto pakistano. Spesso ospite in Italia, è stato uno dei testimoni chiamati dal Sermig in occasione del quinto appuntamento mondiale “Giovani della pace”, organizzato quest’anno a Padova.

«La pace è l’aspetto per cui abbiamo lottato come cristiani pakistani, è il nostro ideale. La nostra famiglia poi è stata particolarmente colpita in quanto mio fratello Shahbaz si è sempre impegnato per la promozione della pace e la concordia nel contesto pakistano, così fortemente segnato dai fondamentalismi. Anche qui in occidente però c’è la necessità di diffondere messaggi di amicizia e fratellanza per contrastare il terrorismo».

In un mondo dove sembra ancora prevalere la logica del più forte, dove ci si gloria di aver sganciato la madre di tutte le bombe… che "posto" ha la pace? Da dove partire per costruirla?
«La pace si costruisce partendo da ognuno di noi e si realizza innanzitutto dentro di noi. I nostri gesti quotidiani dicono se siamo orientati in questo modo o meno. Dobbiamo essere consapevoli che ognuno ha una responsabilità. Non sono solo le superpotenze a decidere, senza dimenticare che nelle democrazie i loro capi li eleggono i cittadini e per questo hanno una precisa responsabilità anche rispetto alle loro eventuali scelte contro la pace».

Cosa possono fare i giovani per la pace? Ernesto Olivero in Lettera alla coscienza afferma: «Serve la debolezza dei giovani senza potere, i più poveri di tutti, i più sfruttati, perché Dio da sempre scommette sui piccoli»...
«Il Sermig ha scommesso anch’esso sui giovani fidandosi del messaggio evangelico. L’Arsenale della pace ha realizzato e sta realizzando molteplici progetti di promozione umana nel mondo partendo dall’impegno dei giovani, dal loro entusiasmo, dal loro desiderio di migliorare questo mondo. Ernesto ha instillato in tanti di loro il desiderio di promuovere la dignità umana e in tanti hanno e stanno corrispondendo a tale appello».

Nel suo viaggio in Egitto di alcune settimane fa, papa Francesco, parlando all’università Al-Azhar, ha affermato che la violenza è la negazione di ogni vera religiosità. Come può essere recepita questa chiara presa di posizione nel contesto pakistano?
«Il santo padre è stato molto chiaro su questo aspetto, più volte l’ha ribadito. Una religione che promuove la violenza e obbliga i suoi seguaci a seguire tale nefandezze non è una vera religione. In Pakistan constatiamo che il terrorismo di matrice religiosa fa presa in quei giovani che, analfabeti e slegati da contesti familiari, vengono diseducati in scuole coraniche clandestine con messaggi di odio e violenza che poi li porteranno ad azioni di morte. Come ha detto il papa nel suo viaggio in Egitto, i giovani dovrebbero invece essere i primi promotori di pace, perché sono come gli alberi: sono ben radicati nel terreno, crescono verso l’alto, stanno accanto agli altri e purificano l’aria inquinata. Questo è il miglior messaggio di pace».

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